- Il segretario della Nuova Democrazia Cristiana: “Ritenere che non sia più necessario avere un cappellano in una delle più grandi strutture ospedaliere siciliane equivale a negare la complessità della natura umana, fatta di corpo e anima, e dimenticare la nostra tradizione culturale dalla quale sono nati gli ospedali”
- “… si tratta, piuttosto, di verificare quanto della nostra storia rimane ancora a governare scelte e decisioni in periodi che non si preannunciano semplici per la comunità umana, sempre più pronta a delegare a ‘sovrastrutture artificiali’ le proprie fondamentali scelte”
- “Auspichiamo che nella cappella dell’ospedale ‘Cervello’ torni il cappellano”
Il segretario della Nuova Democrazia Cristiana: “Ritenere che non sia più necessario avere un cappellano in una delle più grandi strutture ospedaliere siciliane equivale a negare la complessità della natura umana, fatta di corpo e anima, e dimenticare la nostra tradizione culturale dalla quale sono nati gli ospedali”
Lo scorso 5 Giugno abbiamo scritto un articolo chiedendoci il perché “la politica ha deciso che all’ospedale Cervello di Palermo non ci deve essere un cappellano per la Santa Messa e i Sacramenti“. Il nostro articolo non è passato inosservato. Sulla vicenda è intervenuto il segretario della Nuova Democrazia Cristiana, Totò Cuffaro (nella foto a destra tratta da Palermo Today): “La ‘politica’, riporta un articolo apparso su ‘I Nuovi Vespri‘, ha deciso che all’ospedale Cervello di Palermo non ci deve essere un cappellano per la Santa Messa e i Sacramenti. Perché e quale politica lo avrebbe deciso? – chiede e si chiede Cuffaro -. Invitiamo gli organi amministrativi della struttura ospedaliera a rivedere la determinazione che lede il diritto del paziente alla possibilità di un conforto spirituale e alla fruizione di uno spazio di meditazione. Ritenere che non sia più necessario avere un cappellano in una delle più grandi strutture ospedaliere siciliane equivale a negare la complessità della natura umana, fatta di corpo e anima, e dimenticare la nostra tradizione culturale dalla quale sono nati gli ospedali. Ippocrate, fondatore della scienza medica greca e occidentale, già cinque secoli prima di Cristo, aveva introdotto un giuramento, che noi medici prestiamo all’inizio della nostra carriera, attraverso il quale i medici si facevano responsabili delle loro azioni davanti agli déi e rispettavano la vita come valore fondamentale. Ma ricordo che bisogna aspettare l’avvento del Cristianesimo per vedere la nascita degli ospedali. Furono i monaci a cominciare ad ospitare i malati anche se questo, in quell’epoca, poteva significare morire per aver contratto un’infezione, che era la causa più frequente dell’invalidità. Gli ospedali non sono nati perché si sapesse curare ma per assistere, per essere presenti vicino a chi soffre e a chi muore, consapevoli che l’ultima parola sulla vita non è più la morte. Nel mentre si studiava la medicina antica e si gettavano le basi per una medicina futura, non legata alle superstizioni popolari”.
“… si tratta, piuttosto, di verificare quanto della nostra storia rimane ancora a governare scelte e decisioni in periodi che non si preannunciano semplici per la comunità umana, sempre più pronta a delegare a ‘sovrastrutture artificiali’ le proprie fondamentali scelte”
“Adesso – prosegue Cuffaro – sembra che ci sia bisogno solo della scienza, ma l’esperienza ci dice che non è così. Nonostante i progressi della medicina, la malattia e la morte rimangono esperienze gravi e tante volte drammatiche. Tutti, direttamente o indirettamente, ci siamo passati e abbiamo sentito il bisogno di un ascolto fraterno, di un dialogo comprensivo, di condividere le paure, le sofferenze, le speranze. Siamo assolutamente convinti che la cura del corpo sia indispensabile e che la scienza debba moltiplicare i propri sforzi per raggiungere traguardi sempre più alti, ma, ispirati alla politica di Sturzo, sappiamo bene che la cura del corpo va di pari passo con l’attenzione alla persona nella sua interezza. Nel tumultuoso susseguirsi di tragiche e ferali notizie, riflettere sulla decisione presa all’ospedale ‘Cervello’ di Palermo di privare i degenti dell’assistenza spirituale di un sacerdote può sembrare irrilevante, quasi pretestuoso. Ma non è un semplice j’accuse verso una Amministrazione dell’ospedale ‘Cervello’ disattenta, non si tratta semplicisticamente di assicurare al malato di poter continuare a pregare nella cappella ospedaliera, si tratta, piuttosto, di verificare quanto della nostra storia rimane ancora a governare scelte e decisioni in periodi che non si preannunciano semplici per la comunità umana, sempre più pronta a delegare a ‘sovrastrutture artificiali’ le proprie fondamentali scelte. Ma senza amore e senza speranza si arriva a pensare che sia meglio morire. Le aspirazioni all’eutanasia attiva sono una pietra tombale per i rapporti umani”.
“Auspichiamo che nella cappella dell’ospedale ‘Cervello’ torni il cappellano”
“Piuttosto che ‘a togliere’, quindi – prosegue Cuffaro – l’invito è a recuperare quella concezione della vita e dell’uomo che, agendo nella realtà, è stata capace di trasformarla e di porre i fondamenti di una civiltà che ha segnato la nostra storia. Questa occasione – prosegue Cuffaro – rappresenta pertanto una provocazione non solo a mantenere ma ad ampliare gli ambiti dedicati specificamente alla cura dello spirito, con l’eventuale creazione di nuovi spazi di raccoglimento e preghiera dedicati alla pratica delle altre religioni. Quando si sta vicino a un malato le differenze vengono meno. Se una persona sta male a nessuno interessa se va a Messa, se è credente e a che cosa crede. Quello che interessa è come fare per farlo stare meglio. Rappresenta anche un richiamo a migliorare le relazioni tra personale sanitario, pazienti e quanti si trovano a vivere negli ospedali, in direzione di un sempre più significativo legame che permetta ad ogni persona di cogliere una solidarietà nella condizione in cui si trova. Anche in questa chiave più propriamente sociale va vissuto il richiamo di Papa Francesco in occasione della Giornata del malato, l’11 Febbraio scorso, un impegno che si riassume nell’invito, tratto dal Vangelo di Luca: ‘Abbi cura di lui’. Se vissuta nell’isolamento e nell’abbandono la malattia può diventare disumana. Auspichiamo che nella cappella dell’ospedale ‘Cervello’ torni il cappellano”.
Detto questo, ancora oggi l’ospedale ‘Cervello’ di Palermo rimane senza cappellano per la Santa Messa e per i Sacramenti. Quanto deve durare ancora questo tentativo di ‘secolarizzare’ il noto ospedale del capoluogo della Sicilia?
Foto tratta da RomaSette
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