India e Malesia hanno annunciato l’intenzione di iniziare a commerciare utilizzando la rupia indiana invece del dollaro statunitense. La notizia la leggiamo in un post di un canale Telegram. Non è una notizia che ci stupisce, se è vero che proprio nel MATTINALE di oggi raccontiamo che la Cina e, in generale, i Paesi che hanno aderito al BRICS e i Paesi vicini allo stesso BRICS hanno cambiato strategia. Se fino a prima della guerra in Ucraina puntavano a creare una valuta alternativa al dollaro americano, adesso – alla luce dei problemi economici e finanziari creati dalla guerra in Ucraina – hanno deciso di iniziare a commercializzare i prodotti con le proprie monete, ignorando il dollaro. “La Banca dell’Unione Indiana – leggiamo nel post del canale Telegram – ha dichiarato di aver aperto il primo Conto Speciale in Rupia (SRVA) tramite una banca in Malaysia, l’India International Bank of Malaysia. Questa iniziativa della Reserve Bank of India è volta a facilitare la crescita del commercio globale e a supportare gli interessi della comunità commerciale globale in rupie indiane. Il commercio bilaterale tra l’India e la Malesia ha raggiunto i 19,4 miliardi di dollari durante l’anno 2021-22 e il passaggio alla rupia indiana è previsto per superare gli ostacoli valutari nelle transazioni commerciali”.
Dopo Brasile e Francia, anche India e Malesia abbandonano l’area del dollaro degli Stati Uniti d’America. Per la cronaca, il BRICS è un’associazione di Paesi che vede insieme il Brasile, la Russia, l’India, la Cina e il Sudafrica. A questi Paesi se ne stanno aggiungendo tanti altri, dall’Africa al Medio Oriente. Fino a prima dell’esplosione della guerra in Ucraina, i Paesi del BRICS, capeggiati dalla Cina di Xi Jinping, puntavano a creare una valuta comune alternativa al dollaro; la guerra in Ucraina – che gli americani hanno voluto proprio per fermare la nuova valuta del BRICS – ha interrotto questo processo. Ma la Cina ha cambiato strategia: in attesa di poter riprendere il progetto della valuta comune ai Paesi che rifiutano di restare nell’area del dollaro americano, i Paesi alleati della Cina o comunque che hanno deciso di seguire la Cina adotteranno una moneta diversa dal dollaro negli scambi internazionali.
La reazione americana non si dovrebbe fare attendere e dovrebbe essere una guerra sempre più aspra in Ucraina, coinvolgendo sempre di più gli altri Paesi dell’Occidente, Unione europea in testa. Anche la Cina non dovrebbe restare con le mani in mano: non è da escludere che entri direttamente in guerra a fianco della Russia, anche per rispondere alla NATO che sta cercando di serrare le fila. La guerra, ovviamente, arriverà per tutti, a cominciare dai mercati: non ci sarebbe da stupirsi se, già a partire da questo fine settimana, ricominceranno gli attacchi alle Borse e alle banche. Per seminare il caos in Europa – oggi schierata con gli Stati Uniti d’America, ad eccezione dei socialdemocratici tedeschi sempre più isolati – la Cina e i sui alleati potrebbero utilizzare anche la leva dei migranti, cominciando a ‘riempire’ di migranti i sei punti di approdo presenti in Italia: Lampedusa, Pantelleria, le coste siciliane (tra navi ONG e sbarchi ‘fantasma’), la Sardegna, le coste calabresi e le coste pugliesi. Fino ad oggi – probabilmente per via dei rapporti con i socialdemocratici tedeschi – Turchia e Bielorussa non hanno fatto passare i milioni di profughi che confluiscono ogni giorno in questi due Paesi dal Medio Oriente e dall’Africa. Si tratta di milioni di profughi. Ma non è detto, se la guerra prenderà una brutta piega – ipotesi a nostro avviso reale – che le frontiere di questi due Paesi con l’Europa orientale rimangano chiuse. Anzi.
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