Ha ragione Sandro Puglisi: il prezzo del grano duro è andato giù. De Bonis: “Il prezzo del grano duro è sceso del 30%”/ MATTINALE 704

19 luglio 2022
  • L’analista dei mercati internazionali, Sandro Puglisi, aveva previsto il calo del prezzo del grano nelle scorse settimane, quando nessuno lo ipotizzava. La conferma arriva dal senatore Saverio De Bonis che, per il grano duro, parla di un crollo del prezzo del 30% 
  • La responsabilità dell’Unione europea sulla crisi dei fertilizzanti in Europa. La nuova PAC commisurata agli interessi degli industriali. Ancora la Ue, che prima invita gli agricoltori a seminare più grano e poi, avendo saputo che arriverà il grano canadese, li abbandona
  • Perché il grano duro canadese, con caratteristiche simili, se non inferiori, a quelle del grano duro di Sud Italia e Sicilia deve costare di più del nostro grano duro? 

L’analista dei mercati internazionali, Sandro Puglisi, aveva previsto il calo del prezzo del grano nelle scorse settimane, quando nessuno lo ipotizzava. La conferma arriva dal senatore Saverio De Bonis che, per il grano duro, parla di un crollo del prezzo del 30% 

C’è un gran parlare, oggi, del grano duro. Da qualche tempo seguiamo i report dell’analista dei mercati internazionali, Sandro Puglisi. E dobbiamo dire che se abbiamo informato al meglio i nostri lettori lo dobbiamo ai suoi puntuali report. Puglisi è stato il primo ad lanciare l’allarme su una caduta del prezzo del grano duro quando in Puglia si vendeva a 58-60 euro al quintale. Dopo di che, come scrive il senatore Saverio De Bonis, presidente di GranoSalus, associazione che vede insieme produttori di grano duro e consumatori, il prezzo del grano duro italiano è sceso del 30%. Puglisi aveva visto bene in anticipo su tanti altri osservatori. Oggi la situazione è complicata. perché mentre il prezzo del grano duro è sceso, i costi di produzione del grano sono alle stelle. Raddoppio del costo delle sementi, aumento indiscriminato del costo del gasolio agricolo. Per non parlare dei fertilizzanti il cui prezzo, già nell’Ottobre dello scorso anno, era aumentato di oltre il 100%. E la situazione rischia di diventare sempre più problematica, perché la Cina, per stabilizzare il proprio mercato interno, ha deciso di ridurre ulteriormente l’export di fertilizzanti. Mossa, questa che prelude a un probabile aumento del prezzo degli stessi fertilizzanti. Un ulteriore disastro per i produttori di grano europei.

La responsabilità dell’Unione europea sulla crisi dei fertilizzanti in Europa. La nuova PAC commisurata agli interessi degli industriali. Ancora la Ue, che prima invita gli agricoltori a seminare più grano e poi, avendo saputo che arriverà il grano canadese, li abbandona

In questa storia dei fertilizzanti una grande responsabilità va ascritta all’Unione europea che, nel nome del liberismo economico, non ha potenziato l’industria dei fertilizzanti, lasciando gli agricoltori europei alla mercé di Cina e Russia, che sono i più grandi produttori di fertilizzanti del mondo. Già nell’Estate dello scorso anno, dopo i catastrofici effetti provocati dai cambiamenti climatici – peraltro ancora in corso – Cina e Russia hanno ridotto l’export di fertilizzanti. E infatti, nell’Autunno dello scorso anno, il prezzo dei fertilizzanti è schizzato alle stelle. Oggi, complice la guerra in Ucraina, russi e cinesi, oggi alleati, non hanno motivo di ridurre il prezzo dei fertilizzanti per favorire gli agricoltori di un’Unione europea che fornisce armi all’Ucraina contro la Russia. Di più: in Nord Africa e in Sudamerica si stanno organizzando per produrre più fertilizzanti, mentre l’Europa sembra bloccata. La verità è che la crisi provocata dalla guerra in Ucraina sta mettendo in luce i grandissimi limiti culturali, politici ed economici dell’Unione europea. Ricordiamo che la nuova PAC (Politica Agricola Comune), che risale all’Autunno di due anni fa, è stata contestata da gruppi politici e agricoltori. Motivazione: invece di difendere gli interessi degli agricoltori è stata commisurata agli interessi della grande industria chimica (pesticidi, erbicidi, antibiotici usati in modo scriteriato). Accuse pesanti formulate non soltanto agli eurodeputati Verdi, ma anche da eurodeputati Socialisti che pure non sono certo contrari all’attuale Commissione europea. Del resto, i limiti dell’attuale esecutivo della Ue si sono manifestati con la crisi provocata da cambiamenti climatici e guerra in Ucraina. Qualche mese fa i Commissari europei hanno ‘scoperto’ che l’Europa è priva di sovranità alimentare: da qui l’invito agli agricoltori europei ad aumentare la coltivazione di grano, mettendo a coltura terreni che la stessa Ue aveva indirizzato ad altre colture. Considerati gli alti costi di produzione del grano ci si aspettava interventi a sostegno degli agricoltori da parte della Ue. Ma alle parole, la Commissione europea, non ha fatto seguire i fatti. Poi è arrivata la notizia che in Canada e negli Stati Uniti d’America la siccità non avrebbe arrecato grandi danni alle colture di grano e la Commissione europea è tornata ultra-liberista: il grano arriverà soprattutto dal Canada. E l’invito agli agricoltori europei a coltivare più grano? Già dimenticato.

Perché il grano duro canadese, con caratteristiche simili, se non inferiori, a quelle del grano duro di Sud Italia e Sicilia deve costare di più del nostro grano duro? 

Questa è la Commissione europea, questa è la ‘presunta’ Europa unita. Un’Unione europea dove l’agricoltura viene regolarmente sacrificata agli interessi della grande industria, com’è avvenuto con la ‘nuova’ PAC e com’è avvenuto con il CETA, il trattato commerciale internazionale tra Europa e Canada (che, peraltro, danneggia in modo ‘scientifico’ l’agricoltura di Sud Italia e la Sicilia). Tornando al grano duro e alle previsioni di Sandro Puglisi sulla caduta del prezzo – previsioni che si sono rivelate esatte – va una dichiarazione del citato senatore De Bonis: “Il prezzo del grano duro sta diventando un problema nazionale che pesa sempre di più sui consumatori e i produttori. In queste ore mi sono incontrato, a Foggia, cuore della migliore produzione di grano duro, con alcuni dei maggiori produttori della zona che mi chiedevano un confronto con urgenza. Non posso che condividere con loro le preoccupazioni per una questione che, complice la crisi internazionale ed alcuni comportamenti aggressivi di alcuni attori della filiera, cominciano ad avere un serio impatto sul comparto, dovuto anche ad alcuni strumenti finanziari. Il prezzo del grano duro italiano, proprio in concomitanza con il periodo della trebbiatura, è sceso di circa il trenta per cento. Nello stesso tempo continuiamo a comprare grano canadese, con caratteristiche simili ma di qualità inferiore al nostro, ad un prezzo che resta più alto. Per fare due numeri: non si capisce perché se il canadese viene quotato 58 euro al quintale i nostri produttori lo debbano invece vendere al di sotto dei 50 euro. Del resto, il vero prodotto internazionale con cui comparare quello italiano di qualità è il Desert Durum che costa oggi il 30% in più del canadese di prima. Il mondo agricolo del Meridione può reagire in un modo compatto anche grazie alla CUN (Commissione Unica Nazionale per il grano duro ndr) che deve diventare effettiva subito per contribuire alla formazione di un prezzo equo e trasparente che tenga conto di tutte le dinamiche di mercato oltre che dei costi e dei rincari di tutte le materie prime necessarie dal gasolio, al fertilizzante, agli agrofarmaci, alla manodopera. Ora qualcuno minaccia di inondare il mercato con grano canadese a Settembre per indurre i produttori a vendere subito e a vendere a poco. Alcune testimonianze hanno tirato in ballo la questione di alcune vendite, perfettamente legali, di fatto allo scoperto che condizionano il mercato in modo negativo. Anche perché chi ha venduto a 60 euro/qle a inizio anno con consegna a Giugno, non avendo il prodotto conta di comprarlo oggi a meno per farci il suo margine. Perché non si tiene conto anche di questi contratti nelle commissioni?”.

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