Il coraggio di due giovani servitori dello Stato che hanno pagato con la vita il loro impegno nello scovare i mafiosi latitanti
Oggi dedichiamo il nostro MATTINALE al 33esimo anniversario della scomparsa di Emanuele Piazza e Gaetano Genova. Il primo era un agente dei servizi segreti italiani, il secondo un vigile del fuoco. Due uomini dello Stato che lavoravano contro la mafia. Per la precisione, collaboravano con lo Stato per la cattura dei latitanti di mafia. I due si conoscevano. “Entrambi – leggiamo su Reference POST – furono rapiti e vittime della lupara bianca. Si ritiene che Genova avesse fornito a Piazza indicazioni che si rivelarono fondamentali per l’arresto di Giovanni Sammarco, un mafioso latitante, all’interno di un centro sportivo. Il Genova, come secondo lavoro, faceva piccoli lavoretti per una piccola impresa edile che si stava occupando della ristrutturazione del palazzetto. Fu in quella occasione che, probabilmente, vide e riconobbe il Sammarco e lo comunicò al cacciatore di latitanti Emanuele Piazza. Dopo quel 30 marzo, di Gaetano Genova non si seppe più nulla” (qui per esteso l’articolo di Reference POST). Emanuele Piazza, leggiamo si WIKIPEDIA, “Iniziò la sua carriera nella Polizia di Stato, presso la scuola allievi guardie Alessandria. Successivamente assegnato alla Scuola Tecnica Polizia Roma (addestramento metodico con tutte le armi in dotazione) Centro Sportivo Sezione Lotta Fiamme Oro. Dal gruppo sportivo d’ufficio, viene assegnato all’Ispettorato Quirinale servizio scorta dell’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini ed infine assegnato al centro Interprovinciale Criminalpol della Questura di Roma. Successivamente, dimessosi ritorna nella propria città natale, operò come agente dei servizi segreti italiani nel SISDE, occupandosi della ricerca di soggetti latitanti. Riuscì a far arrestare il latitante mafioso Giovanni Sammarco ed in seguito ad una perquisizione furono trovate armi, autovetture e motocicli all’interno del quartiere popolare di Palermo denominato Zen. Emanuele Piazza scompare dalla propria abitazione di Palermo in località Sferracavallo, il 16 marzo 1990” (qui per esteso la storia di Emanuele Piazza).
L’antimafia ‘francescana’ ricordata da Andrea Piazza
“Rilanciamo l’antimafia etica ‘francescana’ non foraggiata da elargizioni pubbliche ed il progetto per il rifacimento del marciapiede di viale Croce Rossa e trasformarlo in un luogo identitario in memoria di tutte le vittime uccise dalla mafia”. Così si legge nel manifesto della manifestazione che è stata celebrata nel pomeriggio di Giovedì 16 Marzo, a Palermo, in Piazza Giovanni Paolo II. Incontro moderato da Andrea Piazza (fratello di Emanuele Piazza), prezioso collaboratore di questo blog. Il richiamo all’antimafia “etica ‘francescana’ non foraggiata da elargizioni pubbliche” è importante: basti pensare a quello che è avvenuto con i sequestri e le confische di beni nel nome della mafia, o alle avventure, chiamiamole così, di Antonello Montante, per lunghi anni ai vertici di Confindustria Sicilia. Ma è anche importante per sottolineare la differenza tra chi fa antimafia senza elargizioni pubbliche e chi, invece, fa antimafia ricevendo denaro pubblico. Legittimo, per carità, il sostegno pubblico. Però la differenza tra antimafia senza denaro pubblico e antimafia con il denaro pubblico c’è, e Andrea Piazza fa bene a sottolinearlo. Visto che si parla di antimafia approfittiamo per ricordare un giornale, che oggi non c’è più, che di antimafia ne ha fatta tanta, anche quando non era esattamente comodo e facile scrivere di mafia. Ci riferiamo al quotidiano L’Ora di Palermo che ha chiuso i battenti nel Maggio del 1992. Giornale che negli ultimi anni di vita è andato avanti con grandi difficoltà.
Chissà perché nessuno ha mai pensato di raccontare gli ultimi dieci anni del giornale L’Ora di Palermo
Ebbene, così com’è importante l’antimafia ‘francescana’ è anche importante ricordare gli ultimi dieci anni del quotidiano L’Ora, fino ad oggi – a modesto giudizio di chi scrive – sottovalutati. Qualche tempo fa abbiamo visto che anche la televisione ha ricordato il giornale L’Ora, incentrando la sua storia sugli anni della direzione di Vittorio Nisticò, figura storica di questo quotidiano. Tutto giusto. Però, fino ad oggi, rimangono trascurati, se non oscurati, gli ultimi dieci anni del giornale L’Ora: è questo è un errore. Non lo stiamo scrivendo perché l’autore di questo articolo è stato uno dei giornalisti dell’ultimo L’Ora ma per fatti oggettivi ed obiettivi. Il giornale L’Ora degli anni ’80 del secolo passato e lo è stato fino alla chiusura avvenuta, come già ricordato, nel Maggio 1992. Questo quotidiano era ‘ferratissimo’ nella cronaca nera e nella cronaca giudiziaria e ha raccontato in modo puntuale la guerra tra vecchia e nuova mafia tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80. Ha raccontato l’avvento dei Corleonesi al vertice di Cosa nostra siciliana. Ha raccontato la Palermo ‘nera’ quando andava in scena la macabra mattanza con una terribile media di un morto al giorno. Ha raccontato i ‘delitti eccellenti’ degli anni ’80. Il giornale L’Ora – meglio di qualunque altro giornale dell’epoca – ha raccontato la lunga e tormentata stagione di Giovanni Falcone, fino alla sua partenza per Roma. E l’ha fatto con ‘battitori’ di giudiziaria del calibro di Piero Melati e Giuseppe Lo Bianco, per citare solo due nomi. E ha raccontato anche le storie di Emanuele Piazza e di Gaetano Genova. E’ stato anche uno dei pochi giornali che, nei primi anni ’80, ha posto il tema dello sviluppo economico siciliano, dedicando all’economia dell’Isola un supplemento settimanale di economia. Il giornale L’Ora ha raccontato anche la caduta della grande imprenditoria siciliana di quegli anni, una caduta funzionale agli interessi dell’imprenditoria del Nord Italia a caccia dei fondi della legge nazionale numero 64 per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno. E con la sapiente direzione di Anselmo Calaciura, grande giornalista, ha raccontato anche la politica siciliana di fine anni ’80-primi anni ’90, segnalando in anticipo la crisi della sinistra e le contraddizioni dell’ultima Democrazia Cristiana siciliana. A Maggio del 1992, due settimane prima della strage di Capaci, non è andato più in edicola. Chiusura non casuale? Il dubbio rimane. Quella del L’Ora era una redazione giovane, con una netta prevalenza di ventenni e trentenni. Difficile, se non impossibile, da controllare. Detto questo è strano che a nessuno sia venuto in testa di puntare i riflettori sul giornale L’Ora degli anni ’80-primi anni ’90. E’ veramente strano se si pensa che ancora oggi quella stagione di mafia e antimafia è ancora al centro del dibattito pubblico. Esageriamo se scriviamo che l’ultima stagione del quotidiano L’Ora è stata importante quanto, se non di più, di altre stagioni? No, non crediamo di esagerare.
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