La storia di Francesca La Gamba, la prima brigantessa calabrese tra realtà e fantasia popolare

5 febbraio 2022
  • Il coraggio di dire no a un uomo prepotente e la fucilazione dei due figli adolescenti
  • Francesca riesce a catturare l’assassino dei suoi figli lo scanna, gli strappa il cuore e lo mangia: verità o fantasia popolare? 

Il coraggio di dire no a un uomo prepotente e la fucilazione dei due figli adolescenti

Proprio durante il decennio della dominazione francese, e precisamente tra il 1807 e il 1812, sui piani della corona, l’ultimo contrafforte occidentale dell’Aspromonte, tra i territori di Palmi, Seminara, Melicuccà e Bagnara, in provincia di Reggio Calabria (cfr. Giuseppe Silvestri Silva, Memorie storiche della città di Palmi, Genova,1930), si sono svolte le drammatiche vicende delle quali è stata protagonista Francesca La Gamba, la prima brigantessa di età moderna, come la definisce Valentino Romano nel suo volume Brigantesse (Napoli, 2007, pag. 28), che hanno ispirato il romanzo storico La capitanessa dei piani della Corona di Attilio Foti (Cosenza, 2002). Francesca aveva coronato il suo sogno di amore, ancora diciottenne, con Saverio Saffioti, anche lui di Palmi, sua città natale, ma rimasta vedova ancora giovane con due figli, Carmine e Domenico, dopo aver sposato in seconde nozze Antonio Gramuglia, si era trasferita a Bagnara dove era nata Rosa, la terza figlia. Anche se già provata dalle sofferenze, quando l’esercito Francese invase il suo paese, aveva 38 anni e sognava ancora una vita piena di soddisfazioni, ma doveva ancora sperimentare che dignità e onore si pagano a caro prezzo: un delinquente, già ricercato dalla polizia borbonica, che nel ’99 aveva ottenuto i gradi di ufficiale dal Cardinale Ruffo e che all’arrivo dei francesi si era arruolato nella milizia civile si invaghì di lei. Quando, tronfio della sua arroganza e forte della divisa che indossava, cominciò ad insidiarla con accanimento, non accettò di essere da lei energicamente respinto e organizzò la più crudele delle vendette: accusò ingiustamente di attività clandestina contro i francesi i due figli maschi ancora adolescenti, che furono processati e condannati alla fucilazione, dopo aver fatto arrestare, con l’accusa di girare armato, Antonio Gramuglia che, qualche giorno dopo l’esecuzione dei due ragazzi morì di rabbia e di dolore.

Francesca riesce a catturare l’assassino dei suoi figli lo scanna, gli strappa il cuore e lo mangia: verità o fantasia popolare? 

L’irrefrenabile voglia di vendetta spinse Francesca ad unirsi ad una banda di briganti che aveva stabilito il suo quartiere generale sui piani della Corona, non lontano del tracciato dell’antica via Popilia, e che fino ad allora, a parte qualche scaramuccia con i francesi, si era limitata ad assaltare le diligenze al “passo di Caracciolo”, un luogo rimasto nella storia proprio per quelle imprese banditesche. Combattendo accanto ai briganti con coraggio, la donna meritò la loro ammirazione, tanto da diventare molto presto la capobanda e dare alle azioni dei suoi compagni una carica ideale che trovava ispirazione nella necessità di combattere i francesi oppressori. All’arrivo in Calabria del Principe Luigi d’Assia, che tentava, nel 1807, la riconquista della parte continentale del regno dei Borbone, Francesca non ci pensò due volte, offrì al nuovo arrivato l’aiuto della sua banda e, il 28 maggio di quell’anno, partecipò alla battaglia di Mileto, dopo la quale un centinaio dei suoi briganti divennero soldati dell’esercito borbonico e pare che lei stessa sia stata nominata capitano. Fu proprio durante uno scontro con i francesi che Francesca riuscì a mettere in atto il suo proposito di vendetta: lei e i suoi compagni, accerchiati gli avversari che erano alla loro ricerca sui piani della Corona, riuscirono a mettere in atto una controffensiva e catturare molti prigionieri, tra cui l’ufficiale che l’aveva insidiata e che aveva fatto giustiziare i suoi figli. Lo storico Vittorio Visalli, in I Calabresi nel Risorgimento italiano – Storia documentata delle rivoluzioni calabresi dal 1799 al 1862, Torino 1893 (vol.I, pagg.124-125), solo alcuni decenni dopo quei tristi avvenimenti, affermava che Francesca, trovatasi quell’uomo ferito davanti agli occhi, come in un melodramma, “lo scanna, gli strappa il cuore e lo divora ancor palpitante”. Pare che l’ultimo combattimento contro i francesi durante il quale “si segnalò per valore la capitanessa di Palmi” sia stato l’assedio di Genova, nel 1812: Le cronache non dicono altro e di Francesca La Gamba non si seppe più nulla, né ci è dato sapere se la sua efferatezza sia solo il frutto della fantasia popolare. Certo è che la sua vicenda, anche se colorita dal mito, racchiude le ragioni che hanno spinto una tranquilla madre calabrese, che ha assistito alla distruzione della sua famiglia ad opera di oppressori stranieri, a trasformarsi nella personificazione della vendetta.

Giuseppe Antonio MartinoFRANCESCA LA GAMBA: fu la prima brigantessa calabrese (articolo tratto da La verità di Ninco Nanco)

Foto tratta da Book and Negative

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