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“Può definirsi ‘italiana’ la pasta che viene realizzata senza utilizzare grano duro italiano?”/ MATTINALE 908

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  • Domanda legittima, quella posta da CIA AGRICOLTORI ITALIANI. Che riguarda anche la nostra salute, dal momento che l’Italia è invasa da grano duro estero. E tra questo grano duro estero c’è anche quello ucraino altamente inquinato dalle bombe  
  • I terreni dell’Ucraina, a causa dei bombardamenti, sono pieni di metalli pesanti, a cominciare dal piombo. Siamo sicuri che questi contaminanti non siano arrivati alle cariossidi di grano? 
  • La petizione lanciata da CIA AGRICOLTORI ITALIANI

Domanda legittima, quella posta da CIA AGRICOLTORI ITALIANI. Che riguarda anche la nostra salute, dal momento che l’Italia è invasa da grano duro estero. E tra questo grano duro estero c’è anche quello ucraino altamente inquinato dalle bombe  

“Può definirsi ‘italiana’ la pasta che viene realizzata senza utilizzare grano duro italiano?”. Così titola un articolo di agricoltura.it – Il giornale dell’agricoltura italiana. la domanda ci sta tutta. Perché quello che succedendo nel mondo del grano italiano giustifica tale domanda. Da un anno a questa parte il prezzo del grano duro è andato giù. Alla fine dobbiamo ammettere che i timori degli agricoltori, che poco più di un anno fa, quando il prezzo del grano duro italiano ‘viaggiava’ intorno a 60 euro al quintale in Puglia e a 52-53 euro al quintale in Sicilia, si sono rivelati giustificati. Poco più di un anno e mezzo fa era già scoppiata la guerra in Ucraina, ma il costo dei fertilizzanti azotati era già andato su. Correva il mese di Novembre del 2021 e noi scrivevamo il seguente articolo: “Dopo la Cina anche la Russia ridurrà l’export di fertilizzanti: aumento del prezzo dell’urea in tutta l’Europa“. Il prezzo dei fertilizzati azotati, a fine 2021, era già aumentato. Così com’era cresciuto il prezzo del gas. La guerra in Ucraina, è noto, ha fatto aumentare l’inflazione e oggi produrre grano duro costa un bel po’ di quattrini: basti pensare al raddoppio del prezzo dei fertilizzanti e al raddoppio del costo della mietitrebbiatura. Poco più di un anno fa gli agricoltori di Puglia e Sicilia che producono grano duro si ponevano la domanda: “Per ora, con il prezzo del grano all’insù, anche con l’aumento dei costi di produzione si va avanti. Ma se il prezzo dovesse crollare di nuovo che succederà?”. Così arriviamo ai giorni nostri, con il prezzo del grano duro che è crollato: in Puglia è sotto i 40 euro al quintale (per ora fra 36 e 38 euro al quintale), mentre in Sicilia il crollo è più marcato e potrebbe essere sceso sotto i 30 euro al quintale. Non c’è nemmeno bisogno di chiedere perché tutto questo succede, perché lo sanno tutti: l’Italia è letteralmente invasa da grano duro e grano tenero estero. Si tratta, per lo più, di grano canadese e ucraino. Il 15 Aprile abbiamo scritto un articolo dal titolo: “Il prezzo del grano duro crolla mentre il prezzo della pasta no e in alcuni casi aumenta. Come mai?“. A questa domanda risponde Gennaro Sicolo, presidente regionale di CIA Puglia e vicepresidente nazionale di CIA Agricoltori Italiani, che su agricoltura.it precisa: “C’è una guerra sciagurata e tragica, quella in corso tra Russia e Ucraina, che ha conseguenze pesanti anche sulla cerealicoltura italiana. Al grano ucraino, lo sapete, molte nazioni hanno chiuso le porte. L’Italia è il Paese europeo che ne assorbe la maggiore quantità. Al frumento ucraino si aggiunge quello che arriva in Italia da Kazakistan, Canada, Francia, Australia e da altri Paesi. Non contestiamo la necessità di importare una quota di grano dall’estero per coprire parte del fabbisogno industriale – ha spiegato Sicolo – ma temiamo che quella quota si avvii a essere maggioritaria e che l’aumento incontrollato delle importazioni porti alle estreme conseguenze una dinamica già in atto: la riduzione progressiva della produzione di grano italiano, la chiusura di centinaia di aziende cerealicole e la perdita di migliaia di posti di lavoro”. Quindi pone alcune domande: “Su quale tipo di terreni e con quali metodologie vengono coltivati i grani che arrivano in Italia? Ce lo siamo chiesti? Hanno la stessa qualità e i medesimi standard di sicurezza alimentare che i produttori cerealicoli italiani garantiscono al loro grano?”.

 

I terreni dell’Ucraina, a causa dei bombardamenti, sono pieni di metalli pesanti, a cominciare dal piombo. Siamo sicuri che questi contaminanti non siano arrivati anche alle cariossidi di grano? 

Domande precise, che meritano risposte altrettanto precise. I bombardamenti provocano inquinamento. Che tipo di inquinamento? Proviamo e entrare nel merito. Le esplosioni di razzi e artiglieria provocano la formazione di composti chimici che non esattamente un toccasana per i terreni e per i corsi d’acqua: monossido e biossido di carbonio, ossido nitrico, ossido di azoto, protossido di azoto, formaldeide, vapori di cianuro di idrogeno. Poi c’è la questione legata alla presenza di metalli pesanti. Le bombe contengono piombo e c’è anche il dubbio che sia stato utilizzato uranio impoverito. Chi ha seguito le cronache di guerra sa che l’Ucraina è stata bombardata in lungo e in largo e che sono stati distrutti migliaia di mezzi militari pesanti. In Ucraina siamo davanti a un inquinamento di metalli pesanti di proporzioni spaventose. E’ verosimile la tesi che questo spaventoso inquinamento di metalli pesanti abbia risparmiato le cariossidi di grano? A noi sembra assai improbabile. Polonia, Ungheria, Slovacchia e Romania non vogliono più il grano ucraino perché ne è stato importato così tanto che il prezzo è crollato. Ma siamo sicuri che il problema sia solo questo? Non c’è anche un problema di inquinamento del grano? Ricordiamo che dall’Ucraina, in Italia, è arrivato tanto grano duro e tanto grano tenero. I controlli sulla qualità di tale grano sono stati effettuati? Torniamo alla domanda posta all’inizio di questo articolo: “Può definirsi ‘italiana’ la pasta che viene realizzata senza utilizzare grano duro italiano?”. Ancora agricoltura.it: “E’ una domanda che poniamo ai consumatori, alle associazioni che ne difendono i diritti, a chi parla di ‘sovranità alimentare’ senza svelare cosa c’è dietro il vero e proprio tracollo delle quotazioni del frumento duro italiano e la conseguente diminuzione in Italia delle superfici coltivate per produrre grano. Noi ci stiamo mobilitando con una piattaforma di richieste al Governo italiano, proposte sostenute da una petizione pubblica (https://chng.it/zVC8sWyT75). Occorre che la mobilitazione diventi di tutti gli italiani, ne va non solo del futuro della filiera grano-pasta, ma anche della salute dei nostri figli”. L’attuale Governo italiano ha cambiato il nome al Ministero dell’Agricoltura, che adesso si chiama Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste. Il grano arrivato dall’Ucraina – signori di questo Governo – di quale “Sovranità alimentare” fa parte?

La petizione lanciata da CIA AGRICOLTORI ITALIANI

“Il grano italiano ha valori nutritivi, livelli di salubrità e standard di sicurezza alimentare di gran lunga superiori al grano estero importato massicciamente e senza controlli adeguati.

Con questa petizione, chiediamo al governo italiano e alle istituzioni di mettere in campo tutte le azioni possibili per il monitoraggio, la trasparenza e la tutela della qualità e delle quantità di grano nazionale utilizzato per la pasta e il pane consumati dagli italiani.

Chiediamo a tutti di firmare questa petizione per salvare il grano italiano da chi maldestramente mette in atto speculazioni a danno dei produttori e dei consumatori. Vogliamo che i cittadini siano sicuri della qualità e della salubrità del grano impiegato per realizzare la pasta e i prodotti da forno che mangiano tutti i giorni. Vogliamo che una pasta 100% Made in Italy sia veramente tale, senza possibilità di inganno.

Chiediamo, attraverso questa petizione, di dar forza all’azione del governo per difendere il cibo italiano e salvaguardare la sovranità alimentare.

Il grano duro è di gran lunga la prima coltura in Italia ed è alla base di prodotti simbolo del Made in Italy come il pane e la pasta.

L’Italia è il primo paese produttore di grano duro in Europa e il secondo nel mondo. Pur essendo naturalmente vocata alla coltivazione di grano duro, l’Italia resta anche il secondo paese importatore al mondo.

Il prezzo del cereale simbolo del Made in Italy lo determinano i grani esteri che, a differenza di quello italiano, sono prodotti con standard qualitativi, di salubrità e costi di produzione molto più bassi.

Il crollo in caduta libera del valore riconosciuto al grano duro è un sonoro schiaffo alla nostra agricoltura. Il calo dei listini sui campi e alle borse merci in Italia è da addebitare a movimenti speculativi dovuti agli arrivi incontrollati di grano duro dall’estero e anche alla mancata attivazione di strumenti volti a dare maggiore trasparenza al mercato. A questo, si aggiungono i costi delle materie prime in forte impennata.

Senza interventi immediati, gli agricoltori saranno costretti ad abbandonare la produzione per scarsa redditività. Il grano duro ha costi di produzione intorno a 1.400 euro per ettaro. Con i prezzi attuali, i produttori non riescono nemmeno a coprire le spese perché sono costretti a vendere a 1.100 euro per ettaro (–300 euro).

Il prezzo del grano è sceso del 40% nelle ultime settimane, mentre il prezzo della pasta sullo scaffale è aumentato in media del 30%.

Inaccettabile! Questa è una grave speculazione!

I consumatori conoscono la provenienza del grano dal quale sono state ricavate le farine che compongono pasta e prodotti da forno? È necessario garantire maggiormente la provenienza e la tracciabilità dei grani e, quindi, comunicarli correttamente ai consumatori.

Difendiamo tutti insieme il prodotto italiano, garanzia di qualità e salubrità!

Firmando questa petizione, ci aiuterai a tutelare il grano 100% italiano e a dire:

· NO alle speculazioni commerciali sulla pelle dei produttori e dei consumatori;

· NO a chi spaccia falso grano estero piazzandolo come italiano;

· NO all’arrivo indiscriminato sul territorio italiano di grani stranieri;

· NO a chi non vuole riconoscere i costi minimi di produzione ai cerealicoltori;

· NO a frodi che rovinano l’immagine di un prodotto simbolo dell’Italia.

Unisciti a Cia-Agricoltori Italiani per chiedere:

· SI a maggiori controlli sull’etichettatura;

· SI all’istituzione della CUN (Commissione Unica Nazionale) del grano duro per una maggiore trasparenza dei prezzi;

· SI al potenziamento dei contratti di filiera tra agricoltori e industria;

· SI al Registro Telematico dei Cereali con avvio immediato”.

Noi torniamo a consigliare ai nostri lettori di portare in tavola solo pasta prodotta con grano duro italiano. E siccome le industrie della pasta, su questo fronte, non sono chiare, meglio rivolgersi ai produttori artigianali di pasta della Sicilia e del Sud. Di solito dai lettori del Nord Italia arriva la seguente domanda: “Noi, al Nord, come facciamo a trovare la pasta di grano duro artigianale di Sicilia e Sud Italia?”. Risposta semplice: cercatela sulla rete.

 

 

 

 

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