Cosa c’è dietro la crisi che ha azzerato l’industria cerealicola siciliana? Una inchiesta di TerraeLiberazione svela gli scenari. Ecco una anticipazione…
Negli anni Sessanta –in Sicilia- operavano 175 industrie della pasta; oggi si contano sulle dita di una mano. Che è successo? E’ questo il tema dell’inchiesta di cui si occuperà TerraeLiberazione nel prossimo numero della sua rivista e di cui pubblichiamo una sintesi:
“Nella Sicilia del Settecento –già pienamente e modernamente capitalistica-le previsioni generali sull’annata cerealicola venivano effettuate e centralizzate regolarmente dalla “Giunta dei Tre Ministri” , che autorizzava de facto il Vice Portulano ad aprire (o chiudere) le tratte di commercio internazionale nell’equilibrio col fabbisogno interno (riserva prudenziale)”.
Dopo le premesse storiche l’inchiesta parte dall’analisi:
“1- Il sistema-Italia è il principale “produttore-consumatore” di grano duro al mondo. E’ l’INDUSTRIA ALIMENTARE ITALIANA ad importare Grani dal Mondo –Barilla&C.- senza i quali fallirebbe in pochi mesi: circa metà della sua produzione miliardaria di paste, panettoni, biscotti, brioscin è esportata. Una “Battaglia del GRANO” per il made in Italy non ha nessun senso per loro: le farine industriali si ottengono mescolando grani diversi: per esempio i “grani di forza”, ricchi di proteine, sono fondamentali per prodotti lievitati come il panettone.
2- più del 50% del grano tenero e circa un terzo del grano duro sono di importazione: il tenero (triticum aestivum) serve per preparare diversi tipi di farine che poi vengono utilizzate per produrre pane e prodotti da forno; il grano duro (triticum durum) ha una composizione e struttura diversa e si usa per fare la pasta.
3- Circa il 40% dell’industria sementiera mondiale è Monsanto e DuPont. Il resto è controllato da una decina di altri gruppi: un cartello globale de facto. I 280.000 ettari di seminativo cerealicolo del “Granaio SICILIA” producono mediamente 8 milioni di tonnellate di frumento da sementi sterili tipo “MONSANTO” del tutto omologate alle qualità e alle logiche dell’AgroINDUSTRIA GLOBALIZZATA, alla sua Borsa di Chicago e ai suoi PARAMETRI di FORMAZIONE dei PREZZI: dal valore proteico alle micotossine (=Deossinivalenolo DON).
4- La superficie attualmente seminata a GRANI SICILIANI ANTICHI –semiclandestini e boicottati dalla LEGALITA’ COLONIALE- è di soli 3000 ettari su 280.000. Noi consideriamo SICILIANO AUTENTICO solo ed esclusivamente questo 1% del RACCOLTO 2016.
5- A prescindere: il GRANO a 18 cent. al Kg equivale alla desertificazione totale di vasti paesaggi agrari seminativi che sarebbe errato convertire ad altre colture di ripiego.
6- La distruzione della biodiversità granicola siciliana comincia mezzo secolo fa con l’adozione da parte dell’Italia dell’UPOV 91 (un accordo internazionale del 1991) la cui logica si risolve poi nelle logiche del W.T.O. (Organizzazione Mondiale per il Commercio). In breve: hanno aperto la via alla colonizzazione totalitaria dei grani imperialisti, regolarmente incentivati e sostenuti dalla PAC europea, rendendo CLANDESTINI i GRANI SICILIANI, peraltro proibendone ancora oggi lo SCAMBIO tra PRODUTTORI: si rischia l’arresto per spaccio!
” E’ una GUERRA SEGRETA lunga mezzo secolo. E’ toccata ai GRANI SICILIANI autentici. Tutti muti!. Ancora oggi –nel revival modaiolo dei grani antichi, che passerà presto- si stenta perfino a scriverlo! Coldiretti e gli “ambientalisti colorati” non lo possono dire: non si deve sapere che “il nemico è a casa nostra”: è MONSANTO&C., è BARILLA&C. Negli anni Sessanta –in Sicilia- operavano 175 industrie della pasta; oggi si contano sulle dita di una mano (e avanza un dito: il medio!). Che fine hanno fatto?
7– I GRANI SICILIANI ANTICHI sono un piccolo fenomeno di tendenza: per certi aspetti una buona moda di nicchia, che, se non altro, è utile a proteggerli. Ma le contromisure sistemiche non tarderanno a farsi vedere.
A prescindere, nelle nebbie tricolorate viene occultata l’essenza “Made in Italy” della Questione GRANO. E’ una guerra combattuta anche a colpi di spot: se da un lato si minaccia un demenziale “blocco navale”, dall’altro si risponde col “Grano Aureo” tarantino sotto contratto con Barilla. Uno spot pubblicitario. Si tratta di 150 ettari = il nulla!. Da due anni il “grano Aureo” tarantino è sotto contratto con il Gruppo Barilla. La presentano il 2 agosto 2016 come la “good news” nella cosiddetta “guerra del grano” che in questi giorni vede i produttori sulle barricate per difendere il prezzo del frumento Made in Italy. Si tratta di “alcuni produttori cerealicoli locali” che hanno stipulato un “Contratto di filiera” in base al quale “il Gruppo Barilla, uno dei più importanti produttori di pasta del mondo, acquista tutto il loro raccolto di frumento a un prezzo minimo garantito”. Una goccia nel mare: l’anno scorso questi produttori raggruppati nel Consorzio Global Fresh Fruit hanno raccolto appena 2.000 quintali di frumento per un valore di 90.000 euro, mentre quest’anno hanno raccolto, sui 150 ettari circa 6.000 quintali per un valore di 180.000 euro. E’ uno spot di una campagna che si annuncia totalitaria”. (…)
Sul tema:
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La crisi del grano duro in Sicilia: le mani delle multinazionali sui grani antichi dell’Isola?
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