Il dato viene fuori da uno studio condotto dall’Università di Palermo e presentato due giorni fa alla manifestazione promossa da I Nuovi Vespri. Ricordiamo che l’articolo 38, voluto da Errico La Loggia – uno dei padri dell’Autonomia siciliana – non è altro che il fondo di solidarietà nazionale che lo Stato dovrebbe versare ogni anno alla Regione siciliana per “bilanciare il minore ammontare dei redditi di lavoro” tra la Sicilia e il resto d’Italia. Nonostante i tentativi di ridurne gli effetti a scapito della Sicilia (lavoro svolto dalla Corte Costituzionale), l’articolo 38 c’è ancora. La parola adesso passa ai Siciliani, che debbono mandare via gli ascari che ci governano sostituendoli con un Governo in grado di far valere le ragioni della Sicilia
Come quasi tutti i nostri politicanti siciliani e non siciliani hanno dolosamente o sventatamente dimenticato, il nostro tanto vituperato Statuto contiene un articolo, il 38, che stabilisce che “lo Stato verserà annualmente alla Regione, a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nella esecuzione di lavori pubblici”; ed aggiunge inoltre che “questa somma tenderà a bilanciare il minore ammontare dei redditi di lavoro nella Regione siciliana”.
A differenza di quei politici, noi non abbiamo dimenticato il contenuto e la portata di quell’articolo e abbiamo commissionato una ricerca con lo scopo di evidenziare la misura del Fondo di Solidarietà Nazionale effettivamente erogato dallo Stato dal 1990 al 2015, e a valutarne indirettamente la congruità attraverso un raffronto con quanto dovuto, ai sensi dell’articolo stesso.
I risultati della ricerca, effettuata dal dottore Andrea Cuccia, dell’Università di Palermo, sono stati illustrati e commentati dal Professore Massimo Costa, Ordinario di Economia presso la facoltà di Economia e Commercio nel corso dell’incontro organizzato dall’Associazione I Nuovi Vespri sul tema “Liberiamo la Sicilia”, tenutosi il 15 ottobre scorso a Palermo.
E’ venuto dunque il momento di portarlo a conoscenza dei nostri lettori, perché, ammesso che ce ne sia bisogno, abbiano ulteriori elementi di chiarezza sul come lo Stato tratta la Sicilia e sul come la politica siciliana permette che la Sicilia venga trattata.
Possiamo affermare che, in ossequio al dato normativo, il contributo di solidarietà nazionale assume i contorni di un intervento perequativo volto a favorire il livellamento verso l’alto delle condizioni della Sicilia rispetto al resto del Paese, di favorire compressione di quel gap infrastrutturale di cui storicamente la Sicilia ha sofferto rispetto al resto del Paese.
Stando così le cose, le assegnazioni ex art. 38 sono state esclusivamente destinate nel tempo a sostenere ogni tipologia di intervento classificato in bilancio come spesa in conto capitale, persino in quei casi in cui i destinatari non fossero solo enti pubblici o tali interventi non fossero univocamente ricondotti a finalità produttive.
E infatti tali risorse sono state poste a copertura di specifiche finalità e capitoli di bilancio, fino ad alimentare trasferimenti in conto capitale agli Enti Locali, interventi a salvaguardia del patrimonio forestale, interventi di edilizia popolare, e scolastica, interventi di risanamento ambientale e per il sostegno delle attività produttive (integrazione fondi rischi, realizzazione distretti produttivi), nonché la valorizzazione dei beni culturali; a latere, si ricordano inoltre gli stanziamenti per l’emergenza idrica, per l’emergenza rifiuti, per la realizzazione di caserme dei carabinieri, per gli edifici di culto, per i musei diocesani, per la realizzazione del sistema informativo regionale, per piattaforme telematiche, nonché gli stanziamenti atti a garantire l’equilibrio economico-gestionale degli ATO, in quanto proprio in ragione di tali assegnazioni statali essi hanno avuto concretizzazione.
La prima legge statale di assegnazione del contributo di solidarietà nazionale è stata la legge nazionale n. 1091 del 1952.
Con la legge nazionale n. 886 del 1962 si è innestato un regime di parametrizzazione dell’importo, che si sostanzia nell’ancoramento di quest’ultimo al gettito dell’imposta di fabbricazione riscosso in Sicilia in ciascun esercizio.
L’assunzione dell’imposta di fabbricazione quale vincolo nella determinazione del contributo ha assicurato l’assegnazione di trasferimenti piuttosto consistenti.
Si comprende bene il ruolo nevralgico che tale contributo ha avuto dal 1947 fino sostanzialmente alla fine degli ’80 nello sviluppo infrastrutturale della Regione Sicilia. Basti pensare allo sviluppo del sistema viario, al potenziamento delle università siciliane, alla realizzazione dei piani zonali di sviluppo dell’Esa per quanto concerne il comparto agricolo, in quanto proprio tale fondo contributivo ha fatto sì che tali opere potessero avere luogo.
Nell’analisi dello sviluppo del contributo di solidarietà nazionale, crocevia importante è la sentenza della Corte Costituzionale n. 87 del 1987, essa ne ha di fatto condizionato gli sviluppi futuri, finendo in parte per sconfessare quell’afflato compensativo di cui l’art. 38 si è storicamente fatto latore.
La Corte, pur riconoscendo che l’erogazione del contributo di solidarietà nazionale va inquadrata come adempimento di un obbligo costituzionale, ha tuttavia sottolineato che tale obbligo “non è vincolato quanto al suo ammontare ed alle modalità di erogazione, ad alcuna garanzia costituzionale”. Affermazione aberrante sul piano del diritto, perché si permette di escludere il valore cogente del contenuto costituzionale dell’obbiettivo contenuto nella norma stessa e cioè che la somma deve tendere a bilanciare il minore ammontare dei redditi di lavoro nella Regione. Dall’aberrazione alla manifesta illogicità il passo è breve.
Infatti la sentenza ha poi vincolato la revisione quinquennale dell’ammontare del contributo di cui al terzo comma dell’art. 38 alla variazione dei dati assunti per il precedente computo; per cui sia l’adozione del dato base per il calcolo, sia il suo controllo sono rimessi ad un apprezzamento dello Stato definibile come “una valutazione non meramente ricognitiva e vincolante della modificazione degli elementi originari posti alla base del precedente computo”.
La Corte ha de facto con tale pronuncia spianato la strada ad una sostanziale riconsiderazione dell’istituto all’insegna di una completa discrezionalità in capo alla controparte Stato con riguardo alle modalità, ai tempi ed agli importi erogati.
Tale pronuncia ha inferto un colpo mortale all’istituto dell’art. 38 facendo sì che il quadro di riferimento in merito alla sua applicazione sia di fatto diventato il seguente:
– il contributo di solidarietà nazionale configura in sé un obbligo costituzionale, ma non prevede a corollario garanzie costituzionali in merito al quantum e alla modalità di erogazione;
– i criteri di riferimento della sua quantificazione e i successivi aggiornamenti sono rimessi all’apprezzamento dello Stato;
– è escluso qualsiasi obbligo di intesa tra Stato e Regione nella determinazione del contributo, tale per cui non è possibile qualificare la norma di quantificazione del contributo quale normativa di attuazione ex art. 43 dello Statuto;.
– non sono opponibili considerazioni connesse al pregiudizio occorso agli equilibri del bilancio regionale (ex. art.19 dello Statuto Siciliano) a seguito di riduzioni nell’ammontare del contributo rispetto a quanto precedentemente stanziato dalla Regione in bilancio.
Con la legge di attribuzione delle somme per il 1990 (la legge n. 68 del 1993) è venuto meno il riferimento al parametro dell’imposta di fabbricazione e si è insinuato un nuovo regime di pubblicizzazione dell’impiego delle disponibilità del fondo in relazione anche ad un singolo esercizio finanziario, abbandonando così il tradizionale ancoramento della dotazione del fondo al periodo quinquennale di riferimento delle assegnazioni statali.
Relativamente al periodo 1991-1999, invece, si è registrato un vuoto normativo colmato soltanto con la legge finanziaria del 2000, legge che ha disposto due limiti di impegno da attualizzare a saldo di quanto dovuto dal 1991 al 2000.
A partire dal 2001(dall’entrata in vigore della legge sull’elezione diretta del Presidente della Regione, e quindi dal primo governo regionale presieduto da salvatore Cuffaro, le normative nazionali preposte alla determinazione anno per anno del contributo sono diventate ricettacolo di specifiche clausole riguardanti finalità e modalità di utilizzo delle assegnazioni. In particolare, si è stabilito di ancorare l’erogazione dei contributi alla redazione di un piano economico degli investimenti che la Regione siciliana è tenuta a realizzare e finalizzato all’aumento del rapporto tra PIL regionale e PIL nazionale. Tale disposizione va letta in combinato disposto con la revisione dello spirito di fondo dell’art. 38 E cioè che il differenziale di reddito tra la Sicilia e la media nazionale, oggetto dell’intervento perequativo dell’art. 38, si poteva leggere come indice della minore capacità contributiva dell’Isola da cui derivano a cascata minori entrate per la Regione e, dunque un deficit nella capacità di finanziamento delle sue finalità generali.
In linea con tale ragionamento, l’indice sul quale commisurare l’ammontare del fondo dovrebbe a buon diritto (ed è questo l’orientamento adottato) essere rappresentato dalla differenza tra le entrate tributarie della Regione e quelle che avrebbe percepito qualora il reddito medio dei suoi contribuenti fosse stato uguale al reddito medio nazionale.
Risparmieremo ai nostri lettori il processo tecnico sviluppato e diamo contezza dei risultati:
CONFRONTO FRA QUANTO DOVUTO E QUANTO INCASSATO A TITOLO DI FONDO DI SOLIDARIETÀ NAZIONALE (MILIONI EURO)
ANNO | IMPORTO DOVUTO AI SENSI DELL’ART. 38
(A) |
INCASSO
COMPLESSIVO (B) |
IMPORTO NON CORRISPOSTO
(A – B) |
1990 | 2250,7 | 95,6 | 2155,1 |
1991 | 2791,2 | 0,002 | 2791,2 |
1992 | 3118,9 | 677,9 | 2441 |
1993 | 3290,7 | 558,3 | 2732,4 |
1994 | 3788,5 | — | 3788,5 |
1995 | 4818,1 | — | 4818,1 |
1996 | 5084,1 | — | 5084,1 |
1997 | 5334 | — | 5334 |
1998 | 5598,6 | — | 5598,6 |
1999 | 5936,7 | — | 5936,7 |
2000 | 6049,3 | — | 6049,3 |
2001 | 5741,9 | 36,6 | 5705,3 |
2002 | 5958 | 101,7 | 5856,3 |
2003 | 7318,4 | 870,7 | 6447,7 |
2004 | 7594,9 | — | 7594,9 |
2005 | 5937,5 | 253,8 | 5683,7 |
2006 | 6120,3 | 220,5 | 5899,8 |
2007 | 7609,2 | 326 | 7283,2 |
2008 | 7602,5 | — | 7602,5 |
2009 | 7055,1 | 155,5 | 6899,6 |
2010 | 7417,9 | 20 | 7397,9 |
2011 | 8318,1 | 20 | 8298,1 |
2012 | 7583,1 | 20 | 7563,1 |
2013 | 7475,8 | 17 | 7458,8 |
2014 | 7611,3 | 10 | 7601,3 |
2015 | 7697,2 | — | 7697,2 |
TOTALE | 155.102 | 3.383,6 | 151.718,4 |
Avete letto bene!
Dallo studio comparativo si evince come dal 1990 al 2015 manchino all’appello complessivamente circa 152 miliardi di Euro.
E non finirà qui.
Fino a quando al governo della Regione e all’Assemblea regionale siederanno ascari e servi di Roma – quelli che hanno creato prima e fatto crescere a dismisura nel tempo la disparità di potere negoziale fra Stato e Regione, a tutto vantaggio del primo – la situazione non cambierà.
Io, Voi, noi tutti abbiamo o no il dovere di porre al Presidente della Repubblica, al Presidente del Senato e a tutti i deputati nazionali e regionali eletti in Sicilia una semplice domanda: Perché?
Sul tema:
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