La cosa strana è che questi timbri, così importanti per l’Ufficio elettorale della Corte d’Appello di Palermo, non sono stati ritenuti fondamentali dal Tribunale di Palermo. La Corte d’Appello di Palermo ha escluso la mia lista regionale. Il Tribunale, sulla lista provinciale di Palermo, non ha trovato invece nulla da dire. Delle due l’una: o ha sbagliato il Tribunale o ha sbagliato la Corte d’Appello. Uno dei due giudici ha violato il Diritto
Come molti di voi sapranno, un cavillo burocratico, ossia la mancanza di timbri di collegamento tra fogli staccati sarebbe la causa dell’esclusione della mia lista regionale NOISICILIANICONBUSALACCHI dalla competizione elettorale regionale. La decisione di esclusione, presa dall’Ufficio elettorale della Corte d’Appello di Palermo, è di segno esattamente opposto a quella di accettazione presa dal Tribunale di Palermo su una fattispecie analoga, la mia lista provinciale di Palermo. Il Tribunale infatti ha giudicato su un doppione degli stessi identici documenti presentati in Corte di Appello.
A questo punto, delle due l’una: o ha sbagliato il Tribunale o ha sbagliato la Corte d’Appello. “Tertium non datur”: uno dei due giudici ha violato il diritto.
In materia elettorale, in ossequio al principio costituzionale contenuto nel primo (PRIMO!!) articolo della Costituzione (“La sovranità appartiene al popolo…”), la giurisprudenza, per i casi in cui, da un lato può aliunde ricavarsi la volontà precisa e unanime dei vari soggetti in causa, e dall’altro si può ricavare la certezza che i documenti non siano manipolati, ha elaborato ed applica il principio del “favor partecipazionis” alle elezioni, dando la possibilità ai candidati di integrare, correggere la documentazione presentata, ammettendo con riserva, o con altri presidi.
La Corte d’Appello di Palermo, piuttosto che sollevare una questione di costituzionalità della legge che impone solo ai soggetti politici non presenti in Parlamento di andarsi a cercare le firme di appoggio alle candidature, e invece affrancando i partiti presenti in Parlamento da tale onere, manda alle ortiche il favor partecipazionis e boccia la mia lista.
Che il ‘grande statista’ Leoluca Orlando, da quel furbastro che è, si sia fatto fare un partito all’Assemblea regionale siciliana con lo stesso nome della sua lista per evitare la caccia alle firme non ha rivelato alcunché di anomalo.
“Lasciate che i piccoli vengano a me che li strangolo”, sembra dire il nostro ineffabile giudice. “La legge regionale è più stringente di quella statale”, si legge nelle motivazioni della sentenza che ha escluso la mia lista. E grazie al piffero! Quelli, se potessero, ai nuovi partiti farebbero fare pure una maratona sui carboni ardenti da correre in mezz’ora, o saltare in alto due metri e 50.
Invece di non tenere conto di queste vessazioni, e pur conoscendone lo scopo gretto e meschino, che fa a cazzotti con la Costituzione, lo erigono a baluardo della legalità. E così si spiega perché al potere ci sono sempre gli spessi, come dicono in tanti. Gente che sta lì da oltre 40 anni, blindata e al sicuro, protetta di fatto pure dalla magistratura che è stata messa lì invece proprio per tenere quel sistema nell’alveo della legalità costituzionale.
Li vorrei vedere Musumeci l’onesto, Miccichè il fiutone, Cracolici Agricola e compagnia cantando a caccia di firme battere in lungo e in largo la Sicilia, sotto il sole e per strade impossibili. Ma che dico! Loro ci manderebbero i loro tirapiedi e i loro portaborse e annotando le relative spese tra quelle elettorali che poi si vedranno rimborsare (e lart 3 della Costituzione? ci penseremo).
Un timbro, due timbri… tre timbri. Chi mi ripagherà di due anni di lavoro, di tante spese sostenute per mandare avanti il mio progetto, per costruire un movimento politico che cominciava a dare risposte? Nessuno. “Sono fatti tuoi”, mi direte. Verissimo, forse, ma forse è più vero che sono fatti nostri, perché se la democrazia subisce un giro di vite, lo riceviamo tutti.
Ricordiamo sempre che gli eroi come Falcone e Borsellino, Livatino e Montalto diventano necessari quando le persone normali non fanno il loro dovere.
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