Partendo da un opportuno comunicato stampa del Movimento 5 Stelle all’Ars sui problemi che oggi travagliano i Pronto soccorso della Sicilia, proviamo ad approfondire i temi finanziari e strutturali di questi presidi sanitari. Come, dove e soprattutto perché una parte non secondaria dei fondi per la sanità pubblica siciliana viene dirottata in settori che con la sanità non hanno nulla a che vedere. Soldi a iosa ai grandi centri privati
Un comunicato stampa del gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle all’Ars pone l’accento sulle difficoltà in cui si dibattono oggi i Pronto soccorso della Sicilia. Non è una particolarità della nostra Isola, perché è così in tante parti d’Italia. E questa volta non è solo il Sud ad accusare problemi, ma lo scenario si complica anche nel Centro Nord Italia.
Questo succede perché, negli ultimi anni, a causa delle politiche del rigore economico imposte dall’Unione Europea dell’euro al nostro Paese, i tagli alla sanità pubblica sono stati tanti e pesanti.
In Sicilia la situazione presenta alcune peculiarità che rendono più grave la situazione. Prima di farne cenno leggiamo insieme cosa scrivono i grillini.
Dice il deputato grillino all’Ars Francesco Cappello:
“Ricerca di medici infruttuosa nei posti di frontiera della sanità, dove le condizioni di lavoro, a causa della carenza di personale, sono disumane e le aggressioni all’ordine del giorno. L’ultima, freschissima, al Vittorio Emanuele di Catania. Pronta una mozione per innescare procedure di reclutamento d’urgenza”.
Cappello fa riferimento alle aggressioni che si registrano nei Pronto soccorso. Succede che la gente, infuriata per le lunghe attese, diventa aggressiva e se la prende con medici e infermieri.
“Medici e infermieri, meglio disoccupati che al Pronto soccorso – leggiamo nel comunicato del Movimetno 5 Stelle -. Là c’è il Far west, a vuoto le ricerche a Caltagirone e in tanti in altri posti”
“Nella terra di Pirandello, dove il lavoro latita paurosamente – prosegue il comunicato – succede anche questo, che le chiamate per medici ed infermieri in numerosi Pronto soccorso non trovano risposta e i posti restano desolatamente vuoti. Solo per fare un esempio – afferma il già citato parlamentare grillino Francesco Cappello, che fa parte della commissione Sanità dell’Ars – possiamo citare il Pronto soccorso di Caltagirone, dove i posti occupati sono circa il 50 per cento di quelli previsti in pianta organica: dei 26 medici previsti ce ne sono in servizio solo 10, mentre rispondono all’appello 18 infermieri dei 34 sulla carta. E quello che accade a Caltagirone succede in tantissimi Pronto soccorsi siciliani, specie nei più piccoli”.
“Le Aziende sanitarie provinciali (Asp) e le Aziende ospedaliere – racconta Cappello – scorrono le graduatorie e provvedono alle chiamate per i Pronto soccorso, ma non ricevono alcuna riposta. Paradossalmente ci sono giovani medici che preferiscono anche rimanere a casa, in attesa di migliori collocazioni, che spesso non arrivano in tempi brevi, piuttosto che scegliere di lavorare in quello che sta diventando una sorta di Far west. Perché di questo si tratta: molti professionisti operano in condizioni disumane e spesso rischiano pure la pelle a causa delle frequenti aggressioni. L’ultimo caso, freschissimo, al Vittorio Emanuele di Catania. Così non può continuare”.
Per porre riparo alla situazione il M5S ha presentato una mozione all’Ars per impegnare il Governo regionale ad attivare urgentemente diverse procedure di reclutamento, anche straordinarie. Tra queste, procedure concorsuali e di mobilità infra ed extra regionale per medici di altri pronto soccorso o di altri camici bianchi compatibili con l’operatività nelle aree di emergenza.
“La cronica carenza di camici bianchi, cui le frequenti chiamate di Asp e aziende ospedaliere non riescono a fare fronte – leggiamo sempre nel comunicato – è confermata da un recente studio di Anaao-Cimo che testimonia come nei Pronto soccorso con accessi che vanno dai 30 mila ai 50 mila annui, i vuoti arrivano a sfiorare il 50 per cento della dotazione organica prevista dal decreto assessoriale 1380 del 2015”.
Secondo Massimo Geraci, referente Anaao per l’emergenza, per riportare i medici in Pronto soccorso “si dovrebbe pure agire sul piano della vocazione e formazione professionale”.
“Bisogna – aggiunge Geraci – creare medici specializzati ad hoc, il Pronto soccorso non può essere un posto di ripiego per un cardiologo o uno pneumologo che non hanno trovato spazio altrove. Nel 2008 in 25 università italiane è partita la specializzazione in medicina e chirurgia di accettazione e di emergenza. In Sicilia si è partiti solo lo scorso anno e solo a Catania. I risultati si vedranno solo fra qualche anno”.
“Occorre inoltre – conclude Geraci – potenziare le strutture di Pronto soccorso di risorse organizzative ed umane ed affrontare il problema del ‘boarding’ attraverso una seria rimodulazione della rete ospedaliera, tenendo conto della attuale domanda di ricovero appropriata ma non soddisfatta”.
Il comunicato dei grillini non fa una grinza: corretta la descrizione e corrette anche le possibili soluzioni.
Detto questo, ci sia consentito di aggiungere qualche considerazione da giornalisti che osservano e che seguono sia le vicende amministrative della Regione siciliana, sia la situazione negli ospedali pubblici della nostra isola.
A nostro modesto avviso – e qui ci permettiamo di dare qualche consiglio al parlamentare regionale Cappello, attento e preparato – sarebbe opportuno accendere i riflettori sulla situazione finanziaria della sanità siciliana. E chi meglio di un parlamentare dell’Ars può fare chiarezza su tale materia?
Da anni, nel Bilancio della Regione, spunta sempre la cifra di 9,2 miliardi di euro e rotti: questa la cifra stanziata per la sanità siciliana da cinque-sei anni a questa parte.
Lo stanziamento non cambia, ma le risorse effettive per gli ospedali pubblici siciliani diminuiscono, i servizi peggiorano e lo stress di medici e infermieri – con particolare riferimento ai Pronto soccorso – aumenta. Come mai?
E’ evidente – cosa questa che, in parte, già si conosce – che una parte dei fondi destinati alla sanità pubblica siciliana viene dirottata su altri settori. Quali? Noi ne conosciamo tre:
fondi della sanità dirottati per il pagamento dei mutui della Regione (sarebbe interessante vedere quest’anno cosa prevede il Bilancio regionale 2018);
fondi della sanità dirottati per pagare l’ARPA (29 milioni di euro che dovrebbero essere a carico dell’assessorato al Territorio e Ambiente, non certo della sanità!);
fondi della sanità dirottati per retribuire il personale delle società regionali: altra follia! (CE NE SIAMO OCCUPATI QUI).
Quest’ultimo punto è un fatto gravissimo, perché si tratta di uno scippo ai danni dei cittadini siciliani che, con le proprie tasse, sono costretti a pagare – di fatto è così – personale che è stato assunto senza concorso; e, dal 2010 al 2017, personale che è stato assunto violando la legge! (COME POTETE LEGGERE QUI).
Sempre a nostro modesto avviso, se non si farà chiarezza sui fondi scippati alla sanità pubblica siciliana e se questi soldi non verranno restituiti alla stessa sanità pubblica siciliana, possibilmente a partire da quest’anno, sarà perfettamente inutile parlare di risoluzione dei problemi di questo settore.
Perché, come ora proveremo a illustrare, molti dei problemi della sanità siciliana, più che dall’organizzazione (che è comunque importante), dipendono dagli scippi economici e finanziari che questo settore ha subito e continua a subire da Roma e dalla stessa amministrazione regionale.
Ci sono, come già ricordato, le risorse del Fondo sanitario regionale dirottate in altri settori dell’amministrazione regionale. E ci sono i circa 600 milioni di euro all’anno che lo Stato nega alla Regione siciliana dal 2009 (COME POTETE LEGGERE QUI): solo di arretrati, oggi, sarebbero 6 miliardi di euro!
Va segnalata, poi, la mancanza di posti letto negli ospedali pubblici della Sicilia. Così molti cittadini, per evitare di attendere mesi e mesi per un ricovero, si catapultano nei Pronto soccorso, perché a quel punto il ricovero, se stanno male – e spesso stanno veramente male – non gli può essere negato.
Ma questo non risolve i problemi: né i problemi degli ospedali pubblici, dove aumenta solo il caos; né i problemi dei cittadini-utenti che, spesso, rimangono in barella per giorni e giorni!
Tutto questo non fa altro che aumentare lo stress dei medici e degli infermieri dei Pronto soccorso, che debbono occuparsi sia dei pazienti che arrivano ogni giorno, sia di quelli che hanno già visitato, ma che non hanno potuto ricoverare per mancanza di posti letto!
A complicare ulteriormente lo scenario è la mancanza della cosiddetta medicina del territorio che dovrebbe ‘filtrare’ e ridurre la presenza di pazienti nei Pronto soccorso.
In Sicilia, dal 2009 ad oggi, i Governi regionali – prima il Governo di Raffaele Lombardo, poi il Governo di Rosario Crocetta – hanno ridotto posti letto e chiuso reparti dicendo che tali manovre servivano per dare vita alle strutture sanitarie della medicina del territorio.
Tutto falso: la medicina del territorio, in Sicilia, nella stragrande maggioranza dei casi o non esiste, o è carente.
Il risultato è che molti reparti sono stati sbaraccati, i posti letto negli ospedali pubblici sono diminuiti, mentre nei Pronto soccorso il caos è ormai all’ordine del giorno. Con medici e infermieri stressati dal lavoro che, talvolta, vengono anche aggrediti dai cittadini-utenti esasperati dalle lunghe attese e da un’assistenza che è ormai oggettivamente carente: perché un paziente che sta male non può aspettare due, tre, quattro giorni in barella prima di essere ricoverato perché mancano i posti letto!
Si dirà: è Roma che ha deciso la riduzione di posti letto. Questo è vero solo in parte, perché lo Stato, per la spesa sanitaria della Sicilia, su 9,2 miliardi di euro, eroga solo 2,2 miliardi di euro: il resto lo pagano i siciliani con le tasse!
Tra l’altro, andrebbe fatta un’attenta analisi sulla dotazione di posti letto negli ospedali pubblici della Sicilia, a partire dal gennaio del 2013: si scoprirebbe che qualcuno, in Sicilia, ho fornito dati errati a Roma!
In ogni caso, va detto che Roma c’entra fino a un certo punto: la verità è che, nella passata legislatura, un pessimo Governo regionale si è fatto scippare un sacco di soldi da Roma e, per sopperire a questi scippi, ha ‘saccheggiato’ i fondi della sanità pubblica per pagare spese di altri settori dell’amministrazione!
Un altro elemento che l’onorevole Cappello farebbe bene ad approfondire è quello dei fondi pubblici che finiscono, ogni anno, alle grandi strutture sanitarie private presenti in Sicilia. Strutture che non sono siciliane e che, per volere del passato Governo regionale a trazione PD, non hanno mai subito decurtazioni di fondi.
Esempio: l’ISMETT, ma non solo questo (ISMETT: 105 milioni di euro all’anno: non sono un po’ troppi?).
I cittadini siciliani sono stati penalizzati dai tagli agli ospedali pubblici, le grandi strutture sanitarie private, no. Questa è stata la scelta operata dalla ‘sinistra’ siciliana che ha governato la Regione dal 2008 al 2017. Dobbiamo continuare così?
Ci auguriamo che in Aula, in occasione del dibattito su Bilancio e Finanziaria 2018, questi argomenti vengano affrontati. Se non altro perché negli anni passati, a Sala d’Ercole, non si è mai discusso di ISMETT e di altri grandi strutture private, né del fatto che la presenza di queste ‘eccellenze’ sanitarie non ha affatto ridotto i ‘viaggi’ della speranza’ dei siciliani che vanno a curarsi altrove.
Foto tratta da ebinter.it
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