- A Giugno l’inflazione, negli Stati Uniti ha toccato il 9,1%, la più alta dal 1981
- I costi della guerra in Ucraina pesano su tutto l’Occidente. Soprattutto sull’Europa che rischia di restare senza il gas russo
- La previsione della banca giapponese Nomura: la FED alzerà i tassi d’interesse di 100 punti percentuali!
- Rialzando i tassi di 10 punti, la FED provocherà recessione e forse anche depressione economica. Mentre la Ue sembra condannata all’inflazione
A Giugno l’inflazione, negli Stati Uniti ha toccato il 9,1%, la più alta dal 1981
Chissà perché, negli Stati Uniti d’America, nessuno mette in relazione la guerra in Ucraina con l’inflazione schizzata a Giugno al 9,1%, il valore più alto dal 1981. Insomma, dovevano tornare i Democratici alla Casa Bianca, peraltro con un voto ‘taroccato’ (Joe Biden, nel Dicembre del 2020, ha vinto le elezioni grazie al voto ‘postale’ con forzature costituzionali molto contestate in quattro-cinque Stati), per far piombare gli Stati Uniti d’America in una crisi economica senza precedenti. Peraltro con la FED (la Banca Centrale Americana) che ha già alzato i tassi di interesse. I dati illustrati in un articolo di scenarieconomici.it danno la misura di come dell’aumento generale del livello dei prezzi negli USA: “I prezzi dell’energia sono aumentati del 41,6%, il massimo dall’Aprile del 1980, trainati da benzina (59,9%, l’aumento maggiore dal marzo del 1980), olio combustibile (98,5%), elettricità (13,7%, l’aumento maggiore dall’aprile del 2006) e gas naturale (38,4%, l’aumento maggiore dall’ottobre del 2005). I costi dei generi alimentari hanno subito un’impennata del 10,4%, la più alta dal Febbraio 1981, con un balzo del 12,2% per il cibo a domicilio, il più alto dall’aprile 1979. I prezzi sono aumentati in modo significativo anche per l’alloggio (5,6%, il massimo dal febbraio 1991), l’arredamento e le operazioni domestiche (9,5%), i veicoli nuovi (11,4%), le auto e i camion usati (1,7%) e le tariffe aeree (34,1%). L’IPC core, che esclude cibo ed energia, è aumentato del 5,9%, leggermente al di sotto del 6% di maggio, ma al di sopra delle previsioni del 5,7%”.
I costi della guerra in Ucraina pesano su tutto l’Occidente. Soprattutto sull’Europa che rischia di restare senza il gas russo
Chissà perché nessuno mette in relazione un’inflazione così elevata – che sta falcidiano i redditi delle famiglie americane, soprattutto tra i ceti medio-bassi – con i costi sostenuti dagli americani nella guerra in Ucraina. Vero è che una parte importante di questi costi li stanno sostenendo i Paesi dell’Unione europea, ma è altrettanto vero che anche l’America sta sostenendo dei costi. Per lunghi mesi i media occidentali hanno raccontato della crisi economica che avrebbe colpito la Russia, tra costi della guerra e sanzioni. Invece in Russia non c’è crisi, le sanzioni occidentali hanno certamente creato problemi ai russi, ma sono problemi che la Russia sta affrontando e sta superando. Mentre l’Unione europea annaspa. Da tre giorni il Nord Stream è chiuso, ufficialmente per manutenzione. Si tratta del gasdotto, inaugurato nel 2011, che trasporta gas metano dalla Russia alla Germania, passando per il il Mar Baltico. Costato 14 miliardi di euro, il Nord Stream porta sulle coste tedesche 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno ed è il principale canale di rifornimento di gas della Germania e di altri Paesi europei. Il dubbio è che il 21 Luglio, quando il gasdotto dovrebbe riaprire, dalla Russia non arriverà più gas. Mezza economia europea – Germania, Italia e Francia resterebbero con il culo a terra!
La previsione della banca giapponese Nomura: la FED alzerà i tassi d’interesse di 100 punti percentuali!
La guerra in Ucraina sta sicuramente logorando la Russia, ma l’Europa e gli Stati Uniti non stanno meglio. I giapponesi di Nomura sostengono che la FED, per ‘raffreddare’ l’inflazione, si accinge ad aumentare i tassi di interesse di 100 punti percentuali. Il giornale scenarieconomici.it riporta un estratto della nota della banca giapponese:
“La FED rimane estremamente dipendente dai dati, e i dati suggeriscono la necessità di un aumento dei tassi più consistente
I dati sull’IPC di giugno confermano la necessità di una Fed ancora più aggressiva e ora ci aspettiamo un rialzo di 100 pb a luglio
L’IPC di giugno ha sorpreso al rialzo sia per la componente headline che per quella core, con un’ulteriore accelerazione dell’inflazione core mensile allo 0,71% m-o-m dallo 0,63% di maggio e dallo 0,57% di aprile. I partecipanti alla Fed hanno costantemente comunicato di essere alla ricerca di misure di inflazione mensile stabilizzanti o moderate per stabilire se sia più appropriato un aumento di 75 pb o di 50 pb a luglio.
Riteniamo che la netta accelerazione, per il secondo mese consecutivo, incoraggerà probabilmente i partecipanti a spingere per un rialzo di 100 pb. Ciò potrebbe essere particolarmente vero se si considera che uno dei principali fattori della sorpresa al rialzo di giugno è stata l’inflazione degli affitti, che rimane un fattore trainante delle misure di inflazione tendenziale complessiva” (qui per esteso l’articolo di scenarieconomici.it e la nota di Nomura).
Rialzando i tassi di 10 punti, la FED provocherà recessione e forse anche depressione economica. Mentre la Ue sembra condannata all’inflazione
Una premessa e una domanda. La premessa: non c’è dubbio che un aumento dei tassi di interesse di 100 punti percentuali farà scendere l’inflazione. La domanda: che prezzo pagheranno gli Stati Uniti in termini di recessione e, forse, di depressione economica? Diciamo la verità: la guerra in Ucraina ha sicuramente effetti in Russia, ma sta cambiando il volto dell’economia negli Stati Uniti e nell’Unione europea. Ma mentre gli Stati Uniti stanno reagendo (come già ricordato, la FED ha già alzato i tassi di interesse e sta cercando in tutti i modi di ‘raffreddare’ l’inflazione, soprattutto per ciò che riguarda l’alimentare), l’Unione europea, causa il sistema di monetazione a debito che ha creato con l’euro, è ormai prigioniera della propria dabbenaggine economica, monetaria e politica: la Banca Centrale Europea (BCE) non può aumentare i tassi d’interesse perché farebbe saltare tre-quattro Paesi dell’Unione (Italia in testa) e non ha strumenti per frenare un’inflazione galoppante…
Foto tratta da Webeconomia.it
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