Prima dell’arrivo del disastroso, antimeridionale e antisiciliano Governo nazionale di Matteo Renzi, il Fondo regionale per le Autonomia locali ammontava a quasi un miliardo di euro all’anno. Si tratta dei fondi che la Regione eroga ogni anno ai Comuni dell’Isola. Oggi, come leggiamo in un comunicato della Regione siciliana, il Fondo per le Autonomie locali è stato ridotto a 264 milioni di euro: tanti ne sta stanziando l’attuale Governo siciliano di Renato Schifani per quest’anno. Ovviamente, la responsabilità della riduzione di poco meno dei tre quarti del Fondo delle Autonomie locali non è dell’attuale Governo regionale. I fatti, però, sono quelli che sono. La notizia, come si legge nel citato comunicato della Regione, è che la Conferenza regionale delle Autonomie locali “ha definito i criteri di ripartizione delle risorse dell’ex Fondo autonomie locali da destinare ai Comuni per l’annualità 2023. La legge Finanziaria di quest’anno prevede che le prime tre trimestralità vengano assegnate ai Comuni entro il mese di Maggio. Quindi, entro i prossimi dieci giorni l’assessorato procederà a trasferire le risorse economiche e a dotare i Comuni di liquidità di cassa. L’ultima trimestralità verrà erogata nei primi mesi del 2024 e, in quella sede, verranno determinate le operazioni di riequilibrio delle assegnazioni”. Già questa è un’assurdità: per quale motivo l’ultima trimestralità di quest’anno verrà erogata nel 2024? Di fatto, il Governo regionale, per quest’anno, sta erogando una trimestralità in meno! Perché non dirlo in lingua italiana, invece di fare demagogia da quattro soldi?
“Come previsto dalla normativa vigente – leggiamo ancora nel comunicato – le somme, contabilizzate per l’annualità in corso, al netto delle riserve, in 264.404.550 euro, verranno ripartite tra i Comuni in ragione di un coefficiente pro-capite commisurato della popolazione residente rilevata dall’Istat al 1 Gennaio 2022 e all’assegnazione ripartita nel 2019. In particolare, i Comuni sono stati distinti in otto fasce progressive sulla base alla popolazione. Le prime tre fasce comprendono Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti: la prima tra 0 a 999 abitanti è costituita da 41 Comuni, la seconda tra 1.000 a 2.999 abitanti è la più numerosa con 106 enti, della terza fascia (tra 3.000 e 4.999) fanno parte 66 Comuni. Tra i 5.000 e i 10.000 abitanti si trovano 69 Comuni, da 10.000 a 19.999 sono 55, da 20.000 a 59.999, invece, 46. Solamente 4 i Comuni con popolazione tra i 60.000 e i 99.999 abitanti e altrettanti (Palermo, Catania, Messina e Siracusa) quelli che rientrano nell’ottava fascia con una popolazione superiore ai 100 mila abitanti. Il più piccolo è Roccafiorita in provincia di Messina, al quale saranno trasferiti 243.711,29 euro; quello con la popolazione più numerosa è Palermo con 635.439 abitanti e un trasferimento di 12.851.255,87 euro”. A parte i dati elencati in modo confuso, quello che noi sappiamo è che i Comuni siciliani con popolazione inferiore a 5 mila abitanti avranno a disposizione 120 milioni di euro; mentre i Comuni con popolazione superiore a 5 mila abitanti avranno a disposizione 144 milioni di euro. Ai 264 milioni di euro va aggiunta la riserva di 64 milioni di euro. Risorse che verranno utilizzate per alcuni Centri storici individuati dall’Assemblea regionale siciliana e per alcuni servizi essenziali (dovrebbero essere le categorie deboli).
“Nel corso della seduta – conclude il comunicato – sono stati approvati anche i criteri per il riparto delle risorse di parte corrente destinate ai Liberi consorzi e alle Città metropolitane”. I Liberi Consorzi e le tre Città metropolitane non sono altro che le vecchie Province alle quali hanno solo cambiato il nome. Da quello che noi sappiamo – perché nel comunicato ufficiale non ci sono numeri – alle ex nove Province siciliane dovrebbero essere assegnati 98 milioni di euro, poco più di 10 milioni di euro per ogni amministrazione provinciale. Basteranno? No, ne occorrerebbero almeno il triplo, ma con i tagli operati dal Governo nazionale per pagare gli interessi sul truffaldino debito pubblico imposto dai massoni e predoni dell’Unione europea bisogna fare di necessità virtù. Tanto più che i tagli alle Province siciliane disposti dal Governo Renzi non sono mai stati bloccati: li ha confermati il Governo Gentiloni; li ha confermati il primo Governo di Giuseppe Conte; li ha confermato il secondo Governo di Giuseppe Conte; li ha confermati il Governo di Mario Draghi; e li ha confermati l’attuale Governo di Giorgia Meloni. Questi sono i fatti concreti, oggettivi. Ancora oggi lo Stato trattiene i 120 milioni di euro all’anno delle Rc auto che, fino a prima del Governo Renzi, erano gli unici introiti di finanza non derivata delle nove ex Province siciliane. Per rimetterle minimamente in sesto basterebbe che lo Stato restituisse alle nove ex Province siciliane gli introiti da Rc auto. Ma di questo non se ne parla. I soldi oggi dello Stato italiano servono per acquistare le armi dai produttori delle stesse armi (che sono ‘di sinistra’) per regalarle all’Ucraina: armi che, nel 60-70% dei casi vengono regolarmente distrutte dalle bombe russe. Questi sono i fatti. Il resto sono bugie. Leggiamo qua e là che per tornare ad eleggere i presidenti delle nove ex Province e i Consiglio provinciali – come vorrebbe il Governo Schifani – bisogna cambiare la legge: cosa che il Parlamento siciliano può fare senza passare da Roma, aggiungiamo noi. Tutto vero. Ma, contemporaneamente, bisogna trovare i soldi per pagare i componenti delle nove Giunte provinciali (Presidenti e assessori) e i consiglieri provinciali. Altrimenti si fanno solo chiacchiere.