Catalogna, il presidente si appella all’UE: “E’ una questione europea”

2 ottobre 2017

 

I sì, come era prevedibile, hanno trionfato. Ma, al di là del referendum e dei modi in cui si è svolto, la questione catalana è ormai una emergenza nell’agenda politica internazionale. Fa discutere il silenzio dell’UE, ma non siamo convinti che questo silenzio sia del tutto reale…

Alla fine di una giornata macchiata dalle cariche della polizia spagnola, tantissimi catalani, nonostante la repressione, sono riusciti a votare. I ‘si’, come era prevedibile, hanno trionfato con il 90%. Al voto hanno partecipato 2,2 milioni di elettori, circa il 42% degli aventi diritto: “Una percentuale che sarebbe stata molto ancora più alta se non ci fosse stata la polizia spagnola ad impedire il normale svolgimento del voto”.  Sono stati 400 i seggi, corrispondenti a 770 mila elettori, chiusi dalla polizia spagnola, che in molti casi ha sequestrato le urne.

Ma, al di là dei voti, al di là dello stesso referendum, tutti sono d’accordo su un punto: la questione catalana è ormai una emergenza nell’agenda politica internazionale. Il comportamento del Governo di Madrid non solo ha rinforzato la posizione dei catalani dinnanzi agli occhi del mondo, ma ha reso ineludibile un intervento della comunità internazionale. Le ragioni di Rajoy, che si trincera dietro una interpretazione assolutistica della Costituzione, sono naufragate ieri tra le strade della Catalogna invase da agenti della polizia che hanno usato manganelli e sparato proiettili di gomma su una folla pacifica. Più di 800 feriti. 

Il vicepresidente catalano Oriol Junqueras, ieri sera, ha detto che adesso spetterà al parlamento di Barcellona prendere la decisione di dichiarare l’indipendenza. Una decisione potrebbe essere presa al riguardo a partire da mercoledì, ipotizza la stampa catalana.

Ma, in realtà, si aspetta un cenno da parte dell’Unione europea. Alla quale si è rivolto lo stesso presidente catalano, Carles Puigdemont: “L’Ue non può continuare a guardare dall’altra parte. Siamo cittadini europei che hanno subito violazioni dei diritti fondamentali. Lo stato spagnolo ha scritto oggi una pagina vergognosa della sua storia in Catalogna”. 

“La situazione che si è generata in Catalogna a causa dell’intransigenza e della repressione, a causa dell’assoluto diniego del riconoscimento della realtà, a causa dell’ostilità accreditata di fronte alle esigenze democratiche dei cittadini del nostro Paese, non è più una questione interna. Si tratta – ha sottolineato Puigdemont- di una questione di interesse europeo che si richiama direttamente ai valori fondanti dello spazio di pace, libertà, democrazia e pacifica convivenza che abbiamo costruito da decenni e da accenti molto diversi. Oggi, la Catalogna ha vinto molti referendum. Abbiamo guadagnato il diritto ad essere ascoltati, rispettati e riconosciuti. Oggi, milioni di persone mobilitate, di fronte a tutti i tipi di difficoltà e minacce, hanno parlato forte e chiaro e hanno indirizzato un messaggio al mondo: abbiamo il diritto di decidere il nostro futuro, abbiamo il diritto alla libertà e vogliamo vivere in pace, senza violenza e fuori da uno stato che è incapace di proporre una sola ragione convincente che non sia l’imposizione e l’uso della forza bruta.
Ecco perché oggi, con questa giornata di speranza e di sofferenza, i cittadini della Catalogna hanno guadagnato il diritto ad avere uno Stato indipendente costituito in forma di repubblica. Di conseguenza, – ha concluso il presidente catalano- il governo che presiedo trasferirà i risultati di oggi per agire conformemente alle disposizioni della Legge del referendum nei prossimi giorni nel Parlamento della Catalogna, che è espressione della sovranità del nostro popolo”.

E adesso?

“Si apre, per la Spagna, la crisi più grave dalla fine della dittatura franchista nel 1975. Quello di ieri in Catalogna,- scrive Stefano Stefanini su La Stampa- è stato un disastro politico annunciato – ed evitabile – nell’assordante silenzio dell’Europa. Il 1° ottobre del 2017 è la data che scava un abisso fra Madrid e Barcellona. Non per il voto catalano pro-indipendenza, troppo imperfetto per far testo, ma per il tentativo spagnolo d’impedire ai cittadini, con la forza, di esprimere la propria opinione”.

In buona sostanza e paradossalmente, secondo il quotidiano di Torino che ha seguito la vicenda con maggiore obiettività di molti altri giornali italiani, sono stati proprio il silenzio dell’Ue e l’atteggiamento autoritario di Rajoy- che ha spinto molti indecisi a scendere per le strade nel nome della democrazia più che dell’indipendenza- a dare forza alla causa catalana. Che adesso non potrà più essere ignorata.

Siamo d’accordo, ma fino ad un certo punto. Vero è, e questa è una vergogna, che ieri, in una giornata di violenza, le istituzioni europee non hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali (lo hanno fatto però tanti politici di diversi Paesi).

Ma è altrettanto vero che nelle cancellerie europee di questione catalana si parla da tempo. E non necessariamente in maniera ostile come ci ha confermato un esponente di Esquerra Republicana di Catalunya, partito indipendentista catalano di ispirazione social democratica. Il tema è stato affrontato anche dalla BCE. 

“La diplomazia è lenta e aspetta l’evolversi dei fatti”.

Adesso non ha più nulla da aspettare.

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