- Problemi per il mais, come abbiamo scritto ieri. Ciò significa che se non si trova una soluzione mancherà il mais da foraggio e molti allevamenti saranno costretti ad abbattere i capi di bestiame
- Crisi Ucraina e effetti nella zootecnia. “Le cose sono molto difficili da valutare in questo contesto di guerra”
- “Se non si sblocca la situazione in Ucraina, non c’è altro posto dove andare a cercare il mais”
Problemi per il mais, come abbiamo scritto ieri. Ciò significa che se non si trova una soluzione mancherà il mais da foraggio e molti allevamenti saranno costretti ad abbattere i capi di bestiame
Ieri ci siamo occupati della crisi del mais da foraggio e della possibilità che molti allevatori siano costretti ad abbattere gli animali perché non si sa come alimentarli. Sulla situazione del mais nel mondo abbiamo chiesto ‘lumi’ a Sandro Puglisi, analista dei mercati agricoli internazionali (e non soltanto dei mercati agricoli, in verità) e protagonista della pagina Facebook amici del ‘Grano Duro di Sicilia’. Puglisi ha risposto, illustrando lo scenario di questi giorni difficili. “L’abbattimento dei capi, ovviamente – dice Puglisi – comincia ad essere una delle valutazioni da fare nelle aziende che non possono più sostenere economicamente l’alimentazione dei propri animali. In tal senso basta osservare quello che sta succedendo nel mercato delle carni, per capire quante aziende hanno già deciso di disfarsi dei capi abbattendoli!”.
Crisi Ucraina e effetti nella zootecnia. “Le cose sono molto difficili da valutare in questo contesto di guerra”
Ma andiamo al mercato internazionale dei mais: “Gli Stati Uniti, l’Argentina e il Brasile – dice Puglisi – sono gli unici importanti esportatori di mais che possono colmare in modo significativo il vuoto lasciato dall’Ucraina. Il Sudafrica, potrebbe dare una piccola mano d’aiuto, ma è comunque molto limitato. L’USDA (il Dipartimento federale dell’agricoltura degli Stati Uniti d’America ndr) ha fatto un primo tentativo di conciliare questo problema nel suo aggiornamento di Marzo, aumentando le esportazioni di mais di 75 milioni bushel (“Il bushel è la misura di capacità per aridi e liquidi usata nel Regno Unito e per soli aridi negli USA e in Canada, corrispondente a circa 35,239 litri” – Fonte: Wikipedia ndr). Ma, probabilmente le esportazioni dovranno essere riviste al rialzo di 400 milioni prima che l’agenzia possa realisticamente sostenere di aver compensato le ricadute sulle esportazioni ucraine. E di questo il mercato se ne è già accorto. Ciò riporterebbe le scorte di mais negli Stati Uniti a 1-1,1 miliardi di bushel. Le cose sono molto difficili da valutare in questo contesto di guerra”.
“Se non si sblocca la situazione in Ucraina, non c’è altro posto dove andare a cercare il mais”
“Nel frattempo, il CONAB, che è il dipartimento agricolo brasiliano – prosegue Puglisi – ha rilasciato Giovedì mattina il suo aggiornamento di Marzo. Anche questo ente governativo ha pressoché ignorato il divario delle esportazioni ucraine, lasciando invariate le proiezioni sul mais a 35 MMT. Ciò si basa su una produzione di 112,3 MMT. Tuttavia, il mais di primo raccolto in Brasile ha già perso un terzo della sua resa a causa della siccità e le dimensioni del secondo raccolto di mais devono ancora essere determinate”. Qui ci dà una notizia che in realtà noi scriviamo da tempo grazie anche ai report che Puglisi pubblica sulla pagina Facebook amici del ‘Grano Duro di Sicilia’: e cioè che la siccità che lo scorso anno ha prodotto una considerevole produzione di grano nel mondo è ancora in agguato. “Il mercato quindi sarà molto sensibile a qualsiasi clima secco nel Mato Grosso – precisa Puglisi -. Secondo quanto riferito, il Brasile ha già iniziato a vendere mais per l’esportazione per il mese di Aprile/Maggio, un periodo in cui generalmente le esportazioni di mais sono vicine allo zero. Con il Brasile che aiuta a colmare parzialmente il vuoto di esportazione del mais lasciato dall’Ucraina, anticipando le sue esportazioni, le esportazioni di mais dagli USA potrebbero aumentare comunque di altri 300 milioni di staia. Stiamo parlando di prodotto che ancora deve essere seminato e poi raccolto! Perché quello già prodotto ha già provveduto la Cina a portarselo a casa! Negli ultimi decenni, la politica di approvvigionamento delle aziende ‘moderne’, è stata prevalentemente basata sul “just in time” e non sul “just in case” con scorte al massimo per 60 giorni! Quindi, se non si sblocca la situazione in Ucraina, non c’è altro posto dove andare a cercare il mais. Oltre a mancare infatti il residuo da esportare del raccolto 2021, c’è l’impossibilità a seminare in Primavera, per ovvi motivi. Ed il mais si semina in Primavera. Da qui l’impennata del prezzo del grano tenero, usato anche come foraggio, in sostituzione del mais”.
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