“E’ dimostrato in maniera incontrovertibile il coinvolgimento nella strage del 19 luglio 1992 , costata la vita al giudice Paolo Borsellino e alla sua scorta, anche di
Che tipo di strage? In Italia, di stragi, ne sono andate in scena tante. A cominciare dalla strage di Portella della Ginestra dell’1 Maggio 1947, che anticipa con un segnale sinistro la nascita della Repubblica italiana. Stragi e misteri, basti pensare che, ancora oggi, gli archivi di Stato che conservano se non la verità, almeno le ombre e forse anche qualche nome ‘pesante’ sulla strage di Portella restano sigillati. Forse perché, ancora oggi, certi nomi che verrebbero fuori scatenerebbero ‘cataclismi politici’, oltre a spiegare, con ulteriori dettagli non certo secondari, perché l’Italia, nell’attuale momento storico, si trova ad essere, contemporaneamente, alla mercé degli Stati Uniti d’America e di un’Unione europea dedita ad affari tutt’altro che chiari. Strategia della tensione di fine anni ’60 per bloccare l’azione riformista che il Partito Socialista di Pietro Nenni e Riccardo Lombardi portava avanti (a fatica i potenti dell’epoca, dopo avere eliminato il presidente dell’ENI, Enrico Mattei – morto mentre volava con il suo aereo nel cielo di Bascapè, il 27 ottobre del 1962 in circostanze mai chiarite, o quasi – avevano ‘digerito’ la nazionalizzazione dell’energia elettrica); terrorismo ‘rosso’ e ‘nero’ per bloccare altre possibili riforme economiche e svolte politiche (le Brigate rosse nell’omicidio di Aldo Moro e le ombre dell’estremismo di destra nel delitto di Piersanti Mattarella). Delitti ‘eccellenti’ e bombe per eliminare uomini troppo ligi allo Stato di diritto e, infine, le stragi del 1992.
Per oltre trent’anni la mafia siciliana era responsabile di tutto. Ma soprattutto nella gestione della strage di via D’Amelio – e nell’azione di depistaggio delle indagini – i conti non tornano. Secondo i pubblici ministeri, “la valutazione complessiva degli elementi non lascia dubbio sulla esistenza di cointeressenze con centri di potere esterni alla mafia nella deliberazione della strage di via D’Amelio e nella successiva partecipazione alle fasi esecutive di appartenenti ad apparati istituzionali“. Insomma, centri di potere esterni alla mafia. Ma non esterni allo Stato italiano. Leggiamo sul quotidiano La Sicilia: “Secondo la Procura inoltre il depistaggio delle indagini sull’attentato, che portò all’incriminazione di innocenti e che è stata contestata ai tre imputati, è imputabile al dottor La Barbera (allora capo del pool che indagava poi deceduto ndr) e ha avuto come finalità principale proprio quella di occultare le responsabilità esterne. Un ragionamento che, secondo i pm, contrasta con la ricostruzione della sentenza di primo grado che esclude che La Barbera abbia agito per favorire i boss e che porta alla esclusione dell’aggravante anche per i poliziotti imputati e alla conseguente prescrizione dei reati a loro contestati” E ancora: “La fotografia del dottor La Barbera che le risultanze probatorie ci consegnano» secondo i magistrati è quella «di un ufficiale di polizia giudiziaria in realtà legato mani e piedi al servizio segreto civile, contrariamente a quanto sostenuto in maniera incomprensibile dal tribunale»”. Chissà, magari verranno fuori nuovo elementi. Tornano alla mente le parole pronunciate da Salvatore Borsellino, fratello del giudice paolo Borsellino, in una recente intervista all’Adnkronos: “Dal punto di vista giudiziario non credo che si arriverà alla verità, o perlomeno io non sarò vivo se mai dovesse accadere. La verità storica, invece, ormai è evidente, ma la giustizia è un’altra questione… Si parla di ‘elementi istituzionali’, però perché non si è indagato a fondo su questi elementi?”. Insomma, è la tesi di Salvatore Borsellino, “il depistaggio inizia con la sparizione dell’agenda rossa eppure su questo punto fondamentale non c’è mai stato un processo specifico. Perché vengono indagati quelli che hanno convinto Scarantino a depistare – chiede il fratello del giudice – e non si indaga a fondo su chi ha potuto prelevare l’agenda rossa? Sul fatto che quando La Barbera riconsegna la borsa l’agenda rossa non c’è più, sul fatto che il verbale del prelievo di quella borsa è stato fatto mesi dopo e non nell’immediatezza? La borsa era un reperto fondamentale per arrivare agli autori di quella strage. Si dice ‘è stato lo Stato’, ma lo Stato è fatto di uomini – ragiona il fratello del giudice antimafia -. Queste persone dove sono oggi? Sono ancora dentro le Istituzioni, magari in posti di comando?”.
Se i giudici parlano di “esistenza di cointeressenze con centri di potere esterni alla mafia nella deliberazione della strage di via D’Amelio”, Federico Dezzani, nel suo blog, scrive di “obiettivi addirittura in contrasto con gli interessi di Cosa Nostra”. Rileggiamo il ragionamento di Dezzani: “.. alla base delle stragi in Sicilia e ‘sul continente’, non ci fu il braccio di ferro tra malavita e Stato sul 41 bis, ma un più ampio ampio ed ambizioso progetto con cui ‘le menti raffinatissime’ vollero ridisegnare la mappa economica e politica dell’Italia, inserendola nella più vasta cornice del Nuovo Ordine Mondiale. L’omicidio dell’eurodeputato Salvo Lima va collegato alla cruciale elezione del Presidente della Repubblica di quell’anno; l’omicidio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono analoghi ammonimenti lanciati al Parlamento, ma allo stesso tempo sono anche un avvertimento alla giustizia italiana affinché si fermi al livello ‘insulare’ delle indagini, senza approfondire i legami tra Cosa Nostra ed i servizi segreti della NATO; le bombe del 1993 sono un ‘lubrificante’ per consentire agli anglofili del Britannia di smantellare a prezzi di saldo l’IRI e l’industria pubblica. In questo contesto, la mafia è uno strumento dell’oligarchia atlantica per perseguire obiettivi addirittura in contrasto con gli interessi di Cosa Nostra: è infatti assodato che la stagione stragista debilitò gravemente Cosa Nostra, ‘spremuta’ nella strategia della tensione del 1992-1993 fino quasi a svuotarla. Allargando l’analisi, non si può certo definire un’eccezione l’impiego del crimine organizzato da parte degli angloamericani: anzi, sembrerebbe quasi una costante della storia italiana. Del biennio 1992-1993 abbiamo detto a sufficienza: passiamo ora in rassegna gli altri momenti cruciali del Bel Paese, verificando se ci sia o meno lo zampino della malavita” (qui per esteso l’articolo di Federico Dezzani).
Foto di prima pagina tratta da Antimafia Duemila