“Metti a frutto ogni minuto; sarai meno schiavo del futuro, se ti impadronirai del presente. Tra un rinvio e l’altro la vita se ne va“, ricorda Seneca. Insegnamento che non è di moda a Palazzo Reale, sede del Parlamento siciliano, dove il presidente Rosario Crocetta e la maggioranza di centrosinistra che sostiene il Governo giocano a rinviare, nell’illusione che i problemi si risolveranno da soli…
Confusione, confusione e confusione. Questa parola dà oggi l’immagine della politica siciliana, a tutti i livelli. Grande confusione nel Governo dell’Isola. E grande confusione in Assemblea regionale siciliana, dove il presidente Rosario Crocetta e i deputati di centrosinistra che lo sostengono dovrebbero ‘confessare’ a cinque milioni di Siciliani che la riforma delle Province è naufragata: in pratica, un fallimento amministrativo e, soprattutto, politico. Con che faccia raccontare agli elettori, a dieci mesi dalle elezioni regionali, di avere sbagliato tutto sugli enti intermedi? Con che faccia dire agli elettori: “Sapete? Dopo quasi anni quattro anni di commissariamento tornerete, di fatto, a eleggere il presidente delle Province e i Consigli regionali”. Chi malafiura!, si direbbe dalle nostre parti.
Così, ieri, Governo e parlamentari di centrosinistra hanno deciso quello che ‘decidono’ da qualche anno a questa parte: di non decidere. Insomma, un rinvio. A quando? Boh! Forse decideranno di ridare la parola agli elettori in primavera. O forse abbineranno le elezioni provinciali alle elezioni regionali del prossimo novembre. Anche se in verità la scelta ideale sarebbe quella di lasciare tutto così com’è: sapendo di dover perdere le elezioni regionali, si potrebbe lasciare la ‘rogna’ delle Province commissariate alla nuova Assemblea regionale siciliana e al nuovo Governo che verranno.
Del resto, il futuro Governo regionale troverà le ‘casse’ svuotate dai ‘Patti’ firmati da Crocetta con Roma. E troverà quasi tutti i Comuni senza soldi. Per rendere la vita ancora più difficile ai futuri governanti si potrebbe lasciare le Province a bagnomaria. Il nuovo Governo erediterebbe tre grottesche Città Metropolitane (Palermo, Catania e Messina), che non sono altro che le tre vecchie Province con un nome diverso; e troverebbe le altre sei Province che si chiamano “Liberi consorzi di Comuni”, nome scelto per beffeggiare l’articolo 15 dello Statuto (che prevede sì i Liberi consorzi di Comuni al posto delle Province, ma – per l’appunto – ‘Liberi’: con i Comuni che scelgono con chi stare e non con le scelte imposte da un Parlamento siciliano che ha calpestato lo stesso articolo 15 dello Statuto).
Sempre sulle ex Province il parlamentare di centrodestra, Nello Musumeci, forse s’illude un po’ che la maggioranza di centrosinistra certifichi il proprio fallimento politico approvando una riforma, ovvero un disegno di legge presentato dallo stesso Musumeci: riduzione dei consiglieri provinciali e attribuzione di nuove competenze: pianificazione urbanistica dei Comuni, edilizia popolare (verrebbero aboliti gli Istituti autonomi per le case popolari) Motorizzazione, aree protette e turismo (in realtà, le vecchie Province si occupavano già di turismo.
A Sala d’Ercole, intanto, va in scena un’altra sceneggiata: la riforma degli UREGA (Uffici Regionali l’Espletamento di Gare per l’Appalto di lavori pubblici). Oggi gli UREGA intervengono quando l’importo delle gare di appalto arriva a un milione e 250 mila Euro. Con l’approvazione del disegno di legge la soglie viene elevata a 2 milioni e 500 mila Euro. Più che una semplificazione amministrativa è una ‘semplificazione appaltizia’: ovvero mani libere della politica per gestire appalti fino a 2 milioni e 500 mila Euro. Un ‘toccasana’ nel nome della legalità…
Ieri, intanto, un’altra seduta dell’Ars è andata a vuoto, tra le proteste dei parlamentari del Movimento 5 Stelle:
“Non ci sono più parole, è una vergogna senza fine, ormai sono quasi due mesi che, esercizio provvisorio a parte, in aula va in scena lo stesso copione: aula deserta, o quasi, e seduta rinviata per mancanza di numero legale”
“I fatti – dice il parlamentare grillino Salvatore Siragusa – provano che il PD e questa inqualificabile e sfilacciata maggioranza se ne infischiano dei problemi della Sicilia. Evidentemente i deputati pensano di convincere il Governo ad assecondare i propri tornaconti con questi mezzucci che, ovviamente, scontano tutti i siciliani. Il nostro senso di responsabilità può arrivare fino ad un certo punto. Ma è ovvio che noi non possiamo sostituirci alla maggioranza per garantire il numero legale. Non saremo mai la stampella del Governo”.
Insomma, dopo quasi quattro anni i deputati grillini del Parlamento siciliano hanno capito che quando la maggioranza non garantisce il numero legale in Aula non debbono essere loro a garantirlo, ma debbono uscire dall’Aula. Anche per non dare la sensazione di essere d’accordo con la parte di una parte, cioè con il Governo…
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