Ovviamente, quanto sta succedendo in Sudan, Paesi africano di oltre 45 milioni di abitanti è legato alla guerra in Ucraina, ovvero allo scontro epocale tra area del dollaro statunitense e i suoi alleati da una parte e Cina e i suoi alleati dall’altra parte. Perché proprio il Sudan? Per una serie di motivi. In primo luogo perché questo Paese è tra i primi dieci al mondo per l’estrazione di oro (è il terzo produttore di oro dell’Africa dopo Ghana e Sudafrica). Questo metallo è sempre importante e di grande valore ma, in prospettiva, sarà ancora più importante, perché tanti Paesi del mondo vogliono abbandonare l’area del dollaro americano e si parla con sempre più insistenza di un ritorno alle monete legare all’oro. Il secondo motivo è che oggi l’Africa, come scriviamo spesso, è in buona parte legata alla Cina e alla Russia. In Sudan a fronteggiarsi dovrebbero essere i filorussi (e, di conseguenza, anche filocinesi) e i filo americani. La figura di spicco dei filorussi è il capo dei paramilitari Mohamed Hamdan Dagalo. Mentre il leader della giunta al potere Abdel Fattah al-Burhan dovrebbe essere schierato con gli occidentali. Non è da escludere che russi e cinesi si vogliano sbarazzare dell’attuale leader del Paese che ha preso il potere nel 2021 con un colpi di Stato. Questa mossa punta anche ad aprire un altro fronte di scontro con gli americani, che adesso dovranno occuparsi anche del Sudan, per non perdere la minima influenza che oggi esercitano in questo Paese. Il Sudan è anche un Paese è un arabo-africano baricentrico sotto il profilo geopolitico, visto che confina con l’Egitto a nord, col mar Rosso a nord-est, con l’Eritrea e l’Etiopia ad est, con il Sudan del Sud a sud, con la Repubblica Centrafricana a sud-ovest, con il Ciad a ovest e con la Libia a nord-ovest.
Nel frattempo procede l’azione di ‘dedollarizzazione’ pilotata sempre dalla Cina. Mentre gli occidentali sono impegnati a fornire armi all’Ucraina che, di fatto, sta perdendo in malo modo la guerra nonostante il grande aiuti di mercenari inglesi, francesi e chissà di quanti altri Paesi occidentali, aumenta il numero dei Paesi che vogliono lasciare l’area del dollaro statunitense. In questa azione Cina e Russia lavorano all’unisono. E’ di questi giorni la notizia che Dilma Rousseff, ex presidente del Brasile, ora presidente della Banca per lo sviluppo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), ha detto che i Paesi BRICS stanno rapidamente abbandonando l’uso del dollaro USA per non essere più dipendenti da una sola valuta. Il Brasile, insomma, rappresenta una grande sconfitta per gli Stati Uniti d’America che, facendo perdere le elezioni al presidente Bolsonaro, pensavano di cambiare qualcosa con la vittoria di Lula. Solo che l’attuale presidente socialista è andato in Cina per stringere accordi con questo Paese. Insomma, di fatto il Brasile rimane alleato della Cina. Non solo. In queste ore il Ministro degli Esteri russo, Lavrov, è in America Latina dove, da oggi fino al 21 Aprile, visiterà non solo il Brasile, ma anche Venezuela, Nicaragua e Cuba. L’obiettivo di Cina e Russia è ‘sfilare’ tutto il Sudamerica all’Occidente, liberandolo dall’influenza massonica e speculativa del Fondo Monetario Internazionale (FMI) che oggi nel mondo conta sempre di meno.
Foto tratta da Ambimed Group