- L’obiettivo del Governo Draghi è togliere ai Comuni la gestione dei servizi pubblici per affidarli ai privati
- Il Ddl sulla concorrenza raggira i Comuni, penalizza i cittadini, mortifica l’interesse pubblico e affida la gestione dei servizi essenziali per la vita di una comunità alle grandi società multiservizi quotate in Borsa
- Un’operazione piratesca di presunta efficienza e di reale aiuto al capitale privato
- La ricetta di Draghi, al di là della demagogia, non è altro che il mercato libero che dovrebbe ‘combattere’ la crisi che lo stesso mercato libero produce!
di Daniele Quarta
RAE (Rete Attivisti Equità)
L’obiettivo del Governo Draghi è togliere ai Comuni la gestione dei servizi pubblici per affidarli ai privati
Con il suo Il Ddl (Disegno di legge) sulla concorrenza, il capo dell’attuale Governo italiano, Mario Draghi. vuole dare il colpo ferale alla gestione pubblica di servizi comuni universalistici nel nostro Paese. Apre le porte definitivamente alla gestione privatistica dei servizi su beni comuni universali come l’acqua, la sanità, le spiagge, i servizi portuali, il gas, l’energia, la banda ultra-larga, il trasporto pubblico locale. La proposta di legge (oggi alla disamina delle commissioni parlamentari) andrà infatti a mettere nelle mani dello Stato tutti i servizi pubblici normalmente gestiti dai Comuni, affinché diventino strumenti di competizione sul mercato. La finalità, stando al testo del Ddl, è quella di “promuovere lo sviluppo della concorrenza e l’accesso ai mercati (…) e contribuire al rafforzamento della giustizia sociale, migliorare la qualità e l’efficienza dei servizi pubblici e potenziare la tutela dell’ambiente e il diritto alla salute dei cittadini”. Suona ironica questa affermazione dopo due anni di pandemia che hanno reso evidente come la corsa al neoliberismo e alle privatizzazioni (da sempre applicate invocando l’ideologia dell’efficientismo e della concorrenza) abbia comportato un enorme danno per la popolazione, definendo criteri discriminatori per l’accesso alle cure e ai servizi.
Il Ddl sulla concorrenza raggira i Comuni, penalizza i cittadini, mortifica l’interesse pubblico e affida la gestione dei servizi essenziali per la vita di una comunità alle grandi società multiservizi quotate in Borsa
Il Ddl comunque non dispone il passaggio al privato per norma coercitiva. No, è più sottile: da un lato dispone la rimozione delle barriere in entrata al libero mercato nei servizi pubblici locali e dall’altro, indica una “delega” agli Enti Locali di operare “liberamente” questa scelta secondo criteri di efficienza. Ma è proprio la “delega”, disegnata come un capestro che fa gridare allo scandalo. Qui all’indignazione sulla materia del contendere si aggiunge anche quella del modo in cui essa si attua, giacché la cosiddetta “delega” consiste in una libertà fasulla e discriminatoria per lo stesso Ente Locale. Infatti, gli Enti Locali che intendano discostarsi da quell’indirizzo dovranno dimostrare anticipatamente e successivamente periodicamente, il perché di altra scelta, sottoponendola al giudizio dell’Antitrust, oltre a prevedere “sistemi di monitoraggio dei costi”. Mentre i privati avranno solo l’onere di produrre una relazione sulla qualità del servizio e sugli investimenti effettuati. Immaginate nel caso dell’acqua che tale relazione si sostanzi nella qualità dell’acqua erogata e nell’efficienza economica del servizio. Poi che quell’acqua non sia per tutti non importa più allo Stato! Inoltre, si prevedono incentivi per favorire le aggregazioni indicando così chiaramente che il modello prescelto è quello delle grandi società multiservizi quotate in Borsa che diventeranno i soggetti monopolisti (alla faccia della concorrenza!) praticamente a tempo indefinito.
Un’operazione piratesca di presunta efficienza e di reale aiuto al capitale privato
È del tutto inutile rimarcare a Draghi, quanto invece lo è alla consapevolezza dei cittadini, cosa si cela dietro questa operazione piratesca di presunta efficienza e di reale aiuto al capitale privato. È sotto gli occhi di tutti quanto il cosiddetto « efficientismo» del mercato libero si traduca sempre in un costo sul valore del lavoro. Esempi eclatanti li abbiamo avuti quando il capitale internazionale delle multinazionali (i casi di Whirpool o Pfizer sono emblematici), lasciato libero di operare o, addirittura, agevolato col denaro pubblico, sia capace di ottimizzazioni industriali disinvolte, che sacrificano ingenti posti di lavoro sull’altare del profitto. Ancora più drammatici sono i casi in cui interi asset industriali del Paese (e qui l’elenco è lungo) sono preda di fondi speculativi (private equity) che, operando già all’origine con la formula “acquistare-ristrutturare-vendere”, sono la condanna a morte annunciata sia del tessuto industriale nazionale, sia delle competenze professionali delle sue maestranze. Ora il nostro “migliore” Primo Ministro rincara la dose: vuole affidare anche i servizi locali, essenziali alla vita dei cittadini, nelle mani speculative del mercato, dove l’efficientismo si concentra su una gestione profittevole, senza alcun riguardo alla garanzia di universalità di un servizio da offrire a tutti e spesso ad un costo aggiuntivo per la collettività rispetto a quello del servizio pubblico. Come non comprendere l’esultanza dell’ultima Assemblea di Confindustria, che osanna il suo migliore alfiere di sempre?
La ricetta di Draghi, al di là della demagogia, non è altro che il mercato libero che dovrebbe ‘combattere’ la crisi che lo stesso mercato libero produce!
Draghi ha osato ammantare questa sua operazione come la realizzazione della “terza via” nella gestione economica di un Paese. Ebbene è falso! Draghi non rappresenta e non interpreta una «terza via», che improvvidamente ha invocato per mascherare una politica economica miopie, stantia ed obsoleta. Quella di Draghi invece continua ad essere la « seconda via », quella che vede nel solo mercato libero l’esclusiva ricetta alla crisi economica che esso stesso produce. La vera « terza via » esiste, eccome. Essa non è solo un mix tra pubblico e privato, che neanche pavidamente Draghi riesce ad interpretare, ma è l’introduzione di una nuova economia basata sui beni comuni (common goods) che si affianca ed interagisce con quella esistente della gestione pubblica e privata. Ma non starò qui a soffermarmi su una materia che non compete al tema di questo articolo. Una cosa noi di RAE (Rete Attivisti Equità) possiamo promettere a Draghi. Egli avrà anche partita vinta in questo frangente di totale assenza della politica, ma la sua sarà una “vittoria di Pirro”. Noi di RAE disfaremo tutto quello che sarà compiuto con questo scellerato DDL, lo estirperemo come si estirpa un cancro da un organismo sociale che attenta al suo sviluppo e alla sostenibilità della sua convivenza democratica. E lei caro Draghi, considerato oggi il migliore dalla totale mediocrità, non passerà alla storia di questo Paese, al più sarà citato nel testi di economia politica come l’ultimo rantolo di una balena morente.
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