Guerra Russia Ucraina

Dopo l’attacco a Borse e banche gli anti-dollaro americano (alleati di Cina e Russia) stanno facendo aumentare il prezzo del petrolio

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  • Ecco l’elenco dei Paesi che si accingono a tagliare la produzione di petrolio 
  • Per chi ancora non ha chiaro lo scenario, la mossa dei Paesi produttori di petrolio è una risposta alle politiche monetarie degli alti tassi di interesse di USA e Ue  

Ecco l’elenco dei Paesi che si accingono a tagliare la produzione di petrolio 

Interessante un articolo pubblicato su un canale Telegram dove si fa il punto della situazione sui tagli alla produzione di petrolio annunciati dall’OPEC+, Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio. Il taglio ammonta un milione e 657.000 barili al giorno, pari più o meno al 3.7% della domanda mondiale, dal primo Maggio sino alla fine dell’anno.
“I tagli sono così ripartiti:
🇸🇦 Arabia Saudita, 500.000 barili al giorno;
🇷🇺 Russia, 500.000 barili al giorno (estensione dei tagli già programmati fino ad aprile);
🇮🇶 Iraq, 211.000 barili al giorno;
🇦🇪 Emirati Arabi Uniti, 144.000 barili al giorno;
🇰🇼 Kuwait, 128.000 barili al giorno;
🇰🇿 Kazakistan, 78.000 barili al giorno;
🇩🇿 Algeria, 48.000 barili al giorno;
🇴🇲 Oman, 40.000 barili al giorno;
🇬🇦 Gabon, 8000 barili al giorno.
Si prevede che l’ovvio aumento di prezzo riporterà il costo del greggio a 100 dollari al barile, più o meno (anche se buona parte degli scambi non avverranno più in dollari)”.

Per chi ancora non ha chiaro lo scenario, la mossa dei Paesi produttori di petrolio è una risposta alle politiche monetarie degli alti tassi di interesse di USA e Ue  

Secondo voi in Occidente l’hanno capito che tutti questi Paesi si muovono all’unisono con Cina e Russia? Nell’articolo si fa notare che l’Italia ha siglato un accordo con l’Algeria che riguarda gas e in parte anche petrolio “praticamente dalla padella nella brace soprattutto se, come sembra, l’Algeria entrerà nel BRICS”. Superfluo aggiungere che il taglio della produzione di petrolio da parte dei Paesi dell’OPEP ha un preciso significato politico che rientra nella strategia dei paesi che non si riconoscono più nell’area del dollaro statunitense. Il primo attacco è stato portato alle Borse e alle banche; ora stanno facendo schizzare all’insù i prezzi del petrolio e, con molta probabilità, anche del gas. In questo scenario non è facile capire se Stati Uniti d’America e, a ruota, l’Unione europea con la Banca Centrale Europea continueranno ad alzare i tassi di interesse. Con questa mossa i Paesi avversari dell’area del dollaro americano – che sono anche in parte i Paesi alleati della Russia nella guerra in Ucraina e i Paesi indifferenti alla guerra in Ucraina – puntano a far capire ad americani ed europei che esiste di certo un’inflazione monetaria ma esiste anche un’inflazione frutto di carenza di beni: in questo caso, un’inflazione frutto di carenza di petrolio. Altrettanto superfluo aggiungere che con il petrolio a 100 dollari al barile si scatenerà un aumento dei carburanti che – ad esempio – farà passare al Governo italiano di Giorgia Meloni la voglia di inviare armi in Ucraina…

Foto tratta da Investire.biz

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