In attesa che la politica siciliana (con riferimento soprattutto alla maggioranza di centrosinistra) trovi la ‘quadra’ per prolungare sino al 30 aprile l’esercizio provvisorio, la Commissione Bilancio e Finanze dell’Ars prova a far venire fuori le magagne che stanno dietro al fallimento dell’Associazione Regione Allevatori della Sicilia (ARAS). Ecco i debiti dell’Associazione (o almeno quelli che si conoscono)
Un fatto è certo: siamo già al 16 marzo e l’Assemblea regionale siciliana non avrà il tempo per approvare la manovra economica e finanziaria (detta anche legge di stabilità regionale) entro questo mese. Il ricorso al quarto – e ultimo – mese di esercizio provvisorio è nelle cose (dopo il 30 aprile, senza manovra approvata, andrebbero tutti a casa, Governo e Ars). Il clima politico, in realtà, non sembra quello giusto. In questo momento, a Palazzo Reale, sede del Parlamento dell’Isola, nella maggioranza di centrosinistra, o presunta tale, va in scena una sorta tutti contro tutti. L’ultima cosa alla quale il Governo di Rosario Crocetta e la maggioranza dell’Ars pensano, in questo momento, è l’interesse della Sicilia. Troveranno il tempo per occuparsi seriamente dell’ARAS?
Oggi la Commissione Bilancio e Finanze del Parlamento siciliano dovrebbe occuparsi della citata ARAS, sigla che sta per Associazione Regionale Allevatori della Sicilia, dichiarata fallita a causa di un ‘buco’ che oscillerebbe tra i 10 e i 15 milioni di Euro. Sarà una riunione che produrrà risultati concreti? Verranno fuori i nomi dei responsabili di un fallimento che sta creando danni gravissimi alla zootecnia siciliana?
I dubbi non mancano. Qualche giorno fa, ad esempio, avrebbe dovuto avere luogo un incontro presso la Camera di Commercio di Ragusa. Potrà sembrare strano, visti i tempi, ma le Camere di Commercio della nostra Isola, oltre ad essere teatro di una ‘guerra’ tra bande che cercano di accaparrarsi le società che gestiscono gli aeroporti di Palermo e Catania (rispettivamente, la GESAP e la SAC), si dovrebbero occupare anche di cose che riguardano l’economia siciliana.
Per esempio, dell’ARAS e di come fronteggiare il fallimento di questa Associazione gloriosa finita nelle mani di personaggi incredibili. Insomma, era convocato un incontro. Ma poi è stato rinviato, sembra perché l’assessore all’Agricoltura, Antonello Cracolici, era impegnato altrove.
Così oggi ci dovrebbe provare la Commissione Bilancio e Finanze, che forse ha un po’ di interesse in più rispetto al Governo regionale. Il fallimento dell’ARAS è un fatto gravissimo. Se una cosa del genere fosse accaduta nella Prima Repubblica – con l’Associazione degli Allevatori Siciliana amministrata da soggetti capaci di fare ‘sparire’ da 20 a 30 miliardi di vecchie Lire – sarebbe scoppiato un pandemonio. Ci sarebbero state inchieste, arresti e quant’altro.
Oggi, invece – forse perché con l’Euro non c’è vera contezza dei soldi – passa tutto in cavalleria. Eppure un fatto che dovrebbe fare riflettere è sotto gli occhi di tutti. Fino a quando il ruolo di direttore dell’ARAS è stato occupato da Antonio Petix l’Associazione è stata in attivo, perfettamente in salute e in grado di fornire risposte agli allevatori della Sicilia.
Petix è andato via nel 2002. Da allora fino alla dichiarazione di fallimento da parte del Tribunale di Palermo si sono succeduti presidenti e commissari. I fondi pubblici erogati all’ARAS sono rimasti pressappoco gli stessi (in media 10-14 milioni di Euro all’anno), ma i dipendenti sono passati da 320 a 120. Con riflessi ovviamente negativi sulla qualità del servizio.
Già questo dato, lo ribadiamo, dovrebbe fare riflettere, perché se a parità di finanziamento la situazione peggiora, beh, ci deve essere per forza di cose qualcosa che non funziona. Di queste cose che non funzionavano avrebbe dovuto accorgersi l’Amministrazione regionale e l’AIA (Associazione Italiana Allevatori), soprattutto a partire dalla seconda metà del 2000. Invece, ribadiamo, tutto è passato in cavalleria.
E oggi? Per ora ci sono solo alcuni ‘numeri’ ufficiali della gestione ARAS degli ultimi anni. A cominciare dall’indebitamento. I dati ufficiali sono i seguenti:
un debito di circa 3 milioni di Euro verso i dipendenti;
un debito di circa 2 milioni di Euro verso la Banca Nazionale del Lavoro;
un debito di circa 2 milioni e 600 mila Euro con Riscossioni Sicilia spa;
un debito verso l’INPS pari a circa un milione di Euro;
un debito di circa un milione di Euro verso l’EMPAIA (l’ente di previdenza per gli addetti all’agricoltura);
poi alcuni decreti ingiuntivi per una somma pari a circa 200 mila Euro e qualcosa con Agrifondo.
Poi di ufficiale non c’è altro. A meno di nostra conoscenza. A parte una strana storia di 80 mila Euro circa che risalgono, addirittura, alla Medicavalli del 2003: soldi che dovrebbero essere ancora incassati!
Poi un prestito di 20 mila Euro circa una società che dovrebbe avere sede in provincia di Ragusa.
E, ancora, un prestito di 67 mila Euro circa al Consorzio Allevatori di Agrigento.
Queste sono le notizie ufficiali. La speranza è che la Commissione Bilancio e Finanze riesca a fare luce su questa incredibile storia.
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