In realtà, non è una nuova legge elettorale, ma la vecchia legge elettorale che ripropone l’effetto di trascinamento con qualche piccolo ritocco. Si punta a semplificare le operazioni elettorali per rendere più ‘agevole’ il voto nei quartieri popolari. Tra i candidati, Fabrizio Ferrandelli va da solo, smentendo, nei fatti, accordi con Forza Italia. Sempre più appannato il Movimento 5 Stelle sul quale pesa il dubbio di una ‘colonizzazione’ da parte dei ‘Professionisti dell’Antimafia’ a caccia di poltrone. Il PD a bagnomaria
Comincia a pendere un po’ di ‘colore’ politico la campagna elettorale che porterà all’elezione del nuovo sindaco e del nuovo Consiglio comunale di Palermo. I tatticismi ormai non servono a molto, visto che si andrà a votare la prossima primavera, cioè tra qualche mese. Quattro, fino ad ora, i candidati a sindaco certi: il primo cittadino uscente, Leoluca Orlando, centrosinistra; Fabrizio Ferrandelli nel ruolo di battitore libero; un esponente del Movimento 5 Stelle e Ciro Lomonte per Siciliani Liberi, il movimento Indipendentista che fa capo al professore Massimo Costa. Un quinto candidato potrebbe essere Francesco Greco per Forza Italia. Un sesto candidato potrebbe essere Nadia Spallitta, vice presidente uscente del Consiglio comunale. Fuori gioco, almeno fino a questo momento, il PD.
Di Orlando c’è poco da dire. Si è ricandidato in accordo con la legge della caduta dei gravi: non avendo un altro posto dove provare a ‘sistemarsi’ (la sua eventuale candidatura alla presidenza della Regione per il centrosinistra non ha mai fatto ‘impazzire’ nessuno e, comunque, sarebbe un già visto: Orlando è stato il candidato del centrosinistra nel 2001 contro Totò Cuffaro e ha perso).
La ricandidatura di Orlando a sindaco è quasi scontata. Contrariamente a quelle che gli orlandiani cercano di fare apparire, il sindaco uscente i il suo gruppo sono in grande difficoltà. Il 2016, per l’Amministrazione Orlando è stato, infatti, un anno disastroso.
C’è il flop del Tram, che costa 15 milioni di Euro all’anno e non si capisce come si dovrà pagare.
Ci sono le polemiche al vetriolo sulla tassa di circolazione automobilistica contrabbandata come ZTL. Commercianti del Centro storico in rivolta, molti cittadini infastiditi. Non ci vuole molto a capire che nel ‘rettangolo’ della borghesia palermitana – grosso modo, i circa 200 mila abitanti del centro città – Orlando e i suoi perderanno voti.
Si sa: a Palermo, storicamente, i sindaci li eleggono le periferie. Ma nemmeno da quelle parti Orlando e la sua Amministrazione hanno brillato. Anzi.
Molte delle periferie sono state abbandonate. Emblematico, al riguardo, l’avventura del già citato Tram. Con l’AMAT – l’Azienda per il trasporto pubblico delle persone chiamata a gestire questo servizio – che, pur di far partire il Tram, ha lasciato senza servizio autobus alcune periferie cittadine.
I punti di forza del sindaco uscente resta il Teatro Massimo (che comunque non porta molti voti e che, di fatto, ha finito con l’assorbire parte delle risorse di altre attività culturali cittadine), i circa 20 mila dipendenti del Comune (nel ‘mazzo’ stiamo considerando anche i dipendenti delle società comunali) e i debiti fuori Bilancio che, ormai da anni, sono le ‘riserve di caccia’ dei sindaci.
La legge elettorale per i Comuni – che l’Assemblea regionale siciliana ha cambiato, tornando al vecchio sistema, ovvero l’effetto trascinamento (per gli elettori basterà votare per un consigliere comunale e il voto, automaticamente, andrà al candidato sindaco al quale è collegata la lista) – imporrebbe un accordo tra Orlando e il PD.
Ma è noto – e dimostrato proprio dagli ultimi cinque anni – che Orlando e il PD sono come i porcospini di Schopenhauer: vorrebbero avvicinarsi l’uno all’altro: ma siccome sono, per l’appunto – ovviamente politicamente parlando – del porcospini, l’uno punge l’altro e viceversa. Risultato: si avvicinano e si allontanano, si avvicinano e si allontanano, si avvicinano e si allontanano…
Tra l’altro, i ‘fricchettoni addomesticati’ di Rifondazione comunista – alleati di Orlando – hanno già sentenziato che il PD non è un “ospite gradito”. Mossa, questa, che ha masso ancora più in difficoltà il Partito Democratico di Palermo, che proprio nelle ore in cui decideva di avviare il ‘dialogo’ con il sindaco uscente si è visto trattare a pesci in faccia dagli orlandiani di Rifondazione.
Ore pessime, per il Partito Democratico. In Sicilia questo partito controlla quasi tutto: Regione, sottogoverno regionale, ex Province, Comuni, rapporti con il governo nazionale a guida PD: ma non avendo la forza e il coraggio per esprimere un proprio candidato, i dirigenti di questo partito, in queste ore, sono pure costretti a ‘pietire’ qualche strapuntino a Orlando…
Con il rischio, tutt’altro che remoto, di prendersi un bel no grande quanto una casa. Orlando, infatti, ha più volte polemizzato con il presidente della Regione, Rosario Crocetta, e con l’assessore con delega ai rifiuti, Vania Contraffatto, voluta nel Governo regionale dai renziani di Davide Faraone.
Se Orlando dovesse aprire al PD, oltre alle difficoltà che già sconta, dovrebbe mettere pure in conto il giudizio negativo che la stragrande maggioranza dei Siciliani ha maturato su Crocetta e sul suo Governo che, piaccia o no, sono espressione del PD.
Non è da escludere che, alla fine, il PD – in parte per orgoglio di partito, in parte perché costretto dagli eventi – presenti un proprio candidato. Due i possibili nomi: quello di Antonello Cracolici, attuale assessore regionale all’Agricoltura; e quello di Giuseppe Lupo, vice presidente dell’Ars.
Chi sembra messo leggermente meglio è Ferrandelli. Il personaggio è imprevedibile. In cinque anni ha cambiato cinque o sei ‘casacche’ politiche. E’ stato vicino ai gesuiti della città, con Italia dei Valori di Di Pietro, con il PD di Giuseppe Lumia e Antonello Cracolici, poi con il PD del renziano Faraone e, negli ultimi mesi, dopo essersi dimesso da Sala d’Ercole (dov’era stato eletto nel PD con la benevolenza della corrente di Franco Piro e Mirello Crisafulli), lo davano vicino a settori del centrodestra.
Cosa che lo stesso Ferrandellli, ieri, però, ha smentito nei fatti, avendo scelto di andare da solo. Si dice che Forza Italia l’avrebbe tentato, insieme con gli ex cuffariani. Ma questo sarebbe stato vero e dimostrato se Ferrandelli avesse accettato di ‘correre’ da sindaco con il simbolo di Forza Italia. Ma, lo ribadiamo, i fatti smentiscono questa storia.
Ferrandelli ‘correrà’ da solo. Con il vantaggio di essere già conosciuto: è già stato consigliere comunale ai tempi in cui sindaco era Diego Cammarata; ed è stato candidato a sindaco di Palermo nel 2012, proprio contro Orlando. A quanto si racconta, è uno dei pochi che, fino ad ora, sembra in grado di entrare nelle periferie della città e di non essere contestato.
Le voci che davano il commissario di Forza Italia in Sicilia, Gianfranco Miccichè, favorevole all’appoggio a Ferrandelli sono state, come già accennate, smentite nei fatti dallo stesso Ferrandelli.
In questo scenario, se due più due fa ancora quattro, al centrodestra non rimane che il candidato, peraltro già annunciato, anche se un po’ in sordina, Francesco Greco, presidente dell’Ordine degli avvocati di Palermo.
Gli scenari potrebbero essere due.
Primo scenario. Berlusconi – come si racconta – piomba a Palermo per ‘incoronare’ Francesco Greco candidato a sindaco di Palermo di Forza Italia. In questo caso la candidatura sarebbe ‘vera’ e Greco ‘correrebbe’ per andare al ballottaggio con la ‘benzina’ di Berlusconi.
Secondo scenario: Berlusconi non si impegna in favore di Greco che diventerebbe, così, l’agnello sacrificale. In questo secondo caso, metà di Forza Italia sosterrebbe, sottobanco, Orlando; e l’altra metà di Forza Italia sosterrebbe – sempre sottobanco – Ferrandelli.
Dei grillini non c’è molto da dire. O meglio, ha detto tutto Tiziana Di Pasquale, ingegnere, che, con una lettera, ha annunciato il suo ritiro della ‘comunarie’, la consultazione on line dei grillini.
“Palermo e il suo gruppo di attivisti – scrive la Di Pasquale nella lettera pubblicata dal blog rosalio.it – a mio avviso, hanno bisogno di rinascere e di ripartire da zero. Pochi giorni per scegliere se partecipare alle ‘comunarie’ in pieno Ferragosto, poche ore per votare durante le festività natalizie e adesso poco tempo per riflettere, per fare la scelta “giusta” o comunque quella più coerente”.
Durissimo il giudizio di Tiziana Di Pasquale su quanto accaduto nel Movimento 5 Stelle di Palermo negli ultimi mesi:
“Sotterfugi, scorrettezze, o semplici incoerenze”. Insomma un “cammino che è diventato un campo minato”. Secondo Tiziana Di Pasquale, i cinque nomi dal quale dovrebbe poi uscire il candidato sindaco (oltre a lei che, come già accennato, si è ritirata, ci sono Giulia Argiroffi, Giancarlo Caparrotta, Salvatore Forello e Igor Gelarda) “non hanno visto, a parer mio, l’ampio consenso di partecipazione che meriterebbe una competizione importante come questa. Siamo sicuri che tutte queste persone possano realmente rappresentare quel segnale di rottura dalla ‘vecchia politica’? Siamo sicuri che alcuni non stiano soltanto cercando di cavalcare l’onda positiva del Movimento alla ricerca di una poltrona?. Da diversi mesi mi sono interrogata sul fatto che a Palermo stesse prendendo piede un qualcosa più simile ad un ‘Partito 5 stelle’, in netta contrapposizione allo storico Movimento 5 Stelle che ho conosciuto e in cui mi riconosco. Questa sorta di ‘forma partitica del 5 stelle’ tende a disgregare e a dividere chi ha sempre lavorato per le idee e non per la visibilità. Trovo che ci sia una grande incoerenza in coloro che vogliono rappresentare il Movimento 5 stelle senza conoscerne i principi e screditando chi c’è da sempre, chi c’è stato, e chi ne ha fatto la storia”.
Quindi l’attacco a chi, dall’esterno, ha lanciato una sorta di ‘Opa’ politica sul Movimento 5 Stelle di Palermo, in probabiloe combutta con la vecchia politica cittadina:
“Come può definirsi portavoce di questi principi chi in questi giorni non ha fatto altro che scrivere, o far scrivere, sui social e a mezzo stampa frasi denigratorie nei confronti di quella che dovrebbe essere la propria squadra?”.
E ancora: “Oggi, in questo elenco, leggo nomi di chi ha alimentato fronti dell’uno contro l’altro e questo non può certo rappresentarmi”.
La sensazione è che, a Palermo, complice la ‘fragilità’ dei grillini, i soliti ‘Professionisti dell’Antimafia’ – con i soliti metodi della denigrazione – stiano cercando di impossessarsi del Movimento. Le polemiche sulle firme ‘false’ nelle elezioni comunali di Palermo del 2012 – una storia tutto ‘morale’, visto che l’allora candidato dei grillini non è andato al ballottaggio e che la lista non ha superato il quorum per avere rappresentanti in Consiglio comunale – ha finito con l’indebolire il Movimento.
Con molta probabilità, la lettera di Tiziana Di Pasquale è espressione di un malessere molto più profondo. Una vicenda che potrebbe essere l’inizio di un flop alle elezioni comunali con probabili riflessi negativi sulle lezioni regionali previste per la fine dell’anno.
Restano Ciro Lomonte e Nadia Spallitta.
Il primo – l’abbiamo già accennato – è il candidato degli Indipendentisti siciliani. La sua candidatura non è ancora stata ufficializzata. Ma ormai dovrebbe essere questione di qualche giorno, o di qualche settimana.
Lomonte potrebbe essere la sorpresa delle prossime elezioni comunali. Sia perché a palermo è un personaggio conosciuto, sia perché il Movimento del professore Massimo Costa comincia a prendere piede in tutta l’Isola.
Nadia Spallitta, in questa fase, si muove da battitrice libera. Ha aderito al PD, ma è improbabile che il partito la sostenga. E’ sostenuta da tanto movimenti civici che hanno apprezzato le sue battaglie in Consiglio comunale, dove è stata una delle poche voci di opposizione vera alla Giunta Orlando.
E’ importante anche sottolineare come si voterà alle prossime elezioni comunali di Palermo. Cinque anni fa si è votato con una legge elettorale confusionaria che ha creato enormi problemi, soprattutto nello spoglio per le elezioni del Consiglio comunale.
Il Parlamento siciliano, di fatto, ha rispolverato la vecchia legge elettorale con qualche variazione.
Rispetto alla vecchia legge, nei Comuni con più di 15 mila abitanti verrà eletto sindaco a primo turno il candidato che raggiungerà il 40% dei voti (prima ci voleva il 50%).
Come abbiamo già accennato, ritorna il cosiddetto effetto di trascinamento: il voto al candidato al Consiglio comunale si estenderà al candidato sindaco al quale è collegata la lista. Questo significa che ogni candidato sindaco dovrebbe puntare ad avere più liste a lui collegate con il maggior numero possibile di candidati al Consiglio comunale: perché ogni voto dato a un candidato al Consiglio comunale è un voto al candidato sindaco collegato alla stessa lista.
Il trascinamento semplifica le operazioni di voto: cosa importante nei quartieri popolari, dove la gente non ha molta dimestichezza con la scheda. Basterà l’indicazione di votare solo per un candidato al Consiglio comunale, perché il voto, come già detto, andrà al candidato sindaco a cui è collegata la lista.
Va da sé che questa semplificazione potrebbe facilitare la corruzione elettorale.
E’ previsto anche il voto disgiunto: l’elettore può votare per il candidato sindaco di una formazione politica e per il candidato al Consiglio comunale di un’altra formazione politica.
E’ stata introdotta la preferenza di genere elle elezioni per il Consigli comunale: l’elettore potrà esprimere due preferenze, purché si tratti di un uomo e una donna. Se l’elettore voterà due uomini o due donne verrà annullata la seconda preferenza.
Rimane la soglia di sbarramento del 5% non superando la quale la lista non avrà diritto a propri rappresentanti in Consiglio comunale.
Rimane il premio di maggioranza. Se il candidato a sindaco verrà eletto al primo turno (cioè se supererà il 40% dei voti di preferenza) avrà diritto al 60% dei seggi in Consiglio comunale solo se la sua lista o il gruppo di liste che l’ha sostenuto raggiungerà il 40% dei voti validi. Se le liste che sostengono il sindaco eletto al primo turno prenderanno meno del 40% dei voti, lo stesso sindaco non avrà diritto al premio di maggioranza.
In caso di ballottaggio – che è quello che dovrebbe succedere a Palermo – il premio di maggioranza in Consiglio comunale verrà assegnato al vincitore dello stesso ballottaggio.
Il candidato sindaco non eletto che raggiunge il maggior numero di voti (almeno il 20% dei voti) risulterà eletto al Consiglio comunale.
Rimane anche la mozione di sfiducia al sindaco con un abbassamento del quorum richiesto per mandare a casa il primo cittadino. Con la vecchia legge il sindaco si sfiduciava con una maggioranza qualificata (i due terzi più uno dei consiglieri comunali). Con l’attuale legge servirà il 60% dei consiglieri comunali.
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