di Andrea Piazza
In questi giorni assistiamo ad un cannoneggiamento tra l’Associazione Nazionale Magistrati e il Governo di Giorgia Meloni. È arrivato il momento di riformare e rigenerare l’ equilibrio tra i poteri dello Stato. Rammentiamo che, alla luce dell’ultimo trentennio, la debolezza del potere legislativo ha alterato l’equilibrio, a causa della soppressione dell’immunità parlamentari (art. 68 della Costituzione ). Al contempo la riforma “repubblicana” Vassalli (da Giuliano Vassalli, Ministro della Giustizia negli anni ’80 del secolo passato) del codice di procedura penale ha modificato il codice Rocco, non riuscendo, però, nell’intento di bilanciare il rapporto di parità tra la pubblica accusa e la difesa. Rammentiamo che nel nostro sistema giudiziario, la pubblica accusa dovrebbe essere ispirata alla nobile funzione di PUBBLICO MINISTERO, ovverosia di ESSERE SEMPRE “PROMOTORE DI GIUSTIZIA”, espressione di un potere pubblico ispirato alla reale ricerca della verità. A causa del percorso di accesso comune per accedere in magistratura, sia per la pubblica accusa che giudicante, continua a non sussistere un rapporto di parità effettiva e non solo formale tra pubblica accusa e difesa. In questi giorni assistiamo ad un innalzamento dei toni tra il potere esecutivo e taluni rappresentanti dell’Associazione Magistrati. Personalmente ritengo che, come sempre nella logica del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, le colpe di tale innalzamento dei toni siano da dividere in parti eguali. Ovviamente, ogni qualvolta si acquisisca una notitia criminis e/o sussistono degli indizi sono doverosi gli accertamenti giudiziari. Nella fase delle indagini preliminari, l’attenzione si incentra sul profilo delle condotte ed una prima scrematura è diretta ad accertare se i fatti sono o non sono penalmente rilevanti. In conclusione, occorre avviare una reale riforma che determini una separazione delle carriere tra magistratura requirente e giudicante, nonché il ripristino delle immunità parlamentari.
Foto tratta da Altalex