Chi ha un po’ di memoria ricorderà che tantissime imprese italiane, nel giro di 24 ore, da competitive nell’esportazione di prodotti si ritrovarono svantaggiate, perdendo quote di mercato importanti. E successo quando l’euro ha preso il posto della lira. Perché? Perché chi aveva trattato ed accettato il cambio-lira-euro non aveva fatto gli interessi dell’Italia, ma della Germania. L’euro è una moneta che è stata pensata per favorire le esportazioni della Germania. Come ha reagito l’economia italiana all’euro? Il dato positivo è l’Italia si è liberata in parte della Fiat. Contrariamente a quello che hanno cercato di far credere, l’industria automobilistica, in Italia, è sempre stata scadente. Se è sopravvissuta, questo è stato possibile grazie a un fiume di denaro pubblico… Forse se nella seconda metà degli anni ’80 i giapponesi avessero acquisito l’Alfa Romeo, il destino dell’industria automobilistica italiana sarebbe cambiato. Ma il Governo Craxi, alla fine, ha ceduto alla Fiat, comportandosi peggio di come si comportavano i democristiani e i comunisti. La Fiat, dicevamo, ha in parte lasciato l’Italia. Ma mantiene ancora un piede nel nostro Paese, continuando a drenare denaro allo Stato italiano: basti pensare alle polemiche sul prestito da 6,3 miliardi di euro… C’è, poi, il problema dei problemi: la gestione della moneta europea da parte dei tedeschi. In un sistema economico la moneta è tutt’altro che neutra. Senza il controllo della moneta il governo dell’economia diventa problematico. Se poi – come accade in questa assurda Unione europea – un solo Paese, cioè la Germania, controlla la moneta europea a proprio uso e consumo, tutto diventa difficile, se non impossibile…
Finiranno le ruberie della Ue ai danni dell’Italia? Assolutamente no! Gli italiani – se l’Italia resterà nella Ue – continueranno ad essere derubati fino a quando rimarranno titolari del proprio risparmio: conti correnti bancari e postali, fondi comuni d’investimento altre forme di risparmio. Attenzione: l’obiettivo della Ue non è solo quello di impossessarsi del risparmio degli italiani. Vogliono altro. Cosa? Intanto vogliono continuare a fare incetta di aziende e asset italiani. Vogliono gestire le coste italiane (per ora non ci sono riusciti ma ci stanno provando utilizzando le leggi italiane contro gli italiani), vogliono gestire i cieli italiani (tra qualche mese i tedeschi rileveranno l’ITA, la compagna aerea che ha preso il posto di Alitalia) e vogliono impossessarsi della gestione dei beni culturali. E, soprattutto, vogliono togliere l’agricoltura agli italiani. L’attacco all’agricoltura italiana non si sostanzia solo nei Regolamenti che penalizzano gli agricoltori. Il grimaldello con il quale la Ue a ‘trazione’ tedesca conta di distruggere l’agricoltura italiana è la Grande distribuzione organizzata. Cominciate a chiedervi il perché la Lidl – colosso tedesco della Grande distribuzione organizzata – si è piazzata in Italia e, soprattutto, in Sicilia. Il progetto dei tedeschi è di impossessarsi di parti strategiche dell’agricoltura italiana a partire dal Sud e dalla Sicilia. Proviamo a illustrare che cosa sta succedendo. Cominciamo con un esempio semplice: i consumi alimentari in tre Regioni del Sud Italia: Puglia, Calabria e Sicilia. Tutti sappiamo che queste tre Regioni possono contare su agricolture di prim’ordine. Eppure si verifica un paradosso: tanti, troppi agricoltori e allevatori pugliesi, calabresi e siciliani non sanno a chi vendere i propri prodotti, mentre i consumatori pugliesi, calabresi e siciliani, per una somma di fattori che esamineremo brevemente, finiscono con il portare in tavola prodotti freschi e trasformati che arrivano da altre Regioni italiane e da Paesi esteri. Nel piano per impossessarsi dell’agricoltura italiana – e quindi dei terreni agricoli, che sono la cosa che veramente interessa – la Grande distribuzione organizzata e la gestione della moneta europea giocano un ruolo centrale. Restiamo sempre in Puglia, Calabria e Sicilia. Più poveri saranno i cittadini pugliesi, calabresi e siciliani, meno denaro avranno a disposizione, più saranno portati ad acquistare i prodotti scadenti che la Grande distribuzione organizzata offre a prezzi bassi…
L’esempio dell’olio d’oliva extra vergine è emblematico. Una bottiglia di olio d’oliva extra vergine in Puglia, in Calabria e in Sicilia (che, per inciso, producono il 90% dell’olio d’oliva extra vergine italiano) non può costare meno di 8-12 euro (prezzo che varia a seconda delle zone e delle annate). Ebbene, se vi recate nei centri commerciali troverete olio d’oliva extra vergine a 6 euro a bottiglia, a 5 euro a bottiglia, a 4 euro a bottiglia, perfino a meno di 3 euro a bottiglia (le “offertissime”). Che cosa pensano di acquistare i consumatori? Come hanno spiegato al nostro amico Cosimo Gioia due signore che facevano incetta di olio extra vergine di oliva a 3 euro a bottiglia, “noi qui possiamo arrivare”: nel senso che non hanno i soldi per acquistare il vero olio d’oliva extra vergine…
Lo stesso discorso vale per il grano duro del Sud Italia. Per anni il prezzo di questo prodotto è rimasto inchiodato a 18 euro al quintale. Chi deve fare fallire i produttori di grano del Sud Italia pensava di essere a buon punto. Lo scorso anno, però, è avvenuta una cosa inaspettata: l’aumento del prezzo a livello mondiale dovuto a una riduzione dell’offerta. Non potete capire quale ‘dispiacere’ si sono presi i gruppi ‘europeisti’ che debbono rilevare i seminativi dagli agricoltori del Sud Italia. In sette-otto anni erano riusciti a costringere gli agricoltori del Sud Italia ad abbandonare circa 600 mila ettari di terreni a grano; e mentre erano in corso le trattative per rilevarli (in alcuni casi per realizzare impianti per la produzione di energia solare) il prezzo del grano è schizzato all’insù! Però chi deve scippare i terreni a grano agli agricoltori del Sud Italia non demorde. Pensate che, per cercare di affossarli, nei tre mesi di chiusura provocati dall’emergenza Coronavirus, tra il porto di Bari in Puglia e il porto di Pozzallo in Sicilia (con qualche toccata e fuga nel porto di Catania), sono arrivati con le navi oltre 2 milioni di quintali di grano duro estero! Oggi, dopo il rialzo dei prezzi, si assiste ad un crollo del prezzo del grano duro italiano del 40%. Così la speculazione ha ripreso quota. Obiettivo: togliere i terreni agricoli agli agricoltori di Sud e Sicilia, ora per piazzare impianti fotovoltaici, ora per venderli ai tedeschi…