da Mauro Crisafulli
esperto di politiche di sviluppo locale
riceviamo e pubblichiamo
Signor Presidente, premesso che la miniera di Pasquasia a partire dagli anni Sessanta ha rappresentato una delle più importanti fonti occupazionali per le
che grazie alla sua produzione, l’Italkali, azienda gestore, era la terza fornitrice mondiale di sali e che la chiusura della miniera ha decretato, a livello mondiale, la dismissione della Sicilia alla fornitura di sali potassici e derivati;
che secondo alcune stime, Pasquasia sarebbe potuta rimanere in attività per altri 8 anni, ma altre fonti autorevoli parlano di un periodo di produzione utile di anche venti anni;
che secondo dati del 1998 della stessa Italkali, la miniera era prevedibilmente produttiva per almeno un trentennio, con un livello produttivo medio annuo pari a due milioni di tonnellate del minerale kainite (nella foto a destra, Mauro Crisafulli).
Sul perché la miniera è stata chiusa, in modo così repentino malgrado l’abbondanza di minerale, negli anni si sono sostenute due tesi contrapposte;
una ipotesi, sosterrebbe che la chiusura sia avvenuta per consentire lo stoccaggio di rifiuti radioattivi, visti anche gli studi geologici fatti nel sito precedentemente la sua chiusura. La procura della Repubblica di Caltanissetta e la Direzione distrettuale antimafia hanno confermato l’esistenza di «un procedimento penale, archiviato nel 2003, a carico di noti indagati per reati ambientali correlati allo smaltimento dei rifiuti» e soprattutto «anche radioattivi all’interno della miniera in questione». Ma l’accesso alla documentazione non è possibile in quando la stessa Procura conferma che «tali atti tuttavia non sono ostensibili in quanto coperti da segreto».
Su questo punto chiedo la Sua attenzione. È il 30 Giugno del 1992, quando Leonardo Messina, uomo di mafia di San Cataldo, collabora con Paolo Borsellino e racconta di scorie nucleari a Pasquasia, a partire dal 1984. Le sue dichiarazioni, dopo la strage di via D’Amelio, 19 Luglio 1992, verranno messe in discussione e non sarà più chiaro ricostruire quello che abbia realmente detto o meno. Sulla carta stampata regna la confusione, la magistratura non ritiene fondate alcune sue dichiarazioni. Resta un enigma irrisolto. Dopo la chiusura della miniera, nel periodo che va dal 1992 al 1999, Pasquasia non ha alcun servizio di vigilanza. Ci sono degli ex lavoratori che si turnano, ma il servizio di vigilanza ufficiale parte il giorno 1 Novembre del 1999. In questo periodo vengono osservati degli strani movimenti notturni, tanto che partono diverse indagini: la Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta indaga sui rifiuti radioattivi (indagine posta sotto segreto), mentre la Guardia di finanza indaga sullo smaltimento illecito di rifiuti; infine, la Procura di Enna indaga sui rifiuti radioattivi. Questi movimenti restano un ulteriore enigma irrisolto. È sicuramente interessante sapere che l’Ente Minerario Siciliano si preoccuperà di saldare la porta di accesso al sottosuolo di Pasquasia nell’Aprile del 1996. Mentre in un casolare abbandonato vicino la miniera di Bosco Palo, in provincia di Caltanissetta, vengono ritrovate delle bolle di accompagnamento, con data 1994, usate per smaltire rifiuti.
Gli enigmi irrisolti sono tanti. Chi dovrebbe rispondere preferisce il silenzio. Fatto sta che questo lembo di terra di Sicilia è stata trasformata nella pattumiera d’Italia! Le quantità di amianto nei terreni sono tantissime ed hanno ormai avvelenato le acque delle falde acquifere del fiume Imera-Salso. Nelle aree di cui in oggetto, nelle provincie di Enna e Caltanissetta, con punte elevatissime nei paesi di Leonforte, Assoro, Valguarnera, Barrafranca, San Cataldo, le anchilostomiasi, malattie di chi lavorava in miniera, hanno lasciato il posto a tumori e leucemie. Numeri raccapriccianti, che neppure il “famoso” Registro dei Tumori, riesce decifrare. Signor Presidente, con la presente, chiedo che a Pasquasia ma anche nelle altre miniere in cui vige assoluto silenzio si faccia immediatamente chiarezza sui fatti accaduti negli ultimi decenni. Se ciò non dovesse avvenire in tempi stretti, alcuni cittadini liberi, assieme ad associazioni ambientaliste e di tutela del territorio, con a capo lo scrivente, inizieranno uno sciopero della fame ad oltranza sino a quando Ella non riceverà formalmente una nostra delegazione presso Palazzo Chigi.