- Ciò significa che i Paesi europei che debbono acquistare beni in dollari americani debbono spendere di più
La Banca Centrale americana continua a picchiare duro. Che farà la Ue?
La FED, la Banca Centrale degli Stati Uniti d’America, procede come un rullo compressore. E si accinge a portare il tasso di riferimento attorno al 4%. Non vengono esclusi altri aumenti già all’inizio del prossimo anno. “Nel commercio di valuta – leggiamo nel report dell’analista dei mercati internazionali, Sandro Puglisi – il tasso di cambio del dollaro è aumentato rispetto ad altre valute a causa degli aumenti dei tassi della FED e dei timori di recessione. Lo yen è sceso ulteriormente a 146,85 per dollaro dopo aver toccato il minimo di 24 anni di 145,85 Mercoledì. L’euro è sceso a 96,02 centesimi da 97,06 centesimi”. Insomma, un punto secco in meno. Questa non è una bella notizia. Ciò significa che i Paesi europei che debbono acquistare beni in dollari americani debbono spendere di più. Le commodity agricole, ad esempio, a cominciare dal grano, si pagano in dollari. E’ importante osservare quanto sta succedendo nel rapporto dollaro-euro contestualmente all’andamento della guerra in Ucraina e, in generale, all’andamento dell’economia nel mondo. Perché se è vero che in America l’inflazione è ancora presente e ‘morde’, è altrettanto vero che con l’attuale ‘aggressiva’ politica dei tassi di interesse al rialzo gli Stati Uniti d’America stanno mettendo in difficoltà mezzo mondo. Che farà adesso – tanto per citare un esempio – la tanto celebrata BCE, la Banca Centrale Europea? Chi vuole capire, capisca…
Foto tratta da Finaria
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