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Ma con quali soldi politici e sindacalisti siciliani pensano di stabilizzare i precari ASU?/ MATTINALE 942

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  • Sui precari politici e sindacalisti siciliani vendono fumo
  • Prima o poi gli uffici dell’Unione europea si accorgeranno che in Sicilia la politica paga la spesa pubblica (in buona parte improduttiva) con i fondi europei destinati infrastrutture e formazione
  • Che senso ha pagare la TARI – la Tassa sui rifiuti – nelle città dove i rifiuti ristagnano per settimane nelle strade e nei marciapiedi? Nonostante la televisione – che oggi è un fattore di rincretinimento – i cittadini siciliani cominciano a ragionare con la propria testa.
  • Il futuro di Palermo è una città impoverita con pochi servizi, sanità pubblica allo sbando, consumi in calo, entrate comunali in picchiata. Questo se reggerà il pubblico impiego. Se dovesse entrare in crisi anche il pubblico impiego – cosa non improbabile – sarà il caos totale   

Sui precari politici e sindacalisti siciliani vendono fumo

In queste ore leggiamo di una norma varata dal Governo nazionale per stabilizzare i circa 4 mila e 600 precari ASU. A parte il fatto che le norme le approva il Parlamento e non il Governo, diamo atto alla politica nazionale che, sui precari siciliani della pubblica amministrazione, c’è stato un cambiamento di orientamento. Ma attenzione, perché i termini di questa vicenda non sono quelli illustrati in queste ore da politici e sindacalisti. Anzi, a dir la verità, i sindacalisti sono un po’ più sinceri, perché qualche verità, anche se edulcorata, la illustrano. E’ il caso di Paolo Montera, segretario generale della Cisl Funzione pubblica della Sicilia: “Apprezziamo – dice Montera – la norma approvata dal Consiglio dei ministri nel ‘decreto Pa’ che permetterà agli appartenenti alla platea degli oltre 4 mila ASU di essere assunti nel rispetto dei limiti assunzionali degli Enti presso cui sono impiegati. Si tratta della chiara dimostrazione di quanto sia importante il dialogo tra la Regione e lo Stato, cosa questa da sempre sostenuta dal nostro sindacato”. Già in questo passaggio emergono due elementi che proveremo a illustrare.

 

Prima o poi gli uffici dell’Unione europea si accorgeranno che in Sicilia la politica paga la spesa pubblica (in buona parte improduttiva) con i fondi europei destinati infrastrutture e formazione

Primo elemento: gli Enti locali – Regione siciliana, ex Province e soprattutto Comuni – possono assumere solo se le rispettive piante organiche prevedono nuove assunzioni di personale. Questa già è una porcata, perché toglie posti di lavoro ai giovani siciliani laureati meritevoli, che potrebbero accedere alla pubblica amministrazione con regolari concorsi. Che ci sono problemi da risolvere lo ammette lo stesso esponente della Cisl siciliana: “È un piccolo, sebbene storico, passo in avanti. Se è positivo che si sancisca con una norma nazionale (che ancora il Parlamento deve approvare) il diritto alla stabilizzazione di questi lavoratori, dopo quasi 25 anni di precariato, è altrettanto vero che il rispetto dei limiti assunzionali non comporterà la stabilizzazione immediata di tutto il personale. Per questo – aggiunge Montera – occorre rivedere la normativa sui limiti assunzionali e stanziare maggiori risorse”. Da dove dovrebbero arrivare queste “maggiori risorse” se lo Stato italiano, a causa delle spese che si continuano a sostenere per la demenziale guerra in Ucraina, non sa più dove trovare i soldi per andare avanti? A Montera sfugge che la Regione siciliana è in ‘bolletta’, che il Bilancio regionale è pieno di ‘accantonamenti negativi’ (leggere capitoli finanziati con soldi che non ci sono e che dovrebbero entrare non si sa quando) e che la stessa Regione siciliana, complice un’Unione europea di dilettanti allo sbaraglio che non sono nemmeno in grado di effettuare i controlli sulla spesa, ormai finanzia ordinariamente spesa corrente con i fondi europei che dovrebbero servire per gli investimenti.

 

Che senso ha pagare la TARI – la Tassa sui rifiuti – nelle città dove i rifiuti ristagnano per settimane nelle strade e nei marciapiedi? Nonostante la televisione – che oggi è un fattore di rincretinimento – i cittadini siciliani cominciano a ragionare con la propria testa.

Siamo arrivati così al secondo elemento di questa storia: ammesso che le piante organiche delle pubbliche amministrazioni siciliane consentano la stabilizzazione di nuovo personale, ebbene, dovranno essere gli Enti locali siciliani a retribuire i nuovi soggetti stabilizzati, perché lo Stato non ‘scucirà’ un euro. Lo Stato italiano, come già accennato, cerca soldi per ‘bruciarli’ nella guerra in Ucraina, figuriamoci se finanzierà la stabilizzazione dei precari ASU della Sicilia. La Regione siciliana è senza soldi e ormai utilizza in modo improprio i fondi europei e, forse – ma di questo non abbiamo certezza – paga con i fondi della sanità personale amministrativo in eccesso (su questo punto dovrebbe essere la Corte dei Conti a fare chiarezza, perché con 9 miliardi e mezzo all’anno di Fondo sanitario regionale siciliano è semplicemente incredibile che negli ospedali siciliani manchino medici, infermieri e posti letto!). Non va meglio per i Comuni della nostra Isola che sono senza Bilanci, a meno che non comincino a inserire entrate fantasiose, come fa la Regione siciliana. Non parliamo delle ex Province per le quali – giustamente – si prevede il ritorno degli amministratori eletti democraticamente (presidenti e consiglieri regionali), anche se non si capisce con quali soldi dovrebbero essere pagati. Non siamo mai stati liberisti, ma abbiamo la sensazione che in Sicilia, continuando così, saremo costretti a dare ragione a Frédéric Bastiat, ovvero alla folle idea di uno Stato dove tutti vivono alle spalle di tutti… Se non altro perché così facendo si va a fondo. E’ per questo che consideriamo totalmente fuori luogo la sviolinata di Montera su ASU e altro personale del pubblico impiego: “L’ok alla norma sugli ASU – aggiunge il sindacalista-ottimista – non deve fare distogliere lo sguardo dalle altre situazioni di lavoratori ‘deboli’ nel pubblico impiego. Analogo percorso va sostenuto per i precari degli Enti in dissesto, nonché per il riconoscimento dell’integrazione oraria degli ex contrattisti che rischiano di andare in pensione con un trattamento economico inferiore a quello minimo. Va ricordato da ultimo come il personale ASU in questi anni ha lavorato senza maturare alcun diritto alla pensione. Un’altra emergenza che occorrerà risolvere all’interno della vertenza ASU”. Il sindacalista della Cisl pone questioni ma non dice con quali risorse finanziarie dovrebbero essere affrontate. Citiamo un esempio molto semplice: sappiamo tutti che negli ultimi dieci anni e forse più i Comuni siciliani, per pagare i precari, hanno tagliato servizi ai cittadini. La novità è che tanti cittadini siciliani non pagano più tasse e imposte comunali, in parte perché non hanno più soldi, in parte perché si sono rotti i cabbasisi di pagare per mantenere precari e politici comunali. Che senso ha pagare la TARI – la Tassa sui rifiuti – nelle città dove i rifiuti ristagnano per settimane nelle strade e nei marciapiedi? Nonostante la televisione – che oggi è un fattore di rincretinimento – i cittadini siciliani cominciano a ragionare con la propria testa. Non è vero che i precari delle pubbliche amministrazioni siciliane sono risorse. Al contrario, tranne rari casi, sono un peso. Vanno bene ai politici per i voti e ai sindacalisti per le iscrizioni. Questo piano piano i cittadini siciliani lo hanno capito e si comportano di conseguenza, rifiutandosi di continuare a pagare per un sistema corrotto che produce solo Malasignoria.

 

Il futuro di Palermo è una città impoverita con pochi servizi, sanità pubblica allo sbando, consumi in calo, entrate comunali in picchiata. Questo se reggerà il pubblico impiego. Se dovesse entrare in crisi anche il pubblico impiego – cosa non improbabile – sarà il caos totale   

A Palermo, ad esempio, gli attuali amministratori comunali pensano di risolvere i problemi con l’aumento dell’addizionale IRPEF. Una mossa odiosa che provocherà un aumento dell’insofferenza dei cittadini verso una politica fallimentare. Fino ad ora l’unico problema che l’attuale Sindaco Roberto Lagalla ha affrontato e in buona parte risolto è l’emergenza sepolture nel cimitero monumentale di Santa Maria dei Rotoli: e di questo gliene va dato atto. Ma oltre questo lavoro meritorio c’è il nulla. La poca economia cittadina è tenuta in piedi dagli stipendi pubblici drasticamente ridotti dall’inflazione e dalle migliaia di turisti che ogni mattina arrivano nel porto della città: ma è un turismo mordi e fuggi’, caotico, che aumenta la cosiddetta ‘entropia sociale’, mentre il turismo tradizionale è ormai in buona parte intercettato dalla proliferazione di bed & breakfast. Questione ormai irrisolvibile, perché ridurre oggi i bed & breakfast provocherebbe solo danni, perché non è facile riorientare un turismo che si è assestato su costi più bassi per i turisti. Il Comune di Palermo e le società controllate sono piene di personale che, bene o male, viene pagato (anche se in alcuni casi le retribuzioni sono bassissime: per esempio nella RESET). Nonostante tutto questo personale i servizi offerti ai cittadini sono scadenti, le strade e i marciapiedi fanno schifo, tra buche e sporcizia. I rifiuti continuano ad essere un problema: la raccolta differenziata è fallimentare e la discarica di Bellolampo, che avrebbe dovuto essere chiusa venti anni fa causa inquinamento, è ancora attiva producendo altro inquinamento. Il servizio di trasporto pubblico dei passeggeri è ridicolo, i 15 Km di Tram attivi sono ultra-ridicoli con costi esorbitanti e entrate insignificanti. Si poteva puntare sui bus elettrici, invece la politica ha optato per una metropolitana ottocentesca solo per gestire appalti con annessi & connesi… Gli unici soggetti al quali il Comune riesce ancora a spillare soldi sono i commercianti e le poche imprese non commerciali. In questo scenario il Consiglio comunale si appresta ad esaminare e approvare un Bilancio che, in realtà, è solo una fiction contabile. Il futuro di Palermo è una città impoverita con pochi servizi, sanità pubblica allo sbando, consumi in calo, entrate comunali in picchiata. Questo se reggerà il pubblico impiego. Se dovesse entrare in crisi anche il pubblico impiego – cosa non improbabile – sarà il caos totale.

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