di Domenico Macaluso
Ispettore Onorario ai Beni Culturali della Regione Siciliana in materia di Geologia Marina
Si è attivato un trigger climatico che ha acceso il nostro pianeta e non sappiamo come spegnere questo interruttore. Questa è l’angosciante considerazione dei climatologi, in relazione agli stravolgimenti climatici a cui stiamo assistendo, con bizzarrie che ci regalano splendide giornate in pieno Dicembre, alle quali si contrappongono grandinate e nevicate a Primavera inoltrata! Si tratta di condizioni climatiche inusuali, estreme, che hanno un effetto devastante soprattutto sull’agricoltura, con lo stravolgimento dei cicli vegetativi, il disorientamento degli animali impollinatori e con una siccità registrata già in Inverno, che lascia presagire, oltre che un disastro per le colture, gravi disagi per le popolazioni del Nord-Italia, non equipaggiate per l’approvvigionamento idrico come lo sono quelle del Sud, atavicamente in lotta con la carenza di acqua; un popolo come quello siciliano, attrezzato a conservare il prezioso liquido, anche posizionando quegli inestetici serbatoi sui tetti delle loro case, che suscitano disgusto in quell’animo sensibile di Vittorio Sgarbi!
Per il nostro mare non va meglio: sin dal 1995 abbiamo intrapreso il monitoraggio dello Stretto di Sicilia, per studiare i fenomeni geologici che hanno luogo in questo tratto di Mediterraneo, posizionando sonde multi-parametriche che per anni hanno registrato la temperatura delle acque ed il livello del mare. Il risultato di questa meticolosa osservazione è stato pubblicato in un rapporto curato dall’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) che spiazza e sgretola le teorie negazioniste, fornendo freddi, nudi ed inoppugnabili dati: il Mediterraneo si sta riscaldando e si sta innalzando il livello del mare. E non è tutto; nel corso di numerose immersioni nelle acque che nel 1831 hanno visto sorgere dai fondali l’effimera isola Ferdinandea abbiamo riscontrato un fenomeno inquietante, la scomparsa del cosiddetto termoclino, quella linea di demarcazione tra acque temperate di superficie e quelle fredde dei fondali: le acque calde si riscontrano anche in profondità e, per un principio di fisica che recita che all’aumento della temperatura diminuisce la solubilità di un gas, queste acque contengono meno ossigeno. Di conseguenza, i pesci che facevano parte da millenni di questo ecosistema fuggono alla ricerca di acque più fresche: al loro posto arrivano le cosiddette specie aliene, non perché provenienti da Marte, ma da mari tropicali o dall’Atlantico, entrando in competizione con le specie endemiche che vengono spiazzate dai nuovi arrivati. Un fenomeno che sta stravolgendo un ecosistema che si era equilibrato nel corso di millenni di selezione naturale e adattamento ambientale. Granchi fantasma (nella foto a destra tratta da Grandangolo), granchi blu, vermocani, pesci pappagallo e meduse urticanti hanno colonizzato il nostro mare con una sostituzione etnico/zoologica che, in questo caso, ha effetti devastanti, come sanno bene i nostri pescatori!
Ma il riscaldamento della Terra non crea soltanto uno stravolgimento dell’ecosistema, fa di peggio, facendo liberare un gas, il metano, intrappolato da milioni di anni nei terreni ghiacciati della regione artica, il cosiddetto Permafrost (foto a destra, sotto, tratta da Meteolive); questo gas naturale è 86 volte più climalterante per effetto serra rispetto all’anidride carbonica e non è difficile comprendere che, in questo caso, si tratta del cane che si morde la coda: più metano si libera, più aumenta l’effetto serra e di conseguenza si innalza la temperatura del Pianeta e … più metano si libera! Questo processo interessa anche il gas ghiacciato intrappolato nei fondali marini come nel mare di Laptev, in Siberia, dove si sta liberando metano circa 300 volte più rispetto ad alcuni anni fa! A questo aggiungiamo la stupidità, se non la criminale irresponsabilità umana ed il quadro è completo: il recente sabotaggio del gasdotto Nord Stream ha rilasciato in atmosfera la spaventosa quantità di 500
C’è ancora di peggio, se consideriamo anche l’assurda pratica del flaring, adottata nelle raffinerie (e consentita dai governi), di far bruciare “in torcia”, in atmosfera, il gas in eccesso estratto col petrolio, in quanto troppo costoso da stoccare; una pratica scellerata che soltanto in Italia, libera in atmosfera non soltanto un milione di tonnellate di anidride carbonica, ma anche metano, biossido di zolfo, altri composti dello zolfo e altri composti organici volatili, finanche idrocarburi aromatici come benzene, toluene, xilene e benzopirene note sostanze cancerogene! E nel nostro mare come siamo messi a metano? Nel corso di una delle ultime campagne di ricerca oceanografica abbiamo rinvenuto, tra Pantelleria e le costa sud-occidentali della Sicilia, delle colonne di degassamento subacquee che, alla base, avevano un diametro di circa 33 metri, tutto metano! Perché dunque non sfruttare questo gas, estraendolo? Si tratta di giacimenti isolati, frammentati. In queste stesse acque, in particolare in quelle comprese tra Malta e la Sicilia, si trova un’area definita di uragano-genesi, dove si formano i cosiddetti Medicanes, cioè gli uragani del Mediterraneo, che si manifestano con tutta la loro violenza, con le bombe d’acqua e trombe marine, veri tornado un tempo abbastanza rari, mentre in un solo mese invernale, in Sicilia, se ne sono contati ben 17! Iacopo Gabrieli, glaciologo del CNR, ha evidenziato un altro fattore sintomatico di un equilibrio che si è rotto: le alte temperature fanno sciogliere i ghiacci polari e, in tal modo, diminuisce il loro effetto riflettente sulle radiazioni solari, con relativo aumento del calore degli oceani: ecco un altro cane che si morde la coda!
Dunque, questo global warming è un fenomeno antropico, cioè determinato dell’uomo o si tratta di un processo naturale, ciclico, dunque fisiologico per il nostro pianeta, gonfiato ad arte dai media? La querelle è oggetto di infuocato dibattito tra ambientalisti e negazionisti, categorie in accesa contrapposizione i cui più noti rappresentati sono Greta Thunberg e Donald Trump, personaggi che hanno entrambi due peccati originali: la prima, esponente di un ambientalismo radicale ed intransigente, mentre Trump è lo scomposto paladino di una lobby di petrolieri ed industriali che osteggiano la transizione ecologica. In mezzo ci siamo noi, che giornalmente siamo disorientati dalle immagini del fiume Po in secca e dalle nevicate di Aprile! La considerazione finale reputo che sia condivisa dai lettori: che il riscaldamento della Terra sia connesso a quelli che vengono definiti cicli eustatici della Terra, cioè l’alternarsi delle glaciazioni allo scioglimento dei ghiacci, oppure che sia determinato delle attività umane è mero esercizio di speculazione sterile se non si concretizzano urgentemente politiche volte a bloccare la componente antropica: nel 2100 la CO2 arriverà a 936 parti per milione e 56 milioni di anni fa con queste concentrazioni di CO2 il Pianeta fu sconvolto da un rapido aumento delle temperature; in quell’epoca geologica nota come Massimo Termico del Paleocene ebbe luogo la più grande estinzione di massa dopo quella del Cretaceo e credete, evidenziare questo dato non è catastrofismo, ma semplicemente volgere lo sguardo al passato, anche se apparentemente molto remoto. Quando gli inglesi indugiavano ad entrare in guerra, con Hitler sempre più aggressivo, Wiston Churchill esclamò: “L’era della procrastinazione, delle mezze misure e del ritardo stanno arrivando al termine: stiamo entrando in un periodo di conseguenze”. Noi siamo già nel periodo delle conseguenze!
Foto tratta da Energynews