- Il numero dei candidati alla presidenza della Regione siciliana
- Nel 1987, quando i voti di certi quartieri di Palermo ‘abbandonarono’ la Dc per premiare, in parte, Radicali e Socialisti, si parlò di voto nei “quartieri ad alta densità mafiosa”
- Sarebbe bene, in occasione delle elezioni del 25 Settembre, intensificare i controlli a Palermo, nel resto della Sicilia e nelle altre Regioni del Sud
Il numero dei candidati alla presidenza della Regione siciliana
Su alcuni giornali dell’Isola c’è scritto che i candidati alla presidenza della Regione siciliana sono quattro: Cateno De Luca, Renato Schifani, Caterina Chinnici e, da poche ore, il vice presidente della Regione siciliana e assessore all’Economia, Gaetano Armao, che si candida con il Terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi. A noi, in verità, risulta che i candidati siano più di quattro. Eliana Esposito è candidata per il Movimento Siciliani Liberi. E ci dovrebbe essere anche la candidatura di Lillo Massimiliano Musso, segretario generale di Forza del Popolo (utilizziamo il condizionale perché nelle ultime ore non siamo riusciti a contattare Musso). Leggiamo qua e là di una “sfida a quattro”. A parte che – come già accennato – i candidati sono sicuramente cinque (infatti sui giornali è comparso il nome del quinto candidato, in questo caso candidata, la citata Eliana Esposito, con tanto di fotografia) e forse sei – a noi la sfida sembra un po’ più circoscritta. I candidati forti sembrano sei, e dovrebbero essere quelli che vengono ‘spinti’ dalle liste, e sono tre: Schifani (centrodestra) con sei liste, la Chinnici (centrosinistra) con quattro liste e Cateno De Luca (battitore libero) con tre liste (che potrebbero diventare sei). Se i grillini decideranno di non sostenere la candidata del PD, la Chinnici, quest’ultima – che già non sembra irresistibile – non avrebbe molte speranze la la sfida – per usare una parola che abbiamo letto su altri giornali – si ridurrebbe a due: Schifani contro Cateno De Luca.
Nel 1987, quando i voti di certi quartieri di Palermo ‘abbandonarono’ la Dc per premiare, in parte, Radicali e Socialisti, si parlò di voto nei “quartieri ad alta densità mafiosa”
Non possiamo non segnalare una stranezza: la grande presenza di manifesti di candidati di centrodestra – e segnatamente di Forza Italia – nei quartieri popolari di Palermo. Il fenomeno lo notiamo già da qualche giorno, quando il centrodestra non aveva ancora individuato il candidato alla presidenza della Regione siciliana, che è, per l’appunto, Renato Schifani. Siamo certi che, tra qualche giorno, i manifesti verranno aggiornati con l’aggiunta di “Schifani presidente”. Non è questa la sede per fare un po’ di storia su certi quartieri di Palermo che, nel 1987, vennero definiti “ad alta densità mafiosa”. In quell’anno si svolsero le elezioni politiche nazionali. E in questi quartieri della città – insolitamente, a dir la verità – presero un bel po’ di voti i Radicali e, soprattutto, i Socialisti di Bettino Craxi (capolista in Sicilia era Claudio Martelli). Questa storia dei “quartieri ad alta densità mafiosa” ci colpì tantissimo. Allora chi scrive non aveva compiuto ancora trent’anni. Già da quasi tre anni ci occupavamo di politica regionale per il quotidiano L’Ora di Palermo. La cosa ci colpì perché in questi quartieri, di solito, i voti andavano per lo più ai democristiani, ma a nessuno era mai venuto in mente di parlare di “quartieri ad alta densità mafiosa”. Ne parlarono alcuni personaggi legati a precisi settori della Chiesa di Palermo dell’epoca e della sinistra comunista proprio quando tali voti ‘abbandonarono’ in parte la DC. Quando tre anni dopo i voti di questi quartieri – alle elezioni comunali di Palermo del 1990 – come dire?, tornarono all’ovile, l’argomento si chiuse. Nessuno mai – e siamo arrivati ai nostri giorni – ha più parlato del rapporto tra elezioni e “quartieri ad alta densità mafiosa” di Palermo. Noi, però, notammo due cose: la prima nel 1987 quando la Dc venne ‘punita’, la seconda nel 1990, quando la Dc venne premiata (nel 1990 il Consiglio comunale di Palermo era formato da 80 consiglieri comunali e le Dc prese la metà circa dei consiglieri comunali). Capolista della Dc, alle elezioni comunali di Palermo del 1990, era Leoluca Orlando, considerato espressione del ‘rinnovamento’ che, però, aveva portato i voti del ‘rinnovamento’ alla vecchia Dc. Né i solerti uomini della Chiesa del ‘rinnovamento’, né altri si premurarono di analizzare i voti nei quartieri della città. L’argomento, mettiamola così, non era più ‘interessante’…
Sarebbe bene, in occasione delle elezioni del 25 Settembre, intensificare i controlli a Palermo, nel resto della Sicilia e nelle altre Regioni del Sud
Perché ricordiamo questo? Perché a nostro modesto avviso un’analisi del voto in certi quartieri di Palermo – dal 1994 ai nostri giorni – spiegherebbe tante cose. Palermo è sempre stata – e lo è tutt’ora, anche se i tempi e i modi sono cambiati – la ‘Capitale’ della mafia. E se c’è un principio che a Palermo non può essere applicato, quando si parla di mafia e politica, è che “gli elettori hanno sempre ragione”. Ammettiamo di essere tra quelli che, nel 1987, non si stracciarono le vesti per criticare l’offesa, quasi antropologica, insita nella definizione “quartieri ad alta densità mafiosa”. Per un motivo semplice: perché a Palermo “l’alta densità mafiosa” esiste per davvero. A noi, allora, ci colpì non tanto la natura della definizione, quanto il fatto che fosse stata tirata fuori quando i voti erano andati – ribadiamo, solo in parte – a partiti diversi da quelli che di solito ne beneficiavano. Allora non ci siamo lasciati incantare dalla ‘difesa antropologica-etimologica’. E ancora oggi, quando in certi quartieri di Palermo vediamo non grande abbondanza di manifesti, ma solo alcuni manifesti – che dal 1994 in poi sono quasi sempre di candidati di una certa parte politica – facciamo quattro conti e non sbagliamo mai… Solo che, da allora ad oggi, i tempi sono cambiati. E qualche anno fa non siamo rimasti stupiti di un’inchiesta, poi finita nel nulla, dove si ipotizzava la compravendita di voti al prezzo di 50 euro a voto: in pratica, voto di scambio. Ci colpì, allora, un particolare nell’ipotesi di reato: che a girare con i soldi tra le mani – così si ipotizzava – erano soggetti che, probabilmente, lavoravano per i candidati. Ribadiamo: era solo un’ipotesi, ma era interessante. Cosa vogliamo dire? Che a nostro avviso sarebbe bene – a Palermo e nel resto della Sicilia – intensificare i controlli. Sapete com’è? La povertà è aumentata in tutta la Sicilia e, in generale, in tutto il Sud e il 25 Settembre si vota per le elezioni politiche nazionali e per le elezioni siciliane. E la tentazione potrebbe essere in agguato. Se non altro perché dalla Seconda Repubblica in poi, in Sicilia e in generale nel Sud Italia, i voti non arrivano per forza d’inerzia…
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