In Sicilia non c’è solo il problema di chi non trova lavoro ma anche il problema di coloro i quali rischiamo di perdere il lavoro. Emblematici i casi del raddoppio ferroviario di Cefalù per la tratta che va da Ogliastrillo a Castelbuono e la vertenza Almaviva. ci sarebbe anche l’eterna area industriale di Termini Imerese: ma lì, dal 2011, anno di chiusura dello stabilimento Fiat, va in scena una mezza recita politico-sindacale-sociale. Cominciamo con il raddoppio ferroviario di una tratto della linea che collega Palermo a Messina. Si tratta di un raddoppio ferroviario ‘mitologico’. Se ne cominciò a parlare quando Ministro dei Trasporti era il siciliano Bernardo Mattarella, padre dell’attuale presidente della Repubblica. Nei primi anni ’70 del secolo passato, quando chi scrive indossava ancora i calzoni corti, il raddoppio ferroviario Palermo-Messina era un’opera “prioritaria”. Era così prioritaria che alla fine degli anni ’70, quando l’autore di questo articolo cominciava a scrivere nei giornali non avevano fatto nulla. Anche negli anni ’80 si parlava del raddoppio ferroviario della Palermo-Messina. E anche negli anni ’90. I tutti questi anni si è fatto qualcosa? Sì, ma senza esagerare. Si sa come si procede quado c’è di mezzo la velocità: chi va piano va sano e va lontano. Per ora siamo alle prese con il citato tratto che va da Ogliastrillo a Castelbuono. Che succede? C’è in corso una diatriba tra Rete ferroviaria italiana (Rfi) e la Toto Costruzioni, il gruppo imprenditoriale che dovrebbe realizzare i lavori. I cantieri sono fermi da circa quattro mesi. I lavoratori sono creditori di due mensilità e, soprattutto, non lavorano. I sindacati sono in agitazione. La Regione siciliana – che in questa storia non centra nulla – ha convocato un ‘tavolo’ dove dovrebbe essere trovato un improbabile accordo. Considerato che tra qualche mese si voterà per le elezioni amministrative qualche soluzione si troverà…
Questa vicenda è emblematica dei grandi appalti in salsa siciliana. Questi lavori non servono per concludere le grandi opere pubbliche e metterle al servizio dei cittadini siciliani. Al contrario, la realizzazione di tali opere deve durare decenni. Il meccanismo è semplice: o si ‘bruciano’ fondi europei con la connivenza di un’Unione europea che fa finta di non sapere, o Roma toglie i soldi alla Regione, ai Comuni e alle Province della Sicilia per restituirne circa la metà per grandi appalti (l’altra metà vanno alle regioni del Nord Italia). Il ‘modello è stato sperimentato con ‘successo’ durante il Governo nazionale di Matteo Renzi e ormai è così collaudato che nessuno lo tocca. Non conosciamo nei dettagli la diatriba in corso tra Ogliastrillo e Castelbuono ma qualcosa ci dice che, appena si troveranno un po’ di soldi pubblici da immolare sul più ‘eterno’ dei raddoppi ferroviari, i lavori ‘riprenderanno’. Il paradigma di questo modo di operare è l’autostrada Palermo-Catania, dove i lavori per la manutenzione vanno avanti da decenni. Con una sorta di ‘accelerazione’: dove per accelerazione non si intende l’accelerazione dei lavori di manutenzione dell’autostrada (giammai!) ma l’accelerazione dei cantieri che, con il passare del tempo, invece di diminuire, aumentano! I lavori di manutenzione lungo l’autostrada Palermo-Catania sono diventati un esempio di antropologia appaltistico-stradale che suscita interesse in Svezia, in Danimarca e forse anche in Islanda. Quello che ha colpito gli studiosi è che, appena riparati 100 metri di autostrada, come per magico incanto se ne sfasciano 200! E infatti hanno rallentato, perché se accelerano per davvero i lavori finirebbero per chiudere anche l’autostrada percorribile. Ci hanno detto che gli svedesi sono rimasti colpiti – sempre sotto il profilo antropologico – dai presidenti della Regione che, appena si insediano, gridano: “Che vergogna i lavori dell’autostrada Palermo-Catania!”, e tutto resta come prima. Qualche anno fa, percorrendo per disgrazia in questa autostrada, dopo essere finiti sotto Enna invece che a Caltanissetta grazie a indicazioni che erano per i mezzi pesanti e non per le auto, abbiamo chiesto a un sindacalista: “Ma quannu avi a finiri ‘stu burdellu nell’autostrada Palermo-Catania?”. Risposta: “Ma che vuoi fare, l’operai travagghianu…“.
Poi c’è la vertenza di Almaviva. Ce ne sono 500 che hanno lavorato per Almaviva Contac durante la pandemia che per ora sono in Cassa integrazionne e poi gli altri lavoratori. I primi sono scesi in piazza oggi. A questa manifestazione ne seguirà una seconda. Tutti vanno a manifestare davanti alla presidenza della regione siciliana, che in questa storia, almeno sotto il profilo finanziario, non c’entra nulla. Su questa vicenda c’è un comunicato del Governo regionale siciliano: “La vertenza Almaviva e il rilancio dello stabilimento ex Fiat di Termini Imerese saranno al centro dell’incontro che il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, e l’assessore alle Attività produttive, Edy Tamajo, avranno domani (Martedì 7 Marzo) a Roma con il Ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, nella sede del Mimit”. Dice il presidente Schifani: “Nelle settimane scorse non sono mancati vertici e interlocuzioni rispetto alle due tematiche che hanno visto protagonisti la Regione, il ministro Urso e i sindacati. Sono convinto che, attraverso l’attenzione del governo nazionale, le due tematiche possano avere un esito positivo per il bene dei lavoratori e della Sicilia”. Anche in questo caso, le elezioni sono alle porte… L’assessore regionale Tamajo si occupam specificatamente di Termini Imerese: “Riguardo il territorio di Termini Imerese e la riapertura dello stabilimento ex Blutec qualsiasi iniziativa, tuttavia, per diventare concreta e tradursi in una manifestazione d’interesse, necessità dell’intervento dei commissari che attualmente gestiscono l’area tramite la pubblicazione di un apposito bando. Viste le potenzialità dello stabilimento e del territorio su cui ricade, in effetti, le soluzioni potrebbero essere molte e il rilancio sostanzialmente a portata di mano”. Pr Almaviva non abbiamo capito se troveranno una soluzione in vista delle elezioni amministrative. Quanto a Termini Imerese si va avanti con una Cassa integrazione che va avanti ininterrottamente dal 2011. Quello che possiamo dire è che se la Cassa integrazione modello Termini Imerese venisse estesa a tutti i disoccupati d’Italia non ci sarebbero più proteste sociali. Altro che Reddito di cittadinanza!
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