Correva l’anno 1999. Il Vicepresidente del Consiglio Sergio Mattarella e il Presidente della Regione Siciliana Angelo Capodicasa firmano l’Intesa Istituzionale di Programma tra il Governo della Repubblica e la Giunta regionale siciliana. Io c’ero…
Roma, 13 settembre 1999. Il Vicepresidente del Consiglio Sergio Mattarella e il Presidente della Regione Siciliana Angelo Capodicasa firmano l’Intesa Istituzionale di Programma tra il Governo della Repubblica e la Giunta regionale siciliana. Io c’ero.
Oggetto dell’Intesa furono “gli obiettivi di sviluppo in ambito regionale verso cui far convergere l’azione delle parti, i piani ed i programmi pluriennali di intervento nei settori di interesse comune”. Le singole iniziative si sarebbero dovute individuare – in sede di definizione degli strumenti di attuazione – tenendo conto dell’esigenza di assicurarne i collegamenti funzionali, il quadro delle risorse impegnate per le realizzazioni in corso, nonché di quelle impegnate nell’orizzonte temporale considerato, e, ancora. gli strumenti istituzionali di attuazione e, in particolare, gli accordi di programma quadro per i quali vengono stabiliti i criteri, i tempi e i modi per la loro sottoscrizione”.
L’Intesa si costituiva come lo “strumento ordinario del rapporto di programmazione economica tra l’Amministrazione centrale e la Regione Siciliana”, e impegnava le parti contraenti al periodico aggiornamento e ad operare per l’inserimento al suo interno del complesso degli interventi di carattere economico che interessano il territorio della Regione (comunitari, nazionali, regionali e locali).
Le parti, si davano atto che “le finalità di carattere generale dell’azione di sviluppo della Regione riguardano la massimizzazione dell’occupazione produttiva, lo sviluppo del sistema produttivo, la minimizzazione dell’impatto ambientale, il riequilibrio territoriale e il miglioramento della vita associata, con l’intento di incorporare la dimensione delle pari opportunità nel complesso delle azioni e delle politiche di intervento, e concordavano nell’identificare i seguenti settori di intervento: trasporti; approvvigionamento idrico e risanamento delle acque; energia; risorse umane e formazione professionale; ricerca scientifica e tecnologica; sviluppo locale; aree urbane; difesa del suolo e protezione della fascia costiera; aree naturalistiche; gestione rifiuti; beni culturali; turismo; sistema agroalimentare; ogni forma anche occulta di concorrenza extra comunitaria che pratichi prezzi più bassi per via del minore costo della manodopera rispetto alle tutele vigenti nel nostro paese, o che tenti di introdurre in Sicilia prodotti non soggetti alle regole europee e locali sulla sicurezza alimentare sarà considerata sleale e contrastata. Saranno garantite la vocazione storica della nostra produzione e la commercializzazione trasparente dei prodotti siciliani.
reti della comunicazione; sanità; pari opportunità per donne e uomini”.
Il quadro finanziario prevedeva che le risorse (ordinarie e straordinarie, nazionali e comunitarie) destinate all’Intesa avrebbe ro dovuto essere individuate nel loro complesso avendo a riferimento: “1) per le risorse straordinarie: la ripartizione concordata tra le Regioni per l’attribuzione dei fondi comunitari; 2) per le risorse ordinarie: in prima applicazione la proiezione della spesa storica, per la Regione, del bilancio dello Stato ed, in prospettiva, la proiezione delle quantificazioni risultanti dal processo di regionalizzazione del bilancio dello Stato in corso, da realizzarsi, previo accordo tra le Regioni, con parametri che incrocino: a) popolazione; b) territorio: c) PIL”.
Veniva e stabilito che la verifica complessiva degli obiettivi dell’Intesa e dei suoi strumenti attuativi sarebbe stata “effettuata con cadenza almeno annuale”.
Completava il documento un allegato tecnico, molto circostanziato, che riportava un “quadro economico e programmatico generale”, settore per settore.
Cosa rimane a 17 anni da quella firma di uno dei documenti più completi, organici e meglio strutturati tra i tanti che nel tempo hanno provato ad organizzare un diverso sviluppo della Sicilia? Di realizzato ben poco,da realizzare quasi tutto. L’Intesa in quanto tale, in quanto cornice programmatica globale di ogni genere di rapporto di sviluppo tra Roma e Palermo è come una nave avviata verso il disarmo. E di cui peraltro non sembra interessare granché a nessuno. I governi regionali e le maggioranze che li hanno retti che si sono succeduti da allora (Cuffaro uno e due, Lombardo e Crocetta con Forza Italia UDC PD e cespugli vari e assortiti) si sono guardati bene dal fare la loro parte. Al punto che se domandate ai nostri attuali parlamentari neanche vi sanno dire di che cosa sto parlando. Il processo di neocentralizzazione che, ormai da tempo, anno dopo anno, caratterizza il rapporto tra Stato e Regioni ne ha fatto una vittima illustre, la più importante per quanto ci riguarda. Superata dalle nuove tendenze in tema di rapporti tra Stato e Regioni e, nel caso, tra Roma e la Regione Siciliana, è come caduta in prescrizione senza neppure necessità di una abrogazione formale. Perché di fatto – come si direbbe con linguaggio oggi ricorrente – l’Intesa “non è più in agenda”. Oggi lo Stato dispone e le Regioni eseguono. E a monte la Commissione Europea e il Consiglio Europeo dispongono e lo Stato esegue.
Sulle Regioni e sugli Enti Locali i governi nazionali hanno scaricato i loro tagli di bilancio, stringendoli sempre più in una condizione di debolezza. Si contiene così il bilancio statale ma la “spending review” mette al buio città e paesi e spegne anche progetti di sviluppo, manutenzioni di arterie e strutture, servizi ai cittadini.
In questo clima di neocentralizzazione in cui, per definizione, i “buoni” stanno tutti a Roma ed i cattivi” nei capoluoghi regionali, l’Intesa istituzionale di Programma siciliana è scivolata piano piano nel dimenticatoio. E’ finita in soffitta come un vecchio arnese quando in effetti è tuttora e più che mai uno strumento di straordinaria completezza e modernità. Ha una lungimiranza ed una impostazione programmatica così attuale da non meritare affatto quel destino. Al contrario, occorre riprenderla, aggiornarla nei dati e nei numeri, aggiungendo o riformulando qualche settore d’intervento, farla ridiventare “lo” strumento del rapporto istituzionale con Roma e delle regole per avviare uno sviluppo coordinato e seguìto della nostra regione.
Per un caso e per l’imprevedibilità della storia – sia quella delle vicende politiche collettive che delle vicende politiche personali – l’Intesa venne firmata per lo Stato da un siciliano (gesto di cortesia di D’Alema nei confronti del suo vice) che adesso è inquilino del Quirinale. Può avere un senso ed essere una opportunità. A 17 anni da allora le stagioni politiche, il quadro finanziario ed i rapporti istituzionali sono molto diversi e le condizioni economiche e sociali della Sicilia sono peggiorate. Ma, appunto perché le condizioni della Sicilia sono peggiorate, una esigenza è ineludibile: bisogna registrare e riformulare il rapporto Roma – Palermo, troppo sbilanciato e deterministico a favore del centro. Il progressivo scadimento a continui “diktat” e “prendere o lasciare”, soprattutto sul piano contabile e finanziario, esige un rinnovato modello di intese e reciproci impegni. Che siano rigorosamente rispettati.
Non ci sarebbe da inventarsi né la luna né l’acqua calda. Basterebbe riprendere e rilanciare l’Intesa, la cui attualità non è stata scalfita di una sola virgola, togliere la polvere che vi si è sedimentata sopra per l’incuria e la sudditanza delle classi politiche regionali a chi è di turno al timone a Roma. Basterebbe farla ridiventare quello per cui era stata concepita, il Documento-cornice o, se si preferisce, la Carta “vera” e cogente di ogni genere di rapporto tra Stato e Regione nella regolamentazione ed attuazione delle politiche economiche di sviluppo. Basterebbe, in una parola, riapplicarla.
E’ mia precisa intenzione fare di quell’intesa il vero ed unico programma del mio governo, riprendendone i temi e il significato. Sfidando lo Stato.
Ecco come.
CONTINUA….
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