“Preghiamo affinché l’assistenza sanitaria sia segno di promozione della dignità umana e il sistema sanitario pubblico sia qualificato ed efficiente, rispettoso e attento alle esigenze anche dei più poveri”. Questa è l’intenzione dei Vescovi italiani affidata all’Apostolato della Preghiera, la rete di preghiera dei cattolici (ma anche solo di chi vuole pregare Dio) promossa dal Papa. Questa preghiera, a quanto pare, non viene raccolta dall’ospedale Cervello di Palermo, dove pregare non sembra di moda. Chissà, magari in questo ospedale pensano che la salute della Pubblica Sanità affidata alle preghiere significhi che la stessa Sanità dia segni di serio malessere. Meglio evitare le preghiere, allora? Tutti abbiamo sotto gli occhi la condizione terribile in cui versano gli ospedali italiani, soprattutto perché il loro biglietto da visita, i Pronto Soccorso, sono scenari di guerra piuttosto che oasi di benessere. Ma a questo vogliamo aggiungere che in alcuni ospedali non solo l’attenzione alla salute del corpo è scarsa, nonostante lo sforzo di tutti gli operatori (che ovviamente non possono sopperire alle mancanze di risorse finanziarie da parte dello Stato), ma anche che è inesistente quella alla salute dello spirito. Il nostro è un Paese di cultura cristiano cattolica, anche nel rispetto e nell’aiuto alla diffusione degli altri Credo religiosi, ma non ci dovremmo dimenticare del nostro Credo. Inoltre viviamo un momento storico in cui l’attenzione allo spirito è negletta, anzi derisa. Per gli operatori sanitari è già difficile far capire ai parenti di un moribondo che il parente è moribondo nonostante tutti gli sforzi, perché la risposta è: “E voi non state facendo niente?”(!). E’ difficile, contro il costume finto razionalista (di fatto solo indifferente e superficiale) chiamare, dall’ospedale, un amico sacerdote per fare amministrare i Sacramenti ai malati. Se a questo aggiungiamo che alcuni ospedali non rinnovano i contratti con la Curia locale per avere un cappellano nella propria struttura, ebbene, viene da pensare che ormai siamo al capolinea.
Direte: “Sì, vabbe’! Forse in Cina , dove la religione è vista come il fumo negli occhi!”. No! Come già accennato succede a Palermo e all’ospedale Cervello, dove, abbiamo saputo, non c’è più il cappellano, perché l’Azienda ospedaliera non ha rinnovato gli accordi con la Curia di Palermo. Invece, con grande gioia , sappiamo che opera un cappellano nell’Ospedale fratello-gemello del Cervello, Villa Sofia, con dei volontari (per la cronaca, Villa Sofia e Cervello fanno capo alla stessa Azienda ospedaliera dove, però, nei rapporti con la Curia, si utilizzano due pesi e due misure). Si potrebbe dire: “Ma pensiamo a curare bene i corpi, in un mondo in cui la Sanità va così male!”. E’ vero, gli ospedali ci sono per curare i corpi; ma i corpi di chi sono? Sono dei malati, cioè di persone fatte anche di mente e di anima. Come diceva Aristotele, l’Uomo è un sinolo inscindibile di anima e di corpo. Significa che chi sta male ha necessità del conforto anche della mente e, soprattutto, dell’anima. Chi crede sente la mancanza dei Sacramenti a cui si accostava quando stava bene e poteva andare da solo in Chiesa. Chi non crede, nel momento del dolore, sente magari più vive le domande a cui non dava ascolto quando stava bene e correva da una faccenda all’altra senza prendere fiato. Infine, i nostri Sacerdoti Cattolici sono bravi a confortare ognuno con il linguaggio che gli appartiene, perché hanno ricevuto lo Spirito che fa parlare loro tutte le lingue. Potranno così chiamare i loro omologhi di altre religioni quando necessario, come i medici si chiamano tra di loro quando c’è bisogno di un consulto specialistico. La vita di tutti noi è caduca: ha un inizio ed ha una fine, ma ognuno di noi, che ci crediamo o no, ha un’anima immortale, che sente la necessità di conforto e sostegno, soprattutto nel dolore e nel momento supremo. Se anche chi ci comanda non ci crede per se stesso, deve riflettere che non è giusto che tolga a chi gli è affidato questa possibilità.
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