- Succede in Sicilia – ma forse non soltanto in Sicilia – con il pomodoro datterino
- Una possibile spiegazione: l’uso del prodotto di scarto. Ma c’è un ma…
- La verità è che la globalizzazione ha fatto venire meno il legame di un prodotto con il territorio: così oggi il pomodorino di Pachino e il datterino si coltivano ovunque
- Il tramonto del pomodoro Siccagno di Sicilia
- Quando a Pachino arrivò il pomodorino coltivato in Camerun! Come i commercianti penalizzano gli agricoltori
Succede in Sicilia – ma forse non soltanto in Sicilia – con il pomodoro datterino
Agricoltura: può un prodotto trasformato costare molto meno di un prodotto fresco? In Sicilia – e forse non soltanto in Sicilia – succede con il pomodoro. Abbiamo cominciato a riflettere su questo ‘mistero’ qualche giorno fa, quando abbiamo letto una pubblicità gigante che promuove la salsa di pomodoro datterino. Ebbene, una confezione di salsa di pomodoro datterino da poso più di mezzo litro è in vendita al prezzo di 1 euro. La cosa ci ha lasciati molto perplessi. Perché? Perché, da tempo, un Kg di pomodoro datterino, nei centri commerciali, non si acquista a meno di 4 euro. Questo qualche mese addietro, oggi il prezzo è cresciuto. La spiegazione? L’inflazione più o meno legata alla guerra in Ucraina. Oggi, nei centri commerciali, è possibile acquistare confezioni di pomodoro datterino da 200-250 grammi a 2 euro e forse anche qualcosa in più. Va un po’ meglio nei mercatini rionali, dove il pomodoro datterino si trova anche a 3 euro al Kg e, qualche volta, anche a un prezzo inferiore a 3 euro. Superfluo aggiungere che se, bene o male, nei centri commerciali c’è un’indicazione di massina circa il paese di provenienza del pomodoro (di qualunque pomodoro, non solo del datterino), nei mercatini rionali ci si deve fidare: e non è da escludere che il pomodoro datterino arrivi dall’Africa. Ma anche a 3 euro al Kg, anche a 2 euro al Kg, resta la domanda: come può la salsa di pomodorino datterino – che è un prodotto trasformato – costare meno del pomodoro datterino fresco? Ricordiamoci che nel prodotto trasformato, rispetto al prodotto fresco, ci sono costi oggettivi: la lavorazione del prodotto (in questo caso del datterino), il confezionamento e la distribuzione. Tali costi dovrebbero fare lievitare il costo del prodotto trasformato, non ridurlo!
Una possibile spiegazione: l’uso del prodotto di scarto. Ma c’è un ma…
Abbiamo chiesto ‘lumi’ a un nostro amico agricoltore. Che ci ha spiegato che sì, l’anomalia c’è, ma bisogna ricordare – ci ha detto – che il pomodoro che finisce all’industria, spesso, è il prodotto scartato che non può essere venduto fresco. E quindi, se lo devi gettare, beh, tanto vale trasformarlo e guadagnarci lo stesso. La spiegazione tiene. Anche se rimane una domanda: che cosa si intende per “prodotto di scarto”? Non dovrebbero essere – nel caso del pomodoro datterino – prodotti alterati da spaccature e altri problemi (per esempio, pomodori colpiti da attacchi fungini o dagli insetti). Il prodotto di scarto dovrebbe fare riferimento alla pezzatura, ovvero alle dimensioni del prodotto. Però, anche nel caso del datterino – ci siamo ricordati che il fenomeno della cosiddetta “coppatura” è presente anche nel datterino. Cosa si intende per “coppatura”? Semplice: nel confezionare il prodotto, i frutti o gli ortaggi migliori vengono posizionati nella parte visibile della confezione, mentre sotto finiscono i prodotti di pezzatura più piccola. Cosa, questa, che abbiamo notato sia nelle confezioni di datterino, sia nelle confezioni di pomodorino. Un altro limite nella spiegazione del nostro amico agricoltore sta nel fatto che gli scarti di pomodoro datterino, per reggere un’attività industriale, dovrebbero essere veramente tanti. E allora?
La verità è che la globalizzazione ha fatto venire meno il legame di un prodotto con il territorio: così oggi il pomodorino di Pachino e il datterino si coltivano ovunque
E allora è il caso di cercare altre possibili spiegazioni. Chi ha un po’ di memoria ricorderà che, in Italia, fino a prima dell’avvento dell’Unione europea liberista e ultra-globalista, per ogni prodotto agricolo c’erano i luoghi di produzione. Per citare un paio di esempi che riguardano proprio il pomodoro, il pomodoro San Marzano era una prerogativa non di tutta la Campania, ma di alcune aree della Campania; così come il pomodorino ciliegino della Sicilia era una prerogativa non di tutta la Sicilia, ma di alcune aree della Sicilia e, precisamente, di Pachino, in provincia di Siracusa. Accanto al pomodorino di Pachino è venuto fuori il datterino che, per essere precisi – almeno fino a una ventina di anni fa era così – veniva coltivato non nell’area di Pachino ma a Porto Palo di Capo Passero. Lo stesso discorso vale per il pomodoro Siccagno, altro tipico prodotto siciliano ottimo per produrre salsa, un pomodoro che veniva coltivato nell’entroterra della nostra Isola: a Valledolmo, a Scalafni Bagni, nel Corleonese, ad Alia Valleunga e a Villalba. Non erano distinzioni ‘scolastiche’ tanto per fare scena, ma distinzioni legate al territorio, in particolare alla natura dei terreni e, in parte, anche alle tecniche di coltivazione. Oggi il pomodoro Siccagno sta diventando una rarità. Il perché lo ha illustrato quattro anni fa Cosimo Gioia, agricoltore, produttore di grano duro nell’entroterra siciliano, un tempo anche grande produttore di pomodoro Siccagno che, ormai da alcuni anni, non coltiva più. Il perché lo ha illustrato quattro anni fa:
Il tramonto del pomodoro Siccagno di Sicilia
“Con il pomodoro Siccagno si produce un’ottima salsa di pomodoro – ci dice Cosmo Gioia -. Ma non siamo più nelle condizioni di produrre pomodoro Siccagno per il mercato. E questo nonostante ci sia il mercato, perché, lo ribadisco, il pomodoro di Valledolmo si vende bene. Ma ormai produrre è diventato difficile, se non impossibile. Il perché è presto detto – aggiunge Gioia -. Intanto ci scontriamo con chi, rispetto a noi siciliani, produce il pomodoro di pieno campo a prezzi bassissimi. Il costo del lavoro in Cina e in Africa è irrisorio. Impossibile competere. Poi noi utilizziamo in modo oculato pesticidi di ultima generazione che hanno un certo costo e sono sicuri. In certe aree del mondo, invece, utilizzano ancora pesticidi che in Italia sono stati banditi negli anni ’60 e ’70, prodotti chimici dannosi per la salute umana che costano pochissimo. Ribadisco: impossibile competere. Direte – aggiunge Gioia -: il pomodoro per salsa di Valledolmo si vende bene. Vero. Ma costa anche produrlo. E il costo del lavoro, per chi rispetta la legge, è impossibile da sostenere. Per chi non lo rispetta scatta l’accusa di ‘caporalato’. E, in ogni caso, i controlli non danno tregua. Insomma, tra costo del lavoro e controlli è meglio non coltivare più il pomodoro Siccagno. Noi, ogni anno – conclude Gioia – seminavamo a pomodoro di pieno campo non meno di venti ettari. E, talvolta, anche di più. Tra semina e raccolta davamo lavoro a un bel po’ di persone. Da qualche anno abbiamo smesso. E come me hanno smesso in tanti. Oggi coltiviamo, sì e no, un ettaro di superficie a pomodoro Siccagno. Quello che serve per la nostra casa. Mi chiede che passata di pomodoro mangiano i siciliani? Provi a rispondere lei” (qui per esteso il nostro articolo – con l’intervista a Cosimo Gioia – di quattro anni fa).
Quando a Pachino arrivò il pomodorino coltivato in Camerun! Come i commercianti penalizzano gli agricoltori
Da queste parole di Gioia possiamo provare a dare qualche spiegazione anche per il datterino. Ormai il datterino e il pomodorino di Pachino si coltivano ovunque. E’ scomparso il legame con il territorio. Datterino e pomodorino di Pachino si coltivano in tante aree della Sicilia, nel resto d’Italia e nel mondo. Qualche anno fa a Pachino si vendeva pomodorino di Pachino prodotto in Camerun! Ribadiamo: è scomparso del tutto il legame con il territorio. Tant’è vero che non sempre, nelle pubblicità e nelle stesse confezioni di prodotto travate scritto che le produzioni di pomodorino e datterino provengono da Pachino e meno che mai da Porto Palo di Capo Passero per ciò che riguarda il datterino. La verità è che ormai, con la globalizzazione dell’economia imposta da un’Unione europea sempre più deteriore, la qualità dei prodotti è andata a farsi benedire e trionfa solo il denaro. Questo può spiegare perché la salsa di datterino costa molto meno del datterino fresco? In buona parte sì. Basta porsi una semplice domanda: da dove arriva il datterino che viene trasformato in salsa? Se arriva da Paesi dove il costo del lavoro – come ricorda Gioia – è irrisorio e dove la produzione è massiccia grazie all’uso di pesticidi che eliminano insetti e altri parassiti ma sono dannosi per la salute umana, tutto diventa possibile. Forse potrebbe essere questa la spiegazione dell’arcano. non solo. Va anche ricordato che gli agricoltori, nella catena commerciale, sono l’anello debole. Quattro anni fa la situazione era questa: “La storia nota è che gli agricoltori di Pachino (e di Porto Palo di Pachino o di capo Passero, zona d’elezione per la produzione del datterino, altro pomodoro di alta qualità) vengono penalizzati dai commercianti. Ai produttori il pomodorino viene pagato 50,60, al massimo 80 centesimo al Kg. Per poi essere rivenduto a un prezzo maggiore: 3 euro e mezzo in media dalla Grande distribuzione organizzata della Sicilia, 7-8 euro al Kg nel Centro Nord Italia, oltre 10 euro al Kg in alcuni Paesi europei. La politica siciliana – parliamo della vecchia politica siciliana, centrodestra e centrosinistra – non ha mai fatto nulla per tutelare gli agricoltori dallo strapotere dei commercianti”. Da allora ad oggi è cambiata la situazione? Forse può essere leggermente migliorata, forse il margine per gli agricoltori è lievemente aumentato. Ma non troppo.
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