- Il veganismo tra passato, presente e futuro
di Nota Diplomatica
Le scarpe “Stan Smith” dell’Adidas, uno dei modelli più venduti in assoluto e che prende il nome da un grande tennista americano degli anni ’70
Il vero vegano porta le scarpe di plastica, beve un whisky “vegan friendly” come Macallan o Jack Daniels e fuma rigorosamente le Winston. La disciplina, nata negli anni ’40 in Inghilterra, non aveva in origine finalità salutiste di alcun tipo. Anzi, i vegani – dei primi tempi almeno – accettavano che a lungo andare la dieta potesse avere effetti negativi sulla salute e avrebbe richiesto l’utilizzo di integratori sintetici per evitarli. Ciò però era il prezzo che si pagava per il vantaggio “morale” che la pratica portava attraverso il rifiuto totale dello sfruttamento degli animali. La versione Hollywoodiana/Facebook che va per la maggiore oggi si trova un po’ a disagio con le proibizioni che vanno oltre al semplice vegetarianismo – e in imbarazzo per il fatto che la prassi vegana non vieti né il fumo né l’alcool, a patto che siano totalmente di origine vegetale, come i prodotti citati sopra. Forse il più difficile di tutti i divieti per il vegano modaiolo, almeno dal punto di vista sociale, è il rifiuto all’uso del cuoio – che è dopotutto la pelle di vacca morta, ma è almeno “naturale”. Cosa bisogna portare ai piedi, le crocs? Per fortuna, il commercio è sempre disponibile per andare incontro ai problemi dei consumatori. Le scarpe da tennis che appaiono nell’immagine sopra – le nuove “Stan Smith” dell’Adidas, uno dei modelli più venduti in assoluto e che prende il nome da un grande tennista americano degli anni ’70 – sono fatte senza un grammo di pelle naturale, assolutamente vegane dunque, e sono inoltre firmate (molto vistosamente) dalla stilista Stella McCartney, la seconda figlia dell’ex Beatle, Paul.
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