La vicenda del pomodoro Datterino di Pachino è emblematica del fallimento integrale della politica agricola della Regione siciliana. Un prodotto che dovrebbe essere l’emblema del Km zero della Sicilia è oggetto di una speculazione che riesce a penalizzare, contemporaneamente, gli agricoltori che lo producono e i consumatori della nostra Isola
Palermo, in giro per i banconi di un supermercato, sezione ortofrutta. Abbondanza di prodotti anonimi, senza indicazione di provenienza (per quello che vale, perché le etichette senza controlli fanno solo sorridere). A un certo punto veniamo attratti dalle vaschette di pomodoro: si tratta del Datterino. Vaschette piccole. Ci informiamo sul peso: 250 grammi. Costo: quasi 2 euro e 30 centesimi.
In pratica, il pomodoro Datterino, nei supermercati del capoluogo della nostra Isola, si vende a oltre 9 euro al chilogrammo!
Se il prezzo è questo gli agricoltori che lo producono dovrebbero essere miliardari. E invece? Invece succedono cose strane, tutte architettate per fregare, come ora proveremo ad illustrare, gli agricoltori siciliani. E i consumatori della nostra isola.
Cominciamo con la zona di provenienza. In Sicilia la zona d’elezione per la produzione del Pomodorino di Pachino e del Datterino è un ristretto areale che si snoda tra Pachino e Porto Palo di Pachino, in provincia di Siracusa.
Volendo essere precisi, il Pomodorino si produce a Pachino, mentre il Datterino a Porto Palo di Pachino. Ma questa è una distinzione topografica un po’ forzata: forse è più corretto affermare che l’area d’elezione per la produzione di questi due particolari pomodori è quella che si distende tra Pachino e Porto Palo di Pachino.
A differenza del Pomodorino, il Datterino è un po’ più piccolo, presenta una forma leggermente allungata, “a dattero”. Il pomodoro Datterino ha una una buccia sottilissima ed una polpa altamente zuccherina, con un gusto unico nel suo genere.
Ormai, vista la grande richiesta di questi prodotti, i luoghi dove il Pomodorino di Pachino e il Datterino si coltivano non si contano più. Nel Trapanese non mancano le coltivazioni di questi particolari tipi di pomodoro. Per non parlare dei Pomodorini e dei Datterini che arrivano dai Paesi esteri, Cina in testa.
Sia i Pomodorini, sia i Datterini sono presenti nei mercati in quasi tutti i mesi dell’anno. Ciò significa che vengono prodotti nelle serre. Qui il discorso si complica.
La gestione di una serra è cosa un po’ complicata. Perché si ha a che fare con tecniche che richiedono particolare maestria da parte degli agricoltori. In questo campo gli agricoltori siciliani sono bravissimi, da Pachino a Porto Palo di Pachino, da Scicli a Vittoria a Gela, fino al Trapanese.
Stiamo parlando di serre nelle quali si utilizzano tecniche sofisticate e altrettanto sofisticati pesticidi. Sostanze che vanno utilizzate con grande oculatezza per limitare al minimo la presenza di residui nei prodotti finiti.
In Sicilia il rispetto dei protocolli è affidato, come già detto, alla maestria degli agricoltori. E fuori dalla Sicilia? Torneremo su questo punto.
Quello che in questo momento è necessario sapere è che, come già accennato, il vero Datterino siciliano è prodotto tra Pachino e Porto Palo di Pachino. Ma è un prodotto che subisce una concorrenza sleale sia da chi lo produce in altre aree della Sicilia, sia da chi lo importa da mezzo mondo!
Sapete quanto viene pagato il Datterino agli agricoltori di Pachino e di Porto Palo di Pachino? Se va bene – ma gli deve andare bene! – a 0,50 euro al chilogrammo.
Possibile che un prodotto di altissima qualità venga pagato agli agricoltori siciliani ad un prezzo così basso? E com’è possibile che, nei supermercati di Palermo, lo stesso Datterino costi ai consumatori oltre 9 euro al chilogrammo?
In questa storia del Datterino, letteralmente rubato agli agricoltori di Pachino e di Porto Palo di Pachino, c’è il fallimento integrale della politica agricola della Regione siciliana.
Riflettiamo: se questo prodotto potesse arrivare sulle tavole dei consumatori siciliani (parliamo solo della Sicilia, in questo caso di Km zero), eliminando l’intermediazione dei commercianti, portando il prezzo a 4 euro al chilogrammo, gli agricoltori potrebbero tranquillamente vendere il proprio prodotto a due euro al chilogrammo e i consumatori potrebbero acquistarlo, per esempio, a 4 euro al chilogrammo.
I due euro di differenza servirebbero a un’amministrazione pubblica che funziona per organizzare una ‘filiera corta’, avvicinando l’offerta (i produttori di Datterino) alla domanda (i consumatori).
Invece di tutto questo non c’è traccia. L’assessorato regionale all’Agricoltura, in Sicilia, di fatto, è una sorta di ‘Castello di Kafka’ che oggi, in buona parte, serve solo a complicare la vita agli agricoltori e a distribuire contributi – ormai per lo più fondi europei – in parte agli agricoltori, in parte a soggetti che, con l’agricoltura siciliana non hanno nulla a che vedere.
Il tutto con ritardi incredibili che, in parte sono da imputare ad Agea (l’Agenzia dello Stato che eroga i contributi in agricoltura) e, in parte, sono da imputare ad un’amministrazione regionale che, anche in questo settore, è un ‘modello di disorganizzazione organizzata’ (in questo momento, in Sicilia, i ritardi nell’erogazione dei fondi europei in agricoltura sfiorano e in alcuni casi superano i due anni: cosa, questa, con molta probabilità voluta per far fallire gli agricoltori e favorire l’arrivo di produzioni estere: paradigmatico il ‘caso’ del grano duro canadese che deve sostituire il grano duro del Sud Italia).
In questo ‘Far West’ dell’agricoltura siciliana avviene di tutto. Ortofrutta che arriva da chissà dove senza alcun controllo sui pesticidi (ci sono zone del mondo dove ancora oggi si utilizzano a piene mani pesticidi pericolosi per la salute umana che l’Italia ha bandito negli anni ’70 del secolo passato!). Arance marocchine, olio d’oliva ‘extra vergine’ tunisino, limoni argentini, frutta secca messicana o californiana, frutta estiva dal Nord Africa, carciofi dall’Egitto, pomodori e passata di pomodoro dalla Cina e via continuando.
Un caos totale. E in questo caos totale anche i prodotti che, in Sicilia, dovrebbero essere di nicchia, magari a Km zero, vengono surclassati da produzioni che arrivano da chissà dove.
“Il prezzo è questo, prendere o lasciare, tanto ormai di Pomodorino e di Datterino ne troviamo quanto ne vogliamo”, si sentono ripetere gli agricoltori.
Chi ci vanno fregati, in questa storia, sono anche i consumatori siciliani. In una Regione organizzata dovrebbero mangiare Pomodorino e Datterino di Pachino prodotto nelle zone d’elezione della nostra Isola a un prezzo almeno dimezzato rispetto a quello attuale. Invece Iddio solo sa che cosa arriva sulle loro tavole a oltre 9 euro al chilogrammo…
Il tutto in vaschette sempre più piccole.
All’inizio erano vaschette da 1 kg.
Poi vaschette da 500 grammi.
Oggi vaschette da 250 grammi.
Perché un conto è scrivere su una vaschetta di Datterino 4 euro e mezzo, che farebbe scappare a gambe levate i consumatori, mentre altra cosa è scrivere 2 euro e 30 centesimi. Nella fretta i consumatori che frequentano i supermercati non si accorgono nemmeno di aver acquistato una vaschetta di 250 grammi di prodotto, lo prendono e pagano…
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