di Ciro Lomonte
Esattamente come previsto pubblicamente da Siciliani Liberi, il Comune di Palermo – di fatto in dissesto – non può chiudere e varare il Bilancio di previsione. Se non ricorrendo allo stesso trucco contabile cui è ricorso il Comune di Milano. Il trucco spiega anche perché Milano abbia debiti per 3,6 miliardi (avete letto bene: 3 miliardi e 600 milioni di euro). E Palermo per oltre 1 miliardo di euro. Si fa così: alla voce Entrate si inseriscono cifre che mai saranno incassate, ma che consentono di pareggiare le Uscite. Milano ha inserito nel Bilancio previsionale 2023 approvato a Marzo ben 140 milioni da ‘vendite immobili’. Se poi le vendite non avverranno mai, oppure renderanno 50 milioni, nessun problema: sarà solo nuovo debito. Lo stesso con innumerevoli altre voci incluse gli ‘incassi per multe’. Il Comune di Palermo fa lo stesso: e presenta al Consiglio comunale un documento contabile da approvare in cui sono messe in vendita (leggete bene perché siamo su livelli pirandelliani): il mercato ortofrutticolo, piazza Magione, la piscina comunale, piazza Alberico Gentili, l’area Lolli-Notarbartolo e l’area Sampolo Giachery.
Ovviamente, i consiglieri comunali saltano sulla sedia (“Ma sono impazziti, a scrivere simili follie?”). Eppure, scrive il cronista del quotidiano cittadino “la lista passa il vaglio di dirigente e assessore al Patrimonio; nella seduta di giunta tutto fila liscio”. La delibera viene calanderizzata per l’approvazione consiliare. E ora per ritirarla servirà votare un emendamento correttivo.
Ricordiamo che l’assessore al Bilancio è un avvocato, deputato nazionale del partito della Premier Giorgia Meloni. Quello che il cronista non scrive è a quanto ammontano, in milioni di euro, le ipotetiche Entrate dei 6 cespiti in questione. Ad esempio, la piscina olimpica con le sue due vasche da 50 m, coperta e scoperta, con tribune e campi di basket e pallavolo quanto è stata valutata: 50 milioni di euro? E ora, al Comune, per chiudere il Bilancio con il giochino delle ipotetiche Entrate cosa metteranno: la vendita del Teatro Massimo? È chiaro, fuori da ogni ironia, che la situazione non è più risolvibile senza la dichiarazione di dissesto. È evidente che a far commettere errori così risibili all’assessore e ai dirigenti competenti, tutti laureati in discipline economiche e giuridiche con molti anni di esperienza, non è altro che la pressione insostenibile della “politica”, ovvero i partiti romani con in testa quello egemone che ha gestito Palermo per 20 dei 30 anni passati dalla elezione diretta del Sindaco. Si metta fine adesso a questa situazione: la farsa, con la finta vendita della piscina olimpica, si trasformerà in pochi giorni in tragedia quando il Comune, con le casse ormai vuote e la banca cassiera indisponibile ad anticipare altri soldi, non potrà più pagare gli stipendi. Che fra dipendenti diretti, società partecipate, e precari, ammontano ad oltre 20 mila unità. Il Sindaco metta in sicurezza gli stipendi con la dichiarazione di dissesto. Poi, sarà tardi. C’è un consiglio politico personale che vorremmo dare al Sindaco, da partito politico maturo e di antica cultura politica quale è Siciliani Liberi: Professore Roberto Lagalla, ricordi che, al collasso finanziario del Comune, i palermitani non andranno alla ricerca dei veri responsabili, cioè le precedenti amministrazioni di cui lei non faceva parte. Ma sarà a lei e ai suoi assessori che chiederanno conto.
Foto tratta da Comune di Palermo