- Lo scenario di guerra in Ucraina si complica. Un canale Telegram ipotizza, addirittura, possibili attacchi alle navi petroliere russe
- La NATO e la Gran Bretagna al contrattacco con altre armi all’Ucraina
- Se il prezzo del petrolio dovesse scendere a 60 dollari al barile…
Lo scenario di guerra in Ucraina si complica. Un canale Telegram ipotizza, addirittura, possibili attacchi alle navi petroliere russe
“L’Occidente sta progettando di far saltare in aria le petroliere russe?”. La domanda la leggiamo in un post di un canale Telegram. Dove si sottolinea che gli assicuratori occidentali stanno annullando l’assicurazione contro i rischi di guerra in Russia, Ucraina e Bielorussia dal 2023. I nemici della Russia sono pronti a tutto”. La notizia che gli assicuratori navali hanno dichiarato che stanno annullando la copertura del rischio di guerra in Russia, Ucraina e Bielorussia la leggiamo anche nel report dell’analista dei mercati internazionali Sandro Puglisi. Nel report si dice che la mossa degli assicuratori fa seguito all’uscita “dalla regione da parte dei riassicuratori a fronte di forti perdite. I riassicuratori, che assicurano gli assicuratori – scrive Puglisi – in genere rinnovano i loro contratti di 12 mesi con i clienti assicurativi il 1° Gennaio, offrendo loro la prima opportunità di ridurre l’esposizione dall’inizio della guerra in Ucraina, dopo essere stati colpiti quest’anno da perdite legate al conflitto e dall’Uragano Ian in Florida. I club P&I (protezione e indennizzo) americani, del nord, del Regno Unito e dell’ovest non sono più in grado di offrire copertura del rischio di guerra per alcune passività nella regione dal 1° Gennaio. I Club sono tra i maggiori assicuratori P&I che coprono circa il 90% delle navi oceaniche del mondo”.
La NATO e la Gran Bretagna al contrattacco con altre armi all’Ucraina
Da quello che si capisce – cosa che abbiamo più volte scritto nelle ultime settimane – non sembra ci sia molta voglia di arrivare alla pace in Ucraina: anzi. Come i nostri lettori sanno, noi seguiamo i report di Puglisi e, partendo dalle notizie che leggiamo in questi report, proviamo ad approfondirle. I russi vanno pesanti con i bombardamenti, ma l’Occidente non demorde. Il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha invitato gli Stati che fanno parte della stessa della NATO a fornire più armi all’Ucraina, affermando che “è nell’interesse dei Paesi NATO che l’Ucraina prevalga e Putin non vinca. Sappiamo – ha aggiunto – che la maggior parte delle guerre finisce al tavolo dei negoziati e probabilmente anche questa guerra finirà così. Ma sappiamo che ciò che l’Ucraina può ottenere in questi negoziati dipende esclusivamente dalla situazione militare in cui si troverà al momento dei negoziati”. La scorsa settimana gli Stati Uniti hanno annunciato quasi 2 miliardi di dollari in ulteriori aiuti militari, incluso il Patriot Air Defense System, che offre protezione contro aerei, navi da crociera e missili balistici. La Gran Bretagna non è di meno, visto che ha fatto sapere di aver fornito all’Ucraina più di 1.000 metal detector e 100 kit per disattivare le bombe e per aiutare a ripulire i campi minati. Il ministro della Difesa, Ben Wallace, ha dichiarato che la Gran Bretagna stanzierà 2,3 miliardi di sterline ($ 2,8 miliardi) in aiuti militari all’Ucraina nel 2023, pari all’importo fornito quest’anno. Tutto questo – lo ribadiamo – mentre la Russia continua a bombardare le infrastrutture ucraine.
Se il prezzo del petrolio dovesse scendere a 60 dollari al barile…
Domanda: come si inserisce, in questo contesto, un eventuale coinvolgimento delle navi petroliere russe? Ragionando sui dati economici che leggiamo nei report di Puglisi, siamo portati a pensare che un eventuale attacco alle petroliere russe paventato in un canale Telegram potrebbe non essere legato al contesto militare ma all’andamento dell’economia. Puglisi scrive nel report di oggi, 30 Dicembre 2022, che il prossimo anno il prezzo del petrolio potrebbe scendere fino a 60 dollari al barile. Ecco, ragionando in termini economici, si potrebbe porre la seguente domanda: ove si dovesse materializzare un prezzo del petrolio pari a 60 dollari al barile si potrebbero o no ipotizzare azioni sconsiderate finalizzate a dirottare la domanda asiatica dalle fonti di petrolio russe verso altre fonti? E’ questo il possibile scenario a cui fa riferimento la domanda che abbiamo letto in un canale Telegram?
Foto tratta da scenarieconomici.it
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