- Con la sua consueta chiarezza il filosofo marxista Diego Fusaro spiega ancora una volta cosa si nasconde dietro l’emigrazione di massa e dietro l’accoglienza ‘buonista’
- Occorre aver ben chiaro che l’immigrazione di massa è una sciagura sia per chi è costretto a fuggire sia per i lavoratori locali che vedono costantemente calare diritti e salari
di Diego Fusaro
Con la sua consueta chiarezza il filosofo marxista Diego Fusaro spiega ancora una volta cosa si nasconde dietro l’emigrazione di massa e dietro l’accoglienza ‘buonista’
“Ci servono immigrati”. Così, a caratteri cubitali, sulla prima pagina di “la Repubblica” di ieri. Il rotocalco turbomondialista spiega che questa è la richiesta delle grandi imprese del capitale, che naturalmente non vedono l’ora di “accogliere” braccia a basso costo da mettere a lavorare per il nudo interesse del profitto. Ecco, dunque, la voce del padrone e dei suoi ideologi. Si può leggere come “ci servono braccia a basso costo”, da sfruttare nel lavoro e con le quali abbassare in generale i costi della forza lavoro. Magari fomentando ad arte conflitti orizzontali tra lavoratori. Il capolavoro del potere, come sempre. La destra finanziaria del denaro vuole braccia a basso costo e per questo necessita della immigrazione di massa, come emerge perfettamente dalle richieste della grande impresa a cui il rotocalco turbomondialista ieri dava voce. La sinistra del costume, per parte sua, anziché difendere gli interessi del lavoro, celebra la libera circolazione delle merci e delle persone mercificate, nel caso specifico l’immigrazione di massa come pratica fintamente emancipativa e concretamente coessenziale allo sfruttamento capitalistico.
Occorre aver ben chiaro che l’immigrazione di massa è una sciagura sia per chi è costretto a fuggire sia per i lavoratori locali che vedono costantemente calare diritti e salari
Ancora una volta, quel che la destra della finanza chiede, la sinistra del costume celebra. Una perfetta divisione del lavoro, verrebbe da dire. La legge del capitale resta sempre quella, già messa in luce da Marx: trovare sempre qualcuno disposto a fare il medesimo a un prezzo più basso. La delocalizzazione e l’immigrazione di massa sono allora le due leve fondamentali del globalcapitalismo. Che, per un verso, sposta la produzione ove convenga, cioè ove sia possibile pagare i salari più bassi e sfruttare al meglio i lavoratori. E, per un altro, propizia l’arrivo di braccia a basso costo dall’Africa, con le quali oltretutto fare concorrenza a ribasso sulla manodopera locale. Anziché contrastare queste pratiche che nascondono il traffico di vita umana volto alla valorizzazione del capitale, la sinistra fucsia di completamento della classe padronale celebra l’immigrazione di massa con categorie del tutto decontestualizzate come quelle di integrazione, inclusività, incontro multiculturale. Occorre aver ben chiaro che l’immigrazione di massa è una sciagura sia per chi è costretto a fuggire sia per i lavoratori locali che vedono costantemente calare diritti e salari. Il nemico ancora una volta non è chi è costretto a fuggire ma chi costringe i popoli a fuggire. Il nemico è la destra del danaro unita alla sinistra del costume, cioè le due ali dell’aquila neoliberale.
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