La nostra non è una richiesta campata in aria. Ricordiamo che, per non aver rendicontato i fondi riservati, due presidenti della Regione Siciliana sono stati condannati. Quanto ai fondi di rappresentanza, ricordiamo che la loro l’utilizzazione è legata al concetto di “reciprocità”
Correva l’anno 1998. Fine novembre. Angelo Capodicasa viene eletto presidente della Regione siciliana. Viene eletto dal Parlamento dell’Isola (allora era così, l’elezione diretta del presidente della Regione da parte del popolo entrerà in vigore nel 2001). E’ il primo presidente della Regione di sinistra (Capodicasa è cresciuto nel Pci, che nel 1999 aveva già preso il nome di Pds, Partito democratico della sinistra). Appena insediato a Palazzo d’Orleans, sede del governo della Sicilia, Capodicasa si accorge che il suo predecessore – Giuseppe Drago – ha ‘prosciugato’ tutti i fondi riservati della presidenza della Regione. Scoppia una polemica rovente. Tutto ruota intorno a una domanda: il capo del governo siciliano deve o no rendicontare come utilizza i fondi riservati?
Già è strano che il presidente della Regione abbia a disposizione dei fondi riservati. Ma è prassi che va avanti da sempre. Nessuno, fino ad allora, aveva sollevato il problema. Lo solleva il primo presidente della Regione di sinistra. Onore e merito a Capodicasa. La magistratura penale – subito investita del caso – gli dà ragione: si tratta di denaro pubblico e, in quanto tale, non può essere speso senza rendiconto. Capodicasa ha ragione. Questa è la posizione ella Procura della Repubblica di Palermo. Tesi confermata in Tribunale: i giudici condanneranno Giuseppe Drago e il suo predecessore, Giuseppe Provenzano. Insomma, due ex presidenti della Regione condannati, di fatto, per non aver rendicontato la spesa dei fondi riservati. Condanna passata in giudicato (per la cronaca, qualche anno fa, a causa di questa condanna passata in giudicato, Drago ha dovuto lasciare lo scranno di parlamentare nazionale).
Perché abbiamo ricordato questa storia? Perché i fondi riservati ci sono ancora: sia a Palazzo Reale, sede del Parlamento siciliano (li gestisce il presidente dell’Assemblea regionale siciliana), sia a Palazzo d’Orleans. Se non ricordiamo male, l’attuale presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, ha reso pubblici i fondi riservati. Non conosciamo, invece, come il presidente della Regione, Rosario Crocetta, abbia utilizzato, in questi anni, i fondi riservati. E’ un peccato di lesa maestà chiedere al presidente Crocetta di rendere noti i ‘numeri’ relativi alla spesa di questo fondi? Non chiediamo la luna: trattandosi di fondi pubblici – come ha stabilito la magistratura – vorremmo conoscere come il presidente Crocetta ha utilizzato questi soldi.
Il riferimento è agli ultimi mesi del 2012, quando si è insediato alla presidenza della Regione. Poi ai fondi riservati del 2013; quindi quelli del 2014. E, visto che siamo a ottobre, potrebbe anche rendere noto come ha utilizzato fino ad ora i fondi riservati della presidenza della Regione del 2015. Se Crocetta, a proposito dei fondi riservati di quest’anno, ci dirà che intende aspettare il 31 dicembre, ebbene, aspetteremo l’arrivo del nuovo anno. Ma per quelli dei tre anni precedenti, con rispetto parlando, non dovrebbero esserci problemi. E un nostro diritto – è un diritto di tutti i cittadini siciliani – conoscere i nomi e gli importi di tutti i soggetti che hanno ricevuto i fondi riservati dalla presidenza della Regione siciliana.
Lo stesso discorso – anche se con qualche variazione sul tema – vale per i fondi di rappresentanza della presidenza della Regione siciliana. Riteniamo sia giusto far conoscere a tutti i cittadini siciliani come sono stati spesi questi soldi, che sono pubblici come i fondi riservati.
Non ci risulta che per la loro gestione esista una specifica disciplina legislativa e nemmeno specifiche fonti normative regolamentari che descrivano(ma ci vorrebbe tanto coraggio!) analiticamente tali spese e ne delimitino la morfologia. Possiamo affermare che il primo elemento necessario,a i fini della legittimità dell’azione pubblica in materia sia l’adozione di uno specifico regolamento interno,non dimenticando mi che la spesa pubblica deve sempre essere finalizzata alla cura del pubblico interesse e che l’individuazione dei modi e dei mezzi per conseguirlo devono essere determinati in base a criteri tecnico-giuridici obiettivi. Solo la presenza di precisi atti regolamentari determina la legittimità delle spese di rappresentanza. Non dimenticando mai che dovrà sempre essere tenuto presente il perseguimento dei fini istituzionali e lo scopo di mantenere e accrescere il prestigio delle’istituzione. L’attività di rappresentanza non può sussistere se non è svolta da soggetti qualificati e non può sussistere nell’ambito di normali rapporti istituzionali,né a maggior ragione in occasione di saluti, auguri,promozioni nozze pensionamenti etc.
Ricordiamo che i fondi per le spese di rappresentanza sono legati al concetto di reciprocità a carattere ufficiale tra organi dell’amministrazione con precisa veste rappresentativa e organi e soggetti estranei anch’essi dotati di rappresentatività. Ovvero: se, ad esempio, il presidente di uno Stato estero arriva in Sicilia e dona alla nostra Regione qualcosa, il governo della Regione è autorizzato ad acquistare un bene – che deve essere dello stesso valore del dono ricevuto – per farne omaggio al presidente dello Stato estero. Questa è la reciprocità.
Rendere pubblici i ‘numeri’ delle spese di rappresentanza democrazia. I cittadini siciliani – che alla fine sono quelli che pagano le tasse – hanno il diritto di sapere quanti beni sono stati donati alla Regione e, di conseguenza – in funzione della reciprocità – quanti beni la Regione ha acquistato: quanto ha speso, da chi ha acquistato questi beni (o eventuali servizi) e a chi sono andati.
Anche questo è un tema delicato. Le spese di rappresentanza debbono essere esposte in rendiconti in maniera non globale o forfettaria,bensì in modo da evidenziare precisi riferimenti oggettivi, temporali e modali,per consentire una adeguata valutazione della rispondenza ai fini pubblici. Ci sono beni o servizi che vengono acquistati dalla presidenza della Regione – ufficio del Cerimoniale – con una gara. Nel caso di una cena si dovrebbe celebrare una gara e optare per il ristorante che offre il prezzo più conveniente per l’amministrazione regionale. Ma ci sono beni e servizi che possono risultare unici: e in questo caso l’ufficio del Cerimoniale non può che rivolgersi a chi è in grado di fornire quel bene o quel servizio particolare. Meglio sarebbe ai fini di una doverosa trasparenza astersi dall’acquisto di pezzi unici et similia e dotarsi di omaggi riguardanti prodotti di comune commercio dove è necessario espletare procedure di scelta del terzo contraente previste dalla legge,inventariando i beni acquistati e quelli ricevuti.
Il problema è che, tra questi due estremi, ci sono, come dire?, tante situazioni di mezzo. Dove non si capisce se è giusto procedere con la gara, o se è meglio individuare il soggetto al quale rivolgersi per l’acquisto di un bene o di un servizio. Lo ribadiamo: il tema è delicato perché la normativa non è chiara. A maggior ragione è utile, per i cittadini, sapere come il nostro presidente della Regione e i responsabili del Cerimoniale si sono districati in questi anni. Siamo certi che avranno fatto un buon lavoro. E siamo altrettanto certi che saranno ben felici di rendere di dominio pubblico queste spese, facendo conoscere sia i doni ricevuti in questi anni dalla Regione, sia gli acquisti effettuati per ottemperare alla reciprocità.
Siamo certi che il presidente Crocetta, molto sensibile ai temi della ‘trasparenza’ amministrativa – che sono, notoriamente, temi strettamente interconnessi all’azione antimafia del suo governo – sarà ben lieto di rendere pubblici i dati relativi alla spesa dei fondi riservati e i dati relativi alla spesa dei fondi di rappresentanza.
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