Maria ‘Marietta’ De Felice fu una delle protagoniste del movimento dei Fasci siciliani dei lavoratori, grande rivolta popolare andata in scena in Sicilia alla fine dell’800, repressa nel sangue dal siciliano rinnegato Francesco Crispi. Accanto a lei ci sono state altre donne siciliane protagoniste di un’epopea di riscatto, di redenzione, di lotta popolare e di rivendicazioni civili
Oggi ricorre l’anniversario della nascita di Maria ‘Marietta’ De Felice, nata il 12 ottobre 1878 a Catania
Così la descrisse un giornalista di quel tempo:
“Una gentile quattordicenne straordinariamente animata dalla fede nel socialismo, che parla al popolo col fervore di una missionaria e che per il sesso e per l’ età suscita sulle masse un vero fascino”.
Giovanissima, dunque, fu tra i protagonisti del movimento dei Fasci dei Lavoratori, una storia epica e nobile etichettata dalla storiografia di regime come una ribellione sconclusionata e che fu barbaramente repressa nel sangue per ordine di un siciliano rinnegato, Francesco Crispi.
I siciliani tutti, uomini e donne di oggi, devono sapere che tante donne siciliane parteciparono attivamente a quello straordinario movimento di lotta, costituendo al suo interno numerose sezioni femminili; nessuno poi deve dimenticare le donne siciliane che furono protagoniste dell’epopea, un’epopea di riscatto, di redenzione, di lotta popolare e di rivendicazioni civili.
Donne che furono in prima linea nei cortei e negli scioperi; donne che arringavano gli scioperanti; donne che vigilavano durante le elezioni municipali perché i loro uomini andassero a votare; donne che curavano gli aspetti organizzativi delle manifestazioni.
Uno scandalo inconcepibile per l’Italietta bigotta di allora!
L’attivismo femminile nella battaglia dei Fasci si manifestò anche nei momenti più duri e difficili, come quelli degli scontri di piazza. E c’è del sangue femminile fra quello versato dai militanti in lotta: il sangue di Anna Oliveri, di Concetta Lombardo, di Maria Spinella, di Cira Russo.
Quando venne proclamato lo stato d’assedio (uno dei tanti, ma questo lo sapete già, lo Stato italiano risolveva con le armi i conflitti sociali..), il Tribunale militare di guerra (guerra!) condannò pure due donne: Cira Lombardo e Rosa Di Galbo.
Se dunque vogliamo lottare concretamente contro la rassegnazione di oggi, quella militanza deve essere ricordata, liberata dagli archivi della “damnatio memoriae” del conformismo, come esempio vivissimo di una forma di militanza mai doma, come archetipo storico per le battaglie democratiche di domani.
Foto tratta da cosavostra.it
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