Prezzi del grano in grande ripresa nel mondo. Ma inflazione in agguato negli Usa e l’ipotesi che esploda l’Unione europea/ MATTINALE 695

10 luglio 2022
  • La chiusura dei mercati internazionali di Venerdì conferma la crescita generale dei prezzi dei prodotti agricoli, grano in testa, dopo una settimana molto particolare
  • “… i timori di una recessione globale si sono attenuati e sono arrivati ​​i segnali di una rinnovata domanda degli importatori”
  • “Il mercato è stato ipervenduto…”
  • Intanto l’Unione europea paga la furbata del pagamento in euro della mega-fornitura di gas russo alla Cina…

La chiusura dei mercati internazionali di Venerdì conferma la crescita generale dei prezzi dei prodotti agricoli, grano in testa, dopo una settimana molto particolare

Ieri abbiamo anticipato la grande ripresa dei prezzi del grano in tutto il mondo. Però siccome i nostri dati ufficiali erano fermi a Giovedì 7 Luglio, ci siamo riservati di osservare l’andamento dei prezzi di Venerdì 8 Luglio. Che confermano in tutto e per tutto la tendenza al rialzo. Mettiamola così: quella che si è chiusa non soltanto per i prezzi del grano ma, in generale, per i prezzi di un certo numero di prodotti agricoli è stata una settimana un po’, anzi molto pazzerella: i primi tre giorni della settimana i prezzi sono andati giù vorticosamente, forse un po’ troppo vorticosamente, perché non c’era né un eccesso di offerta, né una crisi di domanda. Giovedì è iniziata la ripresa e Venerdì i prezzi hanno chiuso in grande rialzo. La domanda è: cosa è successo? Il primo dato che salta agli occhi è la volatilità dei mercati. Noi ci appoggiamo soprattutto ai report dell’analista dei mercati internazionali, Sandro Puglisi, che alla fine della scorsa settimana aveva intuito che si stava preparando una mezza tempesta: e, in effetti, per i primi tre giorni di questa settimana tempesta è stata, con i prezzi all’ingiù, anche in modo ‘pesante’. E’ successo che i fondi hanno cominciato a sbarazzarsi dei prodotti e i prezzi sono andati giù. Il dubbio è che tutto sia legato all’inflazione, che è tornata a tormentare un po’ tutto il cosiddetto Occidente industrializzato. C’è inflazione negli Stati Uniti d’America, nonostante la FED – la Banca centrale americana – sia intervenuta alzando i tassi d’interesse. Ma evidentemente la ‘sforbiciata’ della FED non ha risolto i problemi interni agli Stati Uniti d’America, se è vero che i prezzi – nell’alimentare ma non soltanto nell’alimentare – continuano a ‘correre’. Così viene il dubbio che i fondi, sbarazzandosi degli investimenti in agricoltura, siano intervenuti a sostegno di un Governo americano in difficoltà per provare a ‘raffreddare’ l’inflazione.

“… i timori di una recessione globale si sono attenuati e sono arrivati ​​i segnali di una rinnovata domanda degli importatori”

Il problema è che, oggi, ‘leggere’ l’andamento dei mercati agricoli internazionali non è affatto un’operazione facile, perché le variabili sono tante. E tra queste variabili ci sono i grandi acquisti di prodotti agricoli, grano in testa. Se tali acquisti sono ‘pesanti’, ebbene, sono perfettamente in grado di ‘mangiarsi’ il ribassismo innescato dai fondi che vendono… Che è quello che è successo a metà della settimana che ci siamo lasciati alle spalle. Di fatto, il ribassismo dei prezzi è stato polverizzato dalla Cina che ha ‘pilotato’ massicci acquisti di grano. Non hanno scherzato nemmeno l’Algeria e il Marocco con altri grandi acquisti. Morale: lo scenario è cambiato. Anche perché, nel frattempo, come scrive Puglisi, “i timori di una recessione globale si sono attenuati e sono arrivati ​​i segnali di una rinnovata domanda degli importatori”. Da qui il mais che “è salito dal minimo di sette mesi toccato questa settimana”, mentre “la soia ha continuato a riprendersi dal minimo di sei mesi. In particolare – scrive Puglisi – i prezzi del mais hanno chiuso con un aumento del 3,98%. I semi di soia del primo mese sono entrati nella sessione di fine settimana con un aumento dell’1,89%. I prezzi della farina di soia hanno chiuso la giornata in rialzo dell’1,84%. I prezzi del petrolio di soia del primo mese hanno chiuso la giornata in rialzo dell’1,57%. I prezzi del grano sono tornati a ruggire, poiché Chicago SRW ha chiuso in rialzo del 6,58%. Kansas City è entrata nel fine settimana con un guadagno del 6,35%. I prezzi del grano primaverile hanno chiuso la giornata in rialzo del 6,13%”.

“Il mercato è stato ipervenduto…”

E’ arrivata anche una spiegazione ufficiale circa la caduta dei prezzi d’inizio settimana riportata sempre nel report di Puglisi: “Il mercato è stato ipervenduto – ha affermato Arlan Suderman, capo economista delle materie prime per il broker StoneX -. Era tutta una questione di paura quando stavamo vendendo, e ora il mercato sta assistendo a un rimbalzo perché si è reso conto di essere sceso troppo”. Così gli operatori sono tornati per tenere d’occhio il clima degli Stati Uniti durante un periodo critico di sviluppo per le colture di mais. Un clima non uniforme, dove le aree siccitose si alternano alle aree con copiose piogge. E dove – soprattutto – non si attendono i danni da siccità registrati lo scorso anno. Gli stessi operatori hanno rivisto le proprie posizioni in vista del rapporto mensile sulla domanda e l’offerta del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, previsto per Martedì prossimo. A questo si è aggiunta la Cina che annuncerebbe altri grandi acquisti di grano e mais: e questo, ovviamente, tiene su i prezzi. Mentre i fondi, ad inizio settimana ribassisti, sono tornati “acquirenti netti di circa 18.500 contratti di grano; 20.000 contratti di mais; e 12.000 contratti di soia”.

Intanto l’Unione europea paga la furbata del pagamento in euro della mega-fornitura di gas russo alla Cina…

La prossima settimana sapremo se i rialzi si stabilizzeranno. Partendo, ovviamente, dagli Stati Uniti d’America che dovranno cercare soluzioni per ‘domare’ un’inflazione che non dà tregua. Mentre non si riesce a capire quale sia la strategia dell’Unione europea, ammesso che ne abbia una, cosa della quale in tanti cominciano a dubitare. In Europa l’inflazione è sopra l’8% (anche se c’è il dubbio, tutt’altro che infondato, che sia già a due cifre…). Del resto, sui fatti economici gli ‘eurocrati’ non sono né molto credibili, né molto raccomandabili. E’ noto a tanti osservatori che la Banca Centrale Europea, per provare a contenere l’inflazione, avrebbe dovuto aumentare i tassi dello 0,50 il 2 Luglio. Il 2 Luglio è arrivato, ma i tassi non sono stati toccati. E il motivo c’è. Il sistema monetario di una Ue ultra-liberista e globalista è nato male, commisurato agli interessi della Germania e, in parte, della Mitteleuropa. Un sistema che penalizza l’Europa mediterranea (ne sa qualcosa la Grecia…). Oggi, a quanto pare, un ritocco all’insù dei tassi, anche dello 0,50%, potrebbe causare seri problemi di tenuta all’Italia e anche alla Spagna e al Portogallo. Insomma, potrebbe saltare la stessa Unione europea. Così gli ‘eurocrati’ hanno scelto di tenersi l’inflazione. Potrebbe anche essere la scelta giusta, ‘barando’ un po’ sui numeri. Senonché c’è un problema ancora più serio: la guerra in Ucraina. Con la Russia che, stanca di subire le sanzioni dell’Unione europea – schierata con la NATO e quindi con USA e Ucraina – minaccia di tagliare il gas all’Unione europea. Il taglio del gas russo all’Europa significherebbe, matematicamente, recessione. Che si andrebbe ad innestare sull’inflazione. Insomma, per l’Europa la prospettiva, a breve termine, prevede due vie. Prima via: la rottura con gli Stati Uniti e con l’Ucraina, cosa oggi impossibile. Seconda via: i russi tagliano il gas all’Unione europea e sarà il patatrac. Il presidente Putin, in verità, fino ad oggi ha provato in tutti i modi ad evitare questa seconda via: ma i ‘falchi’ lo tallonano e gli ricordano un giorno sì e l’altro pure che gli ex ‘alleati’ della Ue continuano ad armare l’Ucraina che, anche con le armi europee, uccide soldati russi. Direte: perché gli ex ‘alleati’ della Ue? E qui è il vero inghippo che ha fatto infuriare gli americani. Tra il Dicembre dello scorso anno e il Gennaio di quest’anno, mentre Cina e Russia firmavano un contratto per una mega-fornitura di gas russo alla Cina, gli ‘eurocrati’ si incuneavano nell’operazione in chiave anti-dollaro: nel contratto, infatti, veniva stabilito che il pagamento per questa mega-fornitura sarebbe avvenuto in euro. Una furbata che gli ‘eurocrati’ hanno provato a giustificare dicendo che volevano ‘stabilizzare’ l’euro. Peccato che lo volevano stabilizzare a spese dell’area del dollaro, in un momento in cui è in corso uno scontro epocale tra area del dollaro e Cina. ‘Lungimiranti’ i vari Ursula von der Leyen ed europeisti vari. Così adesso l’euro non è altro che un vaso di coccio tra area del dollaro e Cina, con la prospettiva che salti l’Unione europea, peraltro con ignominia politica…

 

 

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