Anche al festival del giornalismo di Perugia si è parlato della pasta. O meglio, dei contaminanti presenti nella pasta. Ci ha provato un giornalista, Maurizio Fratta. Che non ha ottenuto risposte convincenti, come potete approfondire in questo Video
Anche il Festival del giornalismo di Perugia (qui chi sono gli organizzatori) si è occupato del problema della pasta. O meglio, dell’informazione che gira attorno alla pasta.
Segnaliamo ai nostri lettori questo video nel quale un giornalista, Maurizio Fratta, pone alcune domande stringenti ottenendo risposte non troppo convincenti. In particolare, è interessante la domanda sui contaminanti presenti nella pasta (QUI IL VIDEO SULLE DOMANDE SULLA PASTA CONTAMINATA dal minuto 1:07:11.A).
La risposta lascia un po’ perplessi. Il giornalista – il già citato Maurizio Fratta – chiede notizie sulle analisi effettuate sulla pasta. Sono le analisi promosse da GranoSalus, l’associazione di produttori di grano duro del Sud Italia e di consumatori (QUI L’ARTICOLO CON I RISULTATI DELLE ANALISI SULLE OTTO MARCHE DI PASTA).
La risposta che ottiene è che, intanto, bisogna stare attenti alle fake news.
In realtà, le analisi sulla pasta, come già accennato, ci sono.
Ma la cosa più interessante del video non sono le parole che glissano sulle analisi, ma quello che il rappresentante della Barilla dice a proposito del grano duro italiano.
La solfa è sempre la stessa: la produzione di grano duro italiano non basta per i bisogni dell’industria. E non è vero – testuale – che il grano duro italiano è migliore di quello estero. dipende, ha detto questo signore, dal clima.
Vero. Peccato che il clima migliore per coltivare il grano duro è quello del Sud Italia.
E peccato che, negli ultimi anni – grazie anche al Set-Aside – 600 mila ettari di seminatovi del Mezzogiorno d’Italia sono stati abbandonati. Basterebbe mettere a coltura questi 600 mila ettari per risolvere buona parte dei problemi.
Ma si preferisce acquistare il grano duro estero… Magari grazie al CETA, l’accordo commerciale internazionale tra Unione Europea e Canada.
Insomma, un video che fa riflettere
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