Non solo la società ‘Stretto di Messina’ non è ancora stata liquidata nonostante l’iter sia stato avviato il 15 aprile 2013 e doveva concludersi entro un anno, ma addirittura chiede un indennizzo, più un eventuale risarcimento. “Lo Stato che fa causa allo Stato” scrive il Corriere
Il Ponte sullo Stretto resta un progetto sulla carta ma si tratta di una carta costosissima. Centinaia di milioni di euro spesi per la sua progettazione ai quali ora si aggiunge l’indennizzo di 325 milioni 750mila euro chiesto dalla società Stretto di Messina al Ministero delle Infrastrutture.
A stigmatizzare il paradosso è una relazione della Corte dei Conti di cui dà notizia il Corriere della sera: “Non solo la società ‘Stretto di Messina’ non è ancora stata liquidata nonostante l’iter sia stato avviato il 15 aprile 2013 e doveva concludersi entro un anno, ma addirittura chiede un indennizzo, più un eventuale risarcimento. La ragione? Il pregiudizio — sottolinea la stessa società — scaturente dalla mancata realizzazione dell’opera, indotta dal venir meno della convenzione di concessione”.
“La Stretto di Messina è già costata per il suo mantenimento in vita e le progettazioni, i 300 e passa milioni richiesti ora come indennizzo. Denari, precisa la Corte dei conti, versati con «gli aumenti di capitale deliberati nei precedenti esercizi e finanziati esclusivamente con risorse pubbliche». I soldi chiesti, dunque, sono stati già abbondantemente pagati. E pagarli di nuovo costituirebbe quindi «una mera duplicazione di costi, con ulteriore aggravio sui saldi di finanza pubblica”.
E ancora:
“La richiesta di indennizzo è stata presentata al ministero delle Infrastrutture, sottolinea la Corte dei conti, ancor prima della messa in liquidazione della Stretto di Messina. E da allora non c’è stato verso di farle cambiare idea. A quanto pare, anzi, non ci hanno nemmeno provato. Scrivono i giudici contabili: «Non risultano iniziative intraprese dal ministero, oltre quelle di resistenza in sede giudiziaria, al fine di superare il contrasto con la concessionaria. Nell’adunanza del 24 novembre 2016 la posizione conflittuale delle parti si è confermata ancora una volta».
“Lo Stato che fa causa allo Stato – scrive Sergio Rizzo – visto che è allo Stato che fanno capo sia il Ministero sia la società “Stretto di Messina”, che per l’81,85 % è in mano all’Anas, per il 13 % alle Ferrovie dello Stato e per il 2,575 % ciascuno alle Regioni Sicilia e Calabria, tutti enti pubblici”.
Solo in un Paese come l’Italia possono succedere cose come queste, una farsa paradossale.
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