Non è un caso se abbiamo intervistato Margherita Tomasello, l’imprenditrice – allora giovane imprenditrice – che nel 2008, contraddicendo la moda di quegli anni, quando trionfava l’Antimafia di facciata, invitava a parlare di sviluppo. Allora venne messa in croce. La storia gli sta dando ragione. Anche se lei, oggi, si dice “amareggiata”. E aggiunge: “La nostra generazione ha fallito…”
Margherita Tomasello, dieci anni fa, da presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria Sicilia non era molto convinta della svolta ‘antimafiosa’ di questa organizzazione imprenditoriale. Non che fosse contraria alla battaglia per la legalità: non era convinta di quella sorta di ‘caccia alle streghe’ verso chi non si adeguava, pedissequamente e in silenzio, ai dettami di un’organizzazione imprenditoriale che si occupava poco delle imprese e molto di ‘antiracket e legalità’.
Di questo, dieci anni fa, parlò Margherita Tomasello, durante un convegno organizzato dai giovani industriali siciliani. Disse:
“Siamo un’ associazione di imprenditori e non di antimafia. Credo che dovremmo parlare meno di certi temi e più di sviluppo”.
Erano gli anni del massimo ‘splendore’ di quelli che Leonardo Sciascia, alle fine degli anni ’80 del secolo passato, in un celebre articolo pubblicato dal Corriere della Sera, aveva definito “i professionisti dell’Antimafia”.
Sciascia, nel 2008, era morto già da circa venti anni. E ci voleva molto coraggio, allora, per pronunciare queste parole. Superfluo aggiungere che in tanti saltarono addosso a Margherita Tomasello per massacrarla. Industriali e politici. Tra questi ultimi l’allora presidente della commissione nazionale Antimafia, Francesco Forgione:
“Parole incomprensibili – dichiarò Forgione – che sembrano voler cancellare tutti i passi in avanti che il mondo delle imprese siciliane ha fatto in questi mesi”.
Eh sì, i “passi in avanti”, Confindustria Sicilia li stava facendo con Antonello Montante in poppa, allora al massimo del suo potere. Chi è che, allora, poteva mettere in discussione Montante?
Oggi – per la seconda volta – l’ex presidente di Confindustria Sicilia è ‘scivolato’ su una vicenda giudiziaria. Questa volta è, addirittura!, agli arresti: domiciliari, ma pur sempre arresti (QUI IL NOSTRO ARTICOLO).
Così siamo andati a intervistare Margherita Tomasello, che oggi non gestisce più il pastificio di famiglia, a Casteldaccia. Oggi è un’imprenditrice del settore informatico, ma non fa più parte di Confindustria Sicilia. E’ in Confcommercio ed è vice presidente di AMG, la società del Comune di Palermo che si occupa del gas.
“Che volete che vi dica? Che ho nel cuore una grande amarezza – ci racconta Margherita Tomasello -. Perché vedo l’aquila di Confindustria – il simbolo dell’associazione – che un tempo volava alto anche nei cieli della Sicilia, ma che adesso non vola più. Un’amarezza dettata anche dall’atteggiamento che ho subito quando ero in Confindustria. Ricordo il comportamento di certi soci che, davanti a certi atti operati dal vertice dell’associazione di quegli anni, sottovoce mi dicevano: ‘Hai ragione, ma noi non possiamo parlare’. Stavano zitti per non affondare. Che tristezza!”.
Per lei, dopo le sue dichiarazioni al convegno dei Giovani imprenditori di Confindustria, deve essere stata dura…
“Durissima. Mi hanno isolato. Non ero ricattabile. Così mi hanno isolato ed esclusa da tutto”.
Poi, a un certo punto, lei è andata via.
“Sono andata via e ho trovato posto nella Confcommercio rinnovata”.
Rinnovata dopo il ‘caso’ di Roberto Helg, no?
“Per l’appunto. Dopo che è esplosa la vicenda di Roberto Helg sono entrata in Confcommercio. E mi trovo benissimo. Qui non si fa retorica: si lavora per il bene della imprese. Come si faceva un tempo in Confindustria Sicilia”.
A dir la verità, in Confindustria Sicilia, se raffrontiamo il 2008 con i primi anni ’90 del secolo passato notiamo che si è passati da un eccesso all’altro…
“Ho capito a chi si riferisce: all’omicidio di Libero Grassi. Io allora ero molto giovane. Ma ricordo che ci furono polemiche, anche aspre, sul fatto che l’associazione non aveva difeso Libero Grassi che, allora, si rifiutava di piegarsi al racket. Non fu, anche quella, una bella stagione. La solitudine di Libero Grassi non venne compresa. Anche se, in realtà, ci fu un difetto di comunicazione all’interno dell’associazione”.
In che senso?
“Nel senso che, allora, si cercava di non creare clamore mediatico. Anche noi – parlo della mia azienda di famiglia, il pastificio di Casteldaccia – sempre in quegli anni, abbiamo ricevuto minacce. Ci fecero trovare anche esplosivi in azienda. Mio padre si rivolse subito alle forze dell’ordine evitando il clamore. Detto questo, lo ribadisco, nel caso di Libero Grassi furono commessi gravi errori”.
La comunicazione avrebbe aiutato Libero Grassi a non restare solo.
“Assolutamente sì”.
Invece nel suo caso, nel 2008, la comunicazione c’è stata: ‘comunicavano’ quasi tutti contro di lei…
“Ricordo bene quei giorni. Un momento difficilissimo per me”.
Se non ricordiamo male, uno dei pochi a difenderla fu Ettore Artioli, che allora era il vice presidente nazionale di Confindustria.
“Ricordo anche questo”.
Anche Ettore Artioli non è che sia stato trattato molte bene dai paladini dell’Antimafia in salsa industriale…
“E pure questo è un ricordo amaro. Ricordo la cattiveria con la quale, in quegli anni, si colpivano i non allineati con quello che allora era il pensiero unico dominante. Detto questo, conoscendolo, non credo che, oggi, Ettore gioirà. Ma è chiaro che anche lui è stato costretto a sottostare a certe regole di una certa Antimafia di facciata”.
L’allora presidente della commissione nazionale Antimafia, Francesco Forgione, ebbe per lei parole piuttosto dure.
“Così come, dieci anni fa, sono rimasta stupita delle parole pronunciate da Forgione nei miei riguardi, oggi sono altrettanto stupita dei suoi silenzi su quanto avvenuto negli ultimi anni in Confindustria Sicilia”.
E dell’attuale presidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, cosa pensa?
“Penso che, con quello che sta succedendo, ha una bella gatta da pelare. Bisognerà capire, adesso, che posizione prenderà. Mi auguro che prenda una posizione che tuteli Confindustria Sicilia”.
Se non ricordiamo male, uno degli esponenti che non le risparmiò critiche fu l’ex assessore regionale Marco Venturi.
“Ricordate bene. E oggi è uno dei grandi accusatori di Montante. Come può notare, io rimango ferma alle mie idee, mentre altri girano”.
Un altro dirigente di Confindustria che non è stato estraneo alla stagione dell’Antimafia è Alessandro Albanese.
“Non l’ho mai sostenuto. Non l’ho sostenuto alla Camera di Commercio e non lo sostengo tutt’ora. Del resto, parlano i fatti: dopo una anno della sua presidenza alla Camera di Commercio di Palermo, tutto è bloccato. Non è stato fatto nulla, a parte la recente norma approvata dall’Assemblea regionale siciliana”.
Oggi lei si occupa di informatica ed è vice presidente di AMG, l’Azienda controllata dal Comune di Palermo che gestisce la distribuzione del gas. Come si trova in AMG?
“Mi piacerebbe che, nella gestione di questa società, si prestasse più attenzione per le aziende e meno attenzione per la politica”.
A proposito della politica: non le è certo sfuggito il ruolo che hanno avuto Montante e Confindustria Sicilia nella politica della nostra Regione, con riferimento ai passati Governi di centrosinistra.
“Guardi, ormai ciò che tiene uniti i rappresentati della vecchia politica – con riferimento al centrosinistra e al centrodestra – sono gli interessi. Idee e slanci ideali ne vedo pochi. Quanto al ruolo ‘politico’ di Confindustria Sicilia, beh, un cambiamento mi pare ci sia stato: certi personaggi, da potenti, sono precipitati giù”.
Ha nostalgia di Confindustria Sicilia?
“Tantissima. Ricordo le grandi aziende. Le scelte strategiche. Le trattative con i Governi regionali. E, soprattutto, ricordo un’associazione unita: non si andava mai l’uno contro l’altro. C’era l’unità di intenti. Proprio come si lavora oggi in Confcommercio”.
In conclusione cosa sente di dire?
“Se guardo alla Sicilia di oggi, al mondo delle imprese e, in generale, all’economia e alla società siciliana, dico che la nostra generazione ha fallito. Per carità, ci sono tante persone, tante siciliane e tanti siciliani che vogliono cambiare. Ma la realtà è sotto gli occhi di tutti. Guardi la politica: a parte i grillini, sempre le stesse facce: i Miccichè, gli Scoma, i Tantillo, i Faraone…”.
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