Via D’Ameliio, S.Borsellino: “Di Matteo braccato, magistrati imbavagliati”

19 luglio 2016

In via D’Amelio non c’era la folla pagata. Ma tutte persone che hanno qualcosa da raccontare e che ancora lottano per la verità. Sul banco degli imputati lo Stato “traditore” “colluso” “assassino”. Ed una assenza pesante: quella dei magistrati….

via D'Amelio

via D’Amelio 19 Luglio 2016

E’ una Palermo ferita a morte quella che oggi pomeriggio ha parlato in via D’Amelio, a Palermo. Sul palco, allestito davanti la casa della madre di Paolo Borsellino, lì dove 24 anni fa il tritolo dilaniò la vita di uno dei più grandi eroi siciliani e dei suoi angeli custodi (Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina), si sono susseguite storie drammatiche. Nessun politico, nessun ministro, nessun pappagallo ammaestrato per l’occasione, ma testimonianze dei familiari delle vittime.

Mogli, fratelli, figli di siciliani morti ammazzati e nessuno sa ancora perché. Nessuno di loro crede alla ‘favoletta’ del mafioso arrivato dalla campagna. Tutti hanno parlato di “uno Stato colluso”, di uno “Stato assassino” di “depistaggi” di “traditori ai più alti livelli”. Il fratello di Peppino Impastato, Giovanni,  è stato tra i più espliciti: “Non c’è contrapposizione tra mafia e Stato, la mafia è dentro lo Stato”.  

Ma anche gli altri non hanno scherzato. Spingendosi fino a toccare i fili dell’alta tensione: Gladio, la P2. Lo ha fatto una ragazza leggendo alcuni passi della relazione che Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna, ha divulgato in occasione dell’approvazione del reato di depistaggio per cui ha lottato anche il movimento Agende rosse:

“Il 5 Luglio 2016 è una data storica perché è stato approvato il reato di depistaggio e forse oggi avremmo avuto giustizia se ci fosse stato prima. E’stato approvato  23 anni dopo la strage di Bologna”. E, ancora, sempre dalla relazione: “I mandanti non si sono mai seduti sul banco degli imputati. Negli anni dello stragismo abbiamo compreso che all’interno dello Stato c’è un Anti Stato: alti ufficiali piduisti che hanno agito per deviare il corso della giustizia usando anche Gladio o l’Anello, implicati nelle più torbide vicende della nostra storia.  Prove distrutte, testimoni morti ad orologeria. Un depistaggio che dura ancora oggi”.

Riferimenti di certo non casuali che ci rimandano a quanto sostenuto dal movimento Terra e Liberazione (lo abbiamo conosciuto qui), ovvero che le stragi palermitane sono da rileggere nel contesto del “golpe che travolge la prima Repubblica e che si caratterizza anche per l’operazione Britannia” (ve ne accenniamo qui), quell’operazione, cioè, che portò le élite della finanza mondiale a decidere del destino (la privatizzazione) degli asset più strategici del Paese.

“Borsellino- si chiede Terra e Liberazione in questo post– cercava Gladio”?

Tornando in via D’Amelio, a prendere la parola è stato anche Vincenzo Vullo, l’unico sopravvissuto della strage del 19 Luglio 1992: “Sconfiggiamo la mafia dice lo Stato, ma non hanno mai dato un senso a queste parole”. La sua storia è quella di un uomo segnato profondamente dal tragico episodio di cui è stato vittima (ferito nel corpo e nell’anima), anche se si è salvato: era sulla seconda macchina della scorta che si era fermata più avanti dell’auto da cui scesero Borsellino e i suoi agenti.

Di “Stato assassino” ha parlato senza giri di parole Rossella dell’associazione Cento per cento in movimento, nata anche grazie al fratello di Beppe Montana. “Altro che patrigno, è uno Stato assassino che ci ha tolto i figli migliori”. 

C’erano anche i sindacati di polizia. Che hanno ironizzato, amaramente, sulla lotta alla mafia: “Non c’è un politico che si salva. Ci lasciano pure senza giubbotti anti proiettili. Solo parole da loro, altro che lotta alla mafia”.

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Salvatore Borsellino

Tutti gli interventi sono stati legati da un tragico filo rosso: lo Stato sul banco degli imputati. Non solo per il passato, anche per il presente. 

Lo ha urlato Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, che si è soffermato sulla “pesante assenza dei magistrati da via D’Amelio”. Una assenza non casuale, ha detto Borsellino che ha subito parlato di Nino Di Matteo:”Mi ha detto che si sente braccato e se oggi non è qui è perché hanno imbavagliato i magistrati. Non c’è lui e non ci sono altri magistrati”.

Borsellino si riferisce alla direttiva del Procuratore, Francesco Lo Voi, che impedisce ai magistrati della Procura di parlare con la stampa.

“Sapete cosa dicono quando mostriamo la nostra preoccupazione per Di Matteo? Che ha 14 uomini della scorta. Il che vuol dire solo- ha continuato Borsellino- che se decidono di fare un attentato rischieranno la vita 14 uomini. Solo questo sanno dire”.

Non è stato l’unico a parlare di Di Matteo. Tutti d’accordo sul perché del suo isolamento: le indagini sulla trattativa Stato-mafia.

“Che ci sia stata- ha commentato il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando- non c’è dubbio. Manca la verità processuale e dobbiamo lottare per averla”

E’ una Palermo che piange quella che abbiamo visto in via D’Amelio. Per i suoi morti, ma ancora di più per una verità negata. Per una giustizia che non c’è.

Paolo Borsellino

Paolo Borsellino

Qualcuno dice che non c’era tantissima gente in via D’Amelio, ma di certo c’erano persone disposte a raccontare qualcosa, disposte a sfidare l’omertà di Stato. Poco importa se il ministero non ha speso un euro per organizzare una gita palermitana ai ragazzi di tutta Italia. Poco importa se non c’erano ministri, pupi e pupari pronti a commuoversi al suono delle loro stesse parole, soprattutto quando una telecamera li inquadra.

Questa è la Palermo che non si accontenta delle pupiate. E che ancora lotta. 

Paolo Borsellino è un eroe Siciliano, non italiano. L’Italia lo ha tradito, i suoi politici restino a casa!

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