La presentazione in anteprima dei Ministri di un possibile futuro Governo grillino viene denigrata dalla vecchia politica. Purtroppo per Renzi e Berlusconi si sta rivelando efficace sia dal punto di vista mediatico, sia dal punto di vista politico. L’abolizione del Jobs Act e della legge Fornero, annunciata da Di Maio, la chiede la maggioranza degli italiani
La mossa del candidato premier del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, di presentare in anteprima la squadra del suo possibile Governo, si sta rivelando giusta. Da qualche settimana i ‘tromboni’ della vecchia politica, insieme con le fanfare di certa informazione, stanno cercando disperatamente di screditare anche quest’iniziativa. Ma la manovra sta fallendo.
La mossa di Di Maio si sta rivelando giusta e corretta politicamente e, soprattutto, mediaticamente efficace.
Renzi e il PD sono ormai fuori gioco. Resterebbe in campo Berlusconi, che si presenta nei manifesti come “Presidente”, pur non essendo candidato, visto che è condannato con sentenza passata in giudicato. Non sapendo cosa fare, l’ex Cavaliere gioca con l’equivoco: “Presidente” sta per Presidente di Forza Italia, non certo come candidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri…
Di fatto, mentre Di Maio presenta la lista dei Ministri (ieri ha presentato i primi quattro: Pasquale Tridico, economista, per il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale; Alessandra Pesce, dirigente Mipaf, all’Agricoltura; Giuseppe Conte, professore di Diritto Privato, per il Ministero della Pubblica amministrazione, de-burocratizzazione e meritocrazia; Lorenzo Fioramonti, economista, unico dei quattro candidati presente nelle liste del Movimento 5 Stelle, al Mise), Berlusconi non ha ancora nemmeno presentato chi dovrebbe essere alla guida del sempre più improbabile Governo di centrodestra.
Si fa il nome di Antonio Tajani, giornalista, attuale presidente del Parlamento europeo. Ma lo stesso Tajani, in queste ore, nicchia un po’. Insomma, mediaticamente parlando, Berlusconi sta facendo una pessima figura!
Dicevamo della mossa mediatica efficace di Di Maio. I Ministri del suo possibile Governo saranno 18. E sono tutte persone di elevata competenza, per lo più docenti universitari.
Anche l’avere avvertito il Quirinale delle designazioni dei possibili Ministri, al netto delle solite, banali denigrazioni, è un atto corretto. Ricordiamo che, secondo quanto previsto dalla Costituzione italiana, è il Presidente della Repubblica che nomina i Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio.
Sarebbe stato un atto di scortesia istituzionale se Di Maio avesse presentato i possibili Ministri del suo possibile Governo ai media, senza avvertire prima il capo dello Stato.
Qualcuno obietterà: sono stati in tanti, nella storia della Repubblica, ad indicare prima i propri possibili Ministri. Ma non per questo lo hanno comunicato formalmente prima al Presidente della Repubblica. Vero.
Ma Di Maio – o chi gli ha indicato tale strada, che non sembra nato ieri: anzi – non ha fatto circolare il nome di un possibile Ministro: sta presentando agli italiani la squadra del proprio possibile Governo al gran completo. La differenza è di sostanza, non di forma.
Di fatto, il candidato al Governo del Paese dei grillini ha innovato la prassi, tappando la bocca ai vari Renzi, Berlusconi e ciarpame politico vario che, in questi mesi, non hanno fatto altro che etichettare i grillini come “incompetenti”.
Di Maio – purtroppo per Renzi e Berlusconi – sta invece presentando una squadra di Governo fatta di personale altamente competente.
Non solo. Il Governo che il candidato premier sta presentando dimostra, fin dalle prime battute, di muoversi dentro un ‘perimetro’ politico, non certo ‘tecnocratico’.
Non a caso, il primo elemento ‘politico’ che sta vendo fuori dai Ministri designati di un possibile Governo Di Maio si riassume in due parole chiave:
“Troppa flessibilità”.
Sin dalle prime battute il possibile Governo Di Maio ha fatto sapere che il Jobs Act verrà mandato in soffitta. E’ un colpo non soltanto all’ormai moribondo sistema di potere renziano, ma anche alle multinazionali che controllano l’Unione Europea.
Il Jobs Act non è farina del sacco renziano: è una prescrizione che la UE ha imposto all’Italia. Di Maio è stato abilissimo: ha dato un colpo al cerchio dicendo che l’Italia, con un possibile Governo grillino, non uscirebbe dall’euro; ma nell’ultima settimana di campagna elettorale sferra un durissimo colpo alla botte, annunciando che il Jobs Act verrà eliminato.
Di più: c’è anche l’annuncio che la legge Fornero verrà ‘congelata’: il primo passo per la sua abolizione. Per milioni di italiani futuri pensionati è una notizia che dà sollievo.
Già in questi due passaggi Di Maio dà il colpo di grazia a Renzi e al suo PD, che ormai in pochi considerano un partito di sinistra. Di fatto, l’abolizione del Jobs Act e della legge Fornero sono iniziative gradite a milioni di italiani e, soprattutto, al cosiddetto popolo della sinistra.
Con il passaggio sulla legge Fornero, Di Maio mette in grande difficoltà anche Liberi e Uguali di D’Alema, Bersani e Piero Grasso, che su questo tema hanno dimostrato ambiguità, o, addirittura, acquiescenza.
C’è anche un altro risvolto. Con l’abolizione del Jobs Act e della legge Fornero – e con l’annuncio di una radicale semplificazione amministrativa – Di Maio lancia un segnale alla Lega di Salvini, se è vero che questi sono tre obiettivi di Governo dei leghisti…
In tutto questo, mentre i leader degli altri schieramenti politici sono immobilizzati – Renzi alle prese con chi nel suo partito lo vorrebbe ‘sbarellare’ dalla segreteria, Berlusconi senza un candidato alla guida del suo improbabile Governo che spera che la magistratura europea lo renda candidabile – Di Maio e i suoi possibili Ministri, a pochi giorni dal voto, sono, piaccia o no, alla ribalta.
In queste ore, per concludere, stiamo assistendo a una scena inattesa: un ragazzo di trent’anni, denigrato e offeso da politici e media, che sta ‘mettendo nel sacco’ – mediaticamente e politicamente – i vari Renzi, Berlusconi, D’Alema, Bersani.
Sembra incredibile, ma sta avvenendo questo!
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