Nel 2013 Rosario Crocetta annunciava all’Arena di Giletti l’abolizione delle Province siciliane, primo atto della sua ‘Rivoluzione’. A distanza di quattro anni le province ci sono ancora: sono solo commissariate. La novità ‘rivoluzionaria’ consiste solo nell’abbandono delle strade provinciali e delle scuole. Con 6 mila e 500 persone (i dipendenti) con gli stipendi a rischio. E la prospettiva di far tornare tutto come prima…
Ricordate? Era il 2013. Il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, allora ancora fresco di elezione e non ancora ‘sgamato’ dai Siciliani, si presentava all’Arena di Giletti per affermare che lui la ‘Rivoluzione’, in Sicilia, la stava facendo per davvero e che, di lì a poco, avrebbe abolito le Province.
La riforma sarebbe arrivata tre anni e mezzo dopo. Di fatto, il vero atto ‘Rivoluzionario’ del Governo Crocetta è stato il taglio – cioè l’eliminazione – del presidente della Provincia e del Consiglio provinciale. Gli organi eletti direttamente dal popolo – come si conviene ai regimi autoritari – sono stati sostituiti dai commissari: nove commissari, uno per ogni ex Provincia.
E ancora oggi – ci sarebbe da non crederci, se non altro perché le leggi non lo prevedono e sono state, da almeno tre anni e mezzo a questa parte, forzate fino all’inverosimile – ci sono i commissari! Eh già, perché i due ‘geni’ della politica siciliana – il già citato Crocetta e il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone – dal 2013 ad oggi, non sono stati nemmeno in grado di garantire l’operatività di una mezza riforma. Nulla di nulla.
Pensate: hanno creato tre grottesche Città Metropolitane – Palermo, Catania e Messina – che non sono nemmeno in grado non di occuparsi della viabilità provinciale (sarebbe troppo, per carità!), ma di riscaldare le scuole. Poi ci sono sei farseschi ‘Liberi Consorzi di Comuni’ che liberi non lo sono affatto e che rappresentano il tradimento dell’articolo 15 dello Statuto. Insieme, le tre Città Metropolitane e i sei ‘Liberi Consorzi di Comuni’ rappresentano, fino ad oggi, il nulla amministrativo.
Grazie al presidente Ardizzone il Parlamento siciliano ha trovato il tempo anche di perdere la faccia: dimenticando che la Regione siciliana ha potestà esclusiva sugli enti locali, Ardizzone ha ‘piegato’ il Parlamento dell’isola, costringendolo a recepire la riforma nazionale delle Province, la fallimentare legge Delrio.
Il finale di questa pantomima è perfettamente in linea con la presidenza di Ardizzone: il nulla politico e amministrativo.
A febbraio avrebbero dovuto avere luogo le elezioni di secondo grado: avrebbero dovuto votare sindaci e consiglieri comunali. Invece non voteranno. Si voterà – lo ha deciso ieri l’Ars – a luglio. E saranno i cittadini ad eleggere i vertici delle tre Città Metropolitane e dei sei Consorzi di Comuni, previa autorizzazione di Roma, e non più sindaci e consiglieri comunali.
In pratica, a luglio i Siciliani dovrebbero rieleggere i nove presidenti delle Province e i sei Consigli provinciali chiamati con un nome diverso.
Alla fine scopriamo che la vera ‘Rivoluzione’ di Crocetta e del suo Governo ha cambiato tutto per non cambiare nulla. E chi glielo dice, ora, a Giletti?
Sarà vero? Noi ci crediamo fino a un certo punto. Non possiamo escludere l’ultima beffa. La strategia del Governo Crocetta e della maggioranza che lo sostiene, d’accordo con Roma, potrebbe essere un’altra: lasciare tutto così com’è – cioè nel caos, con le ex Province che hanno abbandonato le strade provinciali, le scuole superiori, i controlli ambientali, con i circa 6 mila e 500 dipendenti senza stipendi – per passare la ‘patata bollente’ al Governo regionale che verrà.
In questo modo il Governo nazionale – che ha già scippato alla Sicilia i soldi per far funzionare le Province (a parte i trasferimenti ordinari Roma si è presa anche 220 milioni di Euro all’anno di RC Auto: così, tanto per gradire!) – continuerà a ‘risparmiare’ sulla Sicilia.
Fantapolitica? Ne riparliamo a luglio…
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