- Da oltre sei mesi una speculazione ribassista colpisce il grano duro del Sud Italia e della Sicilia. Le responsabilità politiche del Governo nazionale di centrodestra che ha affossato la CUN grano duro. Una chiacchierata con Mario Pagliaro, chimico del Cnr, su grano duro, pane ed energia
- L’ondata di gelo ridurrà la produzione di grano del Nord America
- Perché il prezzo del gas va giù mentre le bollette sono sempre ‘salatissime’?
Da oltre sei mesi una speculazione ribassista colpisce il grano duro del Sud Italia e della Sicilia. Le responsabilità politiche del Governo nazionale di centrodestra che ha affossato la CUN grano duro. Una chiacchierata con Mario Pagliaro, chimico del Cnr, su grano duro, pane ed energia
Il prezzo del grano duro in Italia scende settimana dopo settimana. In Sicilia, addirittura, lo pagano meno di 40 euro al quintale. In Sicilia un ciclone ha appena finito di apportare enormi danni nella parte più florida dell’Isola, quella orientale. Il prezzo dell’energia, nonostante gli annunci, resta impagabile. Del prezzo del pane non parla nessuno. Esattamente come dell’inflazione. Siamo tornati dunque a sentire Mario Pagliaro, con il quale di questi temi intratteniamo da anni un dialogo seguito in tutta Italia.
Gli agricoltori lucani e quelli pugliesi che producono grano duro hanno protestato, dicendo che a questi prezzi per loro è la fine. Noi abbiamo scritto che, non facendo partire la CUN grano duro – la Commissione Unica Nazionale che dovrebbe bloccare alla fonte le speculazioni al ribasso sul prezzo del grano duro- il Governo nazionale sta penalizzando i produttori di grano duro italiani e, segnatamente, meridionali e siciliani, favorendo gli industriali. Retro-pensiero: non è che, per caso, stanno cercando di fregare gli agricoltori meridionali mentre all’estero i prezzi del grano duro sono più elevati?
“E’ esattamente così. L’Algeria ha appena chiuso l’acquisto del primo lotto da 30.000 tonnellate di grano duro, con consegna pressoché immediata a metà Febbraio, a 450 dollari la tonnellata (come potete leggere qui). Come fa il prezzo del grano duro trasportato via nave in grandi quantità ed acquistato all’asta, peraltro internazionale, ad essere superiore a quello venduto presso i silos delle cooperative o delle grandi aziende cerealicole di Lucania, Puglia e Sicilia?”.
L’ONDATA DI GELO RIDURRA’ LA PRODUZIONE DEL GRANO DEL NORD AMERICA
Allora veramente siamo al de profundis del grano duro italiano e siciliano? O i nostri ceralicoltori hanno qualche speranza?
“Hanno più che una generica speranza. Per 3 anni, a causa del crollo delle esportazioni canadesi, le aziende agricole del grano meridionale hanno beneficiato di prezzi alti e in costante crescita. Poi, lo scorso anno, sono arrivati aumenti senza precedenti del costo di urea e gasolio. I prezzi all’inizio sono rimasti abbondantemente sopra i 500 euro a tonnellata. Poi, con il ritorno massivo del grano canadese sul mercato globale intorno al mese di Ottobre, hanno iniziato a scendere. Eppure, nonostante il Canada abbia già esportato la quantità di grano più grande mai esportata – 2,8 milioni di tonnellate a fine Gennaio – il prezzo come dice l’asta algerina appena conclusa resta di 450 dollari a tonnellata, ovvero 45 euro al quintale. Il Canada e l’intero Nord America sono da mesi investiti da continue ondate di gelo, non certo favorevoli alla coltura del grano. In breve, fra pochi mesi l’export canadese potrebbe tornare ai livelli dei tre anni precedenti o essere addirittura inferiore. A quel punto, il prezzo del grano duro verrebbe trainato a livelli altamente remunerativi proprio per gli agricoltori che hanno saputo resistere a questa fase ribassista che dura dall’Autunno”.
Infatti, c’è una cosa che non capiamo. L’inflazione è fuori controllo: i prezzi di tutti i beni di prima necessità aumentano di settimana in settimana, e gli unici prezzi che scendono sono quelli del grano o dell’uva da tavola siciliana…
“Infatti, a scendere sono i prezzi riconosciuti dagli intermediari commerciali ai produttori agricoli: ma è un meccanismo che funziona solo se sai di poter disporre di una fornitura alternativa a basso prezzo con cui imporre al produttore un prezzo che può persino essere sottocosto per il produttore, come nel caso dell’uva da tavola. Pura lotta di classe fra capitale e lavoro. Ma se questa alternativa non ce l’hai più, il meccanismo si rompe, come è successo per il grano duro negli ultimi tre anni. E come accade adesso per l’olio d’oliva extravergine. Il cui prezzo è salito al record storico (6,3 euro al kg a Bari per l’olio non biologico a metà Gennaio (come si legge qui), e da allora ulteriormente cresciuto. E’ successo, semplicemente e come ci eravamo detti a fine 2021 (come potete leggere qui), che la produzione spagnola e quella tunisina sarebbero diminuite fortemente. Quella spagnola nella stagione corrente è crollata del 50 per cento (come potete leggere qui)”.
PERCHE’ IL PREZZO DEL GAS VA GIU’ MENTRE LE BOLLETTE SONO SEMPRE ‘SALATISSIME’?
Senta, lei è un grande esperto di energia. Ci spiega come mai con il prezzo del gas tornato a meno di 60 euro per megawattora, il prezzo dell’energia elettrica continua ad essere impagabile con le bollette che rimangono ‘salatissime’?
“Una cosa è il prezzo finanziario su un mercato speculativo borsistico come il TTF, e un’altra la disponibilità effettiva di gas, specie in un’ottica di 2-3 anni e non di poche settimane. La Russia, che era di gran lunga il primo fornitore dell’Italia, a Gennaio è scivolata al quinto posto. Il prezzo finanziario del gas è crollato da 300 a meno di 60 euro per megawattora, eppure le stime del calo del prezzo dell’elettricità sul cosiddetto mercato tutelato attese per fine Marzo parlano di una riduzione del prezzo del 20 per cento (come potete leggere qui). Fino a quando le tensioni nelle relazioni internazionali non saranno risolte, i prezzi dell’energia in Europa sono destinati a restare elevati: incamerano infatti forti rischi dovuti proprio al rischio sulla disponibilità futura delle fonti energetiche primarie, gas e petrolio in testa.
E’ per questo che il prezzo del pane resta alto e addirittura continua a crescere?
“Certo. Nella ricca Alcamo, circondata da vigne e campi di grano, l’anno scorso il prezzo del pane è stato aumentato 4 volte in un solo anno (come potete leggere qui). A Palermo in molti esercizi ha raggiunto i 5 euro al chilo. A Corleone, una cittadina che sorge su una montagna che emerge fra enormi campi di grano, a fine Ottobre i panificatori si sono riuniti ed hanno aumentato il prezzo da 2,8 a 4 euro al chilo (come potete leggere qui). Accanto agli aumenti dei costi energetici senza precedenti storici, i panificatori registrano analoghi aumenti di farina, lievito e persino della carta da imballaggio. E la ragione è la stessa: qualsiasi bene incorpora il prezzo dell’energia necessario a produrlo. Se quest’ultimo aumenta radicalmente, lo stesso faranno tutti i beni, inclusi farina, lievito e carta”.
In una situazione così complessa, quale potrebbe essere un messaggio di speranza per i nostri lettori in Sicilia?
“Ce ne sono moltissimi. Mi limito a due. In piena emergenza sanitaria, ci permettemmo di scrivere che la Sicilia sarebbe divenuta in pochi anni la prima meta turistica italiana, dove singole città come Venezia o Firenze registrano da sole più visite della Sicilia in un solo anno. Nell’anno da poco concluso, la Sicilia ha conosciuto il maggiore boom turistico della sua storia. Inoltre, i siciliani stanno rapidamente imparando dall’esperienza del Cous Cous Fest con cui allungarono a tutto Settembre la stagione turistica a San Vito Lo Capo. Mi lasci solo ricordare il Mondiale di windsurf che lo scorso Autunno ha riempito Mondello di migliaia di avventori fra atleti, famiglie e turisti fin quasi al 10 Ottobre. Il secondo è l’agricoltura: nonostante il frazionamento delle produzioni e lo stato disastroso di strade e condutture idriche, sempre più gli agricoltori, ma anche gli allevatori e i titolari dei caseifici siciliani hanno compreso che raggiungendo direttamente i loro concittadini consumatori tanto attraverso i Mercati del Contadino che con Internet, beneficiano di introiti crescenti e finalmente remunerativi. Mentre i loro concittadini siciliani ne beneficiano tanto in termini di salute e qualità dei cibi che consumano, quanto di risparmio. Perché i prezzi dei prodotti agricoli, disintermediati da molteplici passaggi commerciali, sono più bassi di quelli che si ritrovano nei supermercati o nei centri commerciali”.
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