Impossibile, in questo momento storico, fare previsioni sull’andamento dei mercati agricoli. Oggi commentiamo due notizie. La prima la leggiamo nel report di Sandro Puglisi, analista dei mercati internazionali. La seconda la leggiamo sul blog DURODISICILIA. tema: il prezzo del grano. Cominciamo con il report di Puglisi, che ci racconta che ieri, Venerdì 5 Maggio, “i mercati agricoli statunitensi sono saliti bruscamente a causa delle crescenti preoccupazioni che la Russia possa non rinnovare l’accordo sui cereali del Mar Nero, che scadrà il 18 Maggio, dopo che è scoppiata una scazzottata durante gli ultimi negoziati”. L’analista dei mercati internazionali fa riferimento all’accordo voluto fortemente dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) che ha dato vita, a partire dall’Agosto dello scorso anno, a un cessate il fuoco, nel Mar Nero, per consentire il transito delle navi ucraine cariche grano, mais, semi di girasole e altri prodotti agricoli. In realtà, il cessate il fuoco tra russi e occidentali impegnati nella guerra in Ucraina getta uno squarcio di luce sinistra sull’ONU. In primo luogo, perché non è vero che l’Ucraina può esportare grano e altri prodotti solo con le navi, tant’è vero che ha riempito di grano (di pessima qualità) l’Europa trasportandolo con i treni e i mezzi gommati che hanno attraversato la Polonia.
L’ONU ha preso per i fondelli i russi e l’universo mondo, consentendo al Governo della Polonia, al Governo ucraino e a tre multinazionali – Monsanto, Cargill e DuPont – di effettuare una speculazione mostruosa ai danni dei cittadini europei ai quali è stato rifilato grano ucraino di pessima qualità! L’ONU non è al di sopra delle parti ma difende gli interessi dell’Occidente e, in questa vicenda, anche di chi ha speculato sul grano ucraino. Puglisi racconta che “la Russia non estenderà il patto del Mar Nero oltre il 18 Maggio a meno che non venga soddisfatta la sua lista di richieste sulle esportazioni di cibo e fertilizzanti”. A quanto pare, l’accordo sul corridoio umanitario nel Mar Nero prevedeva di far passare le navi ucraina cariche di prodotti agricoli dirette verso Africa e Medio Oriente (anche in questo caso non è stato sempre così, perché una parte dei prodotti agricoli ucraini è finita in Europa, contribuendo a far crollare il prezzo del grano in Europa, già massacrato dall’arrivo di massicci quantitativi di grano via terra dalla Polonia), ma anche di consentire alla Russia di esportare i propri prodotti: ma questo l’ONU non è riuscito
Insomma, le tensioni tra Russia e Occidente in Ucraina stanno facendo aumentare il prezzo del grano a livello internazionale. La precisazione sulla guerra in corso è è importante, perché i russi, in Ucraina, non stanno combattendo con gli ucraini ma contro tutto l’Occidente che fornisce all’Ucraina armi, mercenari e anche occasioni per speculare, com’è avvenuto e come continua ad avvenire in Polonia, che non vuole più il grano ucraino (perché ha fatto precipitare il prezzo del grano anche in Polonia, in Ungheria, in Slovacchia e in Romania, anche se c’è il dubbio che questi cinque Paesi non vogliano il grano ucraino perché di pessia qualità, pieno di contaminanti a cominciare dai metalli pesanti!) ma che lo fa passare dal proprio territorio per sbolognarlo agli ignari cittadini degli altri Paesi dell’Unione europea, per la gioia degli industriali, che comprano un grano a prezzi bassi! Ma se il prezzo del grano cresce a livello internazionale non è detto che in Italia – in testa nel Sud Italia e soprattutto Sicilia – il prezzo del grano duro andrà su. Interessante il citato articolo che leggiamo sul blog DURODISICILIA. L’articolo è dello scorso 1 Maggio ma lo scenario non dovrebbe essere molto cambiato. Nell’articolo di DURODISICILIA si sottolinea “il calo dei sottoprodotti di macinazione che indicherebbe una aumentata attività molitoria. E solitamente non vi è nulla di peggio, per le prospettive a breve termine, di un calo dei prezzi del grano in corrispondenza di elevata macinazione (cioè domanda elevata da parte dei mugnai teoricamente). Ciò potrebbe indicare nuovi ribassi nelle prossime settimane, perché evidentemente l’offerta potrebbe risultare ampia”. Si segnala inoltre un grande export di grano canadese, supponiamo di duro (per le industrie della pasta) e di tenero (per le industrie dolciarie ma anche per il pane e per le pizze). Nell’articolo si legge che nella settimana precedente l’1 Maggio il prezzo del grano “aveva chiuso già in pesante ribasso a 6,62 $/bu, ed ora siamo a circa 6,25 $/bu, ovvero a livello Europeo alla borsa di Parigi vale circa 23 €/q, che a questo punto rappresenta il nuovo livello minimo a cui potrà spingersi il prezzo del nostro Duro nei prossimi mesi (qualora le prospettive ribassiste si concretizzassero pienamente) aggiungendo magari un piccolo differenziale di 2 €/q, che solitamente rappresenta il differenziale tra Tenero e Duro in condizioni di piena disponibilità di entrambi”. La notizia non è bella per gli agricoltori del Sud e della Sicilia che producono grano duro, perché con un prezzo a 23 euro al quintale, a fronte dell’aumento vertiginoso dei costi di produzione, il disastro è assicurato. A meno che, si legge sempre nello stesso articolo, “non dovesse riesplodere il conflitto Russo-Ucraino che potrebbe nuovamente tornare a sconvolgere il mercato dei cereali nei prossimi mesi. In mancanza di fatti nuovi e seriamente aggressivi da una delle due parti in guerra, però, il prezzo del wheat appare in irreversibile ulteriore calo verso prezzi a lui più comuni, sotto i 20 €/q”. Insomma, il prezzo del grano duro potrebbe tornare a 20 euro al quintale, come quattro-cinque anni fa. Un disastro totale!
Foto di prima pagina tratta da Il Messaggero
Visualizza commenti