Certo, il voto per le elezioni comunali ha sempre una forte valenza locale. Ma questa volta, alla luce della crisi economica e sociale della Sicilia, il voto di domenica prossima acquista un significato politico importante in vista delle prossime elezioni regionali e delle prossime elezioni politiche nazionali. Perché è importante voltare pagina
In Sicilia siamo alle ultime battute di una lunga e tormentata campagna elettorale che è stata contrassegnata da un’inchiesta giudiziaria (i trasporti marittimi tra la Sicilia e i suoi arcipelaghi, con uno dei candidati a sindaco di Trapani finito agli arresti domiciliari revocati nei giorni scorsi), da polemiche, da veleni e da una condizione economica e finanziaria che definire disastrosa è poco. Domenica prossima si vota in oltre 100 Comuni della nostra Isola e, per la prima volta, si va al voto senza che gli stessi Comuni abbiano approvato i rispettivi Bilanci di previsione 2017.
Sì, avete letto bene: anche se la notizia non viene molto ‘gettonata’ (con molta probabilità, per non mettere in cattiva luce il Governo nazionale, che è responsabile, insieme con il Governo regionale di Rosario Crocetta, dei disastri finanziari dei Comuni siciliani), gli enti locali della nostra Isola versano in gravi difficoltà finanziarie e non hanno nemmeno i soldi per approvare i Bilanci di previsione!
Di fatto, in tantissimi Comuni, a causa dell crisi finanziaria, non esistono più i servizi sociali: sono stati praticamente abbandonati gli anziani malati e persino i disabili gravi (a Palermo il problema dei disabili gravi lasciati senza assistenza è stato risolto con un rimedio mediatico: non parlandone più).
Stendiamo, poi, un velo pietoso sulla gestione dell’ANCI siciliana. L’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani della nostra Isola avrebbe dovuto aiutare i Comuni facendo sentire la propria voce con Roma.
Invece l’ANCI siciliana ha fatto l’esatto contrario: con i propri silenzi ha aiutato Roma a impoverire la Sicilia.
Dal 2014 ad oggi i vertici dell’ANCI – a parte le denunce, in solitudine, del suo vice presidente, Paolo Amenta – non hanno trovato qualcosa da dire sugli scippi finanziari operati da Roma ai danni della Regione, dei Comuni e delle nove Province. Nulla da dire, anche, sui due ‘Patti’ siglati da Renzi e Crocetta a scapito delle finanze regionali.
Per non parlare del silenzio dell’ANCI durante le campagne elettorali dei i referendum sulle trivelle e sulle riforme costituzionali. Invece di spingere i Siciliani a votare per fermare le trivelle, i vertici dell’ANCI hanno optato per il silenzio. Non ricordiamo una sola manifestazione promossa da tale Associazione, nei giorni precedenti il referendum sulle trivelle, per spingere i Siciliani a recarsi alle urne.
La stessa cosa si è verificata nelle settimane precedenti lo scorso 4 dicembre. Ma questa volta è venuto fuori un contrasto evidente: i silenzi dell’ANCI sulle folli riforme costituzionali di Renzi e la stragrande maggioranza dei Siciliani che ha ‘bocciato’ tali riforme.
Controllando in modo quasi ‘militare’ tutta la Sicilia (la Regione, le ex Province, la maggior parte dei Comuni, l’ANCI e tutti i posti di governo e di sottogoverno), il centrosinistra siciliano ha impoverito sia la Sicilia, sia il dibattito politico, creando, di fatto, una sorta di ‘regime’: un ‘regime’ dove il ruolo dei sindaci di centrosinistra – tranne qualche rara eccezione – è stato quello di tenere ‘buona’ la popolazione per consentire a Roma di ‘spennare’ i cittadini siciliani, togliendogli soldi e servizi.
Ai Comuni siciliani rimangono solo le risorse finanziarie (poche, in verità, ma ci sono) per le feste e per i festini d’estate e i soldi (qui i ‘bocconi’ sono più grossi) per pagare i debiti fuori bilancio che, grazie a una fuorviante interpretazione della riforma della contabilità pubblica (leggere Decreto n. 118 del 2011), sono diventati l’ultima frontiera delle clientele di Regione e Comuni (le Province, benché ancora presenti con il personale da pagare ogni mese, sono ormai fallite).
La vecchia politica siciliana, cosciente dei propri fallimenti, fa in modo che al voto non vadano mai tutti i Comuni. Uno stratagemma che non è dettato dal caso e che, alla fine, serve per attutire i colpi e per provare a recuperare nelle tornate elettorali successive.
Questa volta, però, la sensazione è che la ‘botta’, per la vecchia politica siciliana, potrebbe essere forte. La sconfitta di Matteo Renzi al referendum dello scorso 4 dicembre, i pessimi risultati del Governo Gentiloni e i disastri combinati dal Governo regionale di Rosario Crocetta non annunciano nulla di buono per il centrosinistra siciliano.
Il disagio economico e sociale, in tanti Comuni, è ormai visibile. Così com’è visibile l’impossibilità, per molti amministratori comunali, di dare risposte ai cittadini.
Tra i Siciliani ormai è sempre più diffusa la consapevolezza di una crisi economica, finanziaria e sociale senza precedenti. E tanti cittadini della nostra Isola sanno che la responsabilità è sì del Governo nazionale, ma anche di un Governo regionale che ha consentito a Roma di portare verso una condizione di sostanziale default la Regione, di aver fatto fallire le nove Province e di aver impoverito gli stessi Comuni.
Un altro messaggio che è passato nell’immaginario di tanti siciliani è l’assenza del centrodestra, in parte ‘risucchiato’, negli ultimi otto anni, dal trasformismo prima del Governo di Raffaele Lombardo e poi del trasformismo del Governo Crocetta, e in parte compromesso, a Roma, da un’alleanza strisciante con Renzi.
Un ‘Patto’, quello tra il PD di Renzi e Berlusconi, che inevitabilmente si riverbera in Sicilia, facendo perdere credibilità e libertà di azione politica agli esponenti del centrodestra dell’Isola.
In questo scenario le uniche novità, in Sicilia, sono rappresentate dal Movimento 5 Stelle e dal ritorno d’interesse per l’Autonomia siciliana che si ‘colora’ anche di Indipendentismo.
Tra i grillini non manca qualche contraddizione, ma nel complesso sono la più forte alternativa alla vecchia politica siciliana. Piaccia o no, oggi, in questo passaggio elettorale, votare per il Movimento 5 Stelle significa esprimere la volontà di voltare pagina.
Poi, certo, com’è inevitabile, in ogni Comune giocano fattori locali. Il discorso riguarda i piccoli Comuni, ma anche qualche Comune medio e grande.
A Palermo, per esempio, la vecchia politica siciliana si è divisa equamente tra Leoluca Orlando (appoggiato dal PD ufficiale, dal Ministro Angelino Alfano e dagli ex Ministri Salvatore Cardinale e Carlo Vizzini) e Fabrizio Ferrandelli (appoggiato da Forza Italia di Gianfranco Miccichè, dal Cantiere Popolare di Saverio Romano, da Totò Cuffaro e da esponenti del PD, che hanno seguito Ferrandelli, che, lo ricordiamo a chi l’avesse dimenticato, del Partito Democratico è stato dirigente e parlamentare regionale).
Ovviamente, chi a Palermo non vuole sostenere la vecchia politica siciliana non deve votare né per Orlando, né per Ferrandelli.
Detto questo, i nostri lettori sono troppo intelligenti per non sapere che, se è vero che il voto comunale ha sempre una forte valenza locale, è anche vero che il voto di domenica prossima – visto il difficile momento politico ed economico – influenzerà gli equilibri, le alleanze e la composizione delle stesse liste delle elezioni regionali siciliane, previste a novembre, e delle elezioni politiche nazionali.
Che dire, alla fine? L’augurio è che i Siciliani, in maggioranza, diano un calcio alla vecchia politica provando a cambiare.
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