Ieri i mercati agricoli statunitensi sono stati oggetto di un round di liquidazione di fine mese da parte dei fondi di investimento. I prezzi del mais sono scesi al livello più basso in più di sei mesi, in calo del 2,06%, registrando perdite del 7,3% a Febbraio, il loro più grande calo mensile da Giugno. I semi di soia hanno segnato i maggiori cali martedì, scendendo del 2,23%, il più grande calo giornaliero dal 1° Dicembre. Per il mese, i semi di soia hanno perso il 3,8%, il primo calo mensile da settembre. Anche il resto del complesso della soia è stato in rosso, con la farina di soia che ha registrato perdite significative di circa il 3%, mentre i prezzi dell’olio di soia sono diminuiti dello 0,5%. I prezzi del grano hanno tentato un’inversione di tendenza, ma alla fine sono anch’essi diminuiti. Chicago SRW, infatti, ha chiuso la sessione con perdite dello 0,63% e ha registrato un calo mensile del 7,3%, il suo quinto calo mensile consecutivo. Kansas City HRW è andato a casa in rosso dello 0,52% per la sessione. Il grano primaverile di Minneapolis è stato più solido, ma ha comunque chiuso la giornata in ribasso dello 0,2%. I semi di soia sono stati i più vulnerabili alla svendita di ieri poiché il grano e il mais erano già diminuiti drasticamente dall’inizio del 2023, mentre il mercato della soia ha dovuto recuperare il ritardo”. Così scrive l’analista dei mercati internazionali, Sandro Puglisi. Non è un bel momento per i mercati agricoli. Se, ad esempio, il corridoio umanitario nel Mar Nero proseguirà, dando la possibilità all’Ucraina di esportare grano, mais e olio di girasole, aumenterà l’offerta e i prezzi non andranno su. Questo mese – precisamente il 18 Marzo – scade l’accordo sul corridoio umanitario. C’è chi è ottimista sul fatto che tale accordo possa essere rinnovato. Noi siamo un po’ meno ottimisti. Perché? Perché i militari russi continuano ad avanzare in Ucraina, di fatto sconfiggendo i militari occidentali. I droni kamikaze lanciato contro le città della Russia sono un brutto segnale: significano che Occidente e ucraini, che stanno perdendo sul campo di battaglia, cercano di colpire i centri abitati della Russia e questo non potrà che fare salire la tensione. Va da sé che se verranno lanciato altri droni contro la Russia il corridoio umanitario nel Mar Nero potrebbe essere chiuso dai russi.
In Europa si registra nuovo calo sia dei prezzi dei cereali che dei semi oleosi. Puglisi ci dice che ” i fondi sembrano abbandonare il settore delle materie prime agricole. Sono emersi alcuni timori sulla domanda globale, poiché l‘influenza aviaria potrebbe colpire il settore animale”. Il riferimento è al virus H5N1 che ha effettuato un ‘salto di specie’ è, in Spagna, ha colpito i visoni. Allo stato attuale il rischio per gli esseri umano dovrebbe rimanere basso, ma la sua presenza cresce negli allevamenti avicoli europei dove è diventato un problema. In Italia, ad esempio, è stata registrata una grande moria di gabbiani nel Lago di Garda. “Le incertezze climatiche – scrive sempre Puglisi – dovrebbero tuttavia limitare il potenziale di ribasso, poiché il deficit idrico nell’Europa occidentale è in aumento”. Insomma, la siccità che sta colpendo l’Europa occidentale dovrebbe ridurre l’offerta di grano e, di conseguenza, i prezzi non dovrebbero andare troppo giù. Però c’è il problema della Russia dove c’è una produzione record di grano: non a caso la Turchia, come leggiamo sempre nel report, avrebbe acquistato 790 mila tonnellate di grano “principalmente dalla Russia”.
Il grano russo in abbondanza deprime il prezzo del grano in Europa. “Il grano di riferimento di Maggio, il contratto più attivo su Euronext con sede a Parigi -scrive Puglisi – ha chiuso in ribasso dello 0,5% a 278,50 euro ($ 294,79) a tonnellata, vicino al minimo di un mese di venerdì di 278 euro. Il primo mese di marzo si è chiuso al minimo di quasi un anno di 277,75 euro, un prezzo che non si vedeva dal 3 marzo 2022. Nel frattempo, il grano da macinazione proteico polacco al 12,5% è sceso di circa 95 zloty la scorsa settimana a circa 1.280 zloty (271,5 euro) a tonnellata per la consegna di marzo ai porti”. Non c’è solo l’influenza aviaria a creare timori. “La Polonia – leggiamo sempre nel report di Puglisi – ha segnalato focolai di peste suina africana in cinque cinghiali nella parte settentrionale del paese, ha detto lunedì l’Organizzazione mondiale per la salute animale (WOAH) citando le autorità polacche. La mortale malattia del maiale si sta diffondendo nell’Europa orientale con focolai riscontrati nella Repubblica Ceca, Ungheria, Lettonia, Moldavia, Macedonia del Nord e Romania, ha affermato WOAH in un rapporto separato sulla malattia”.
In Canada la forte concorrenza di altre colture potrebbe portare a una riduzione della superficie coltivata a grano duro dovrebbe diminuire del 6%. Questo Paese rimane un grande esportatore di grano, se è vero “che per la campagna 2022/23 i volumi delle esportazioni sono aumentati del 70% rispetto allo scorso anno e la previsione delle esportazioni è stata aumentata a 19,3 MMT”, leggiamo sempre nel report.
Dal Sudamerica arrivano notizia contrastanti. L’Argentina è alle prese con una siccità senza precedenti. Mentre in Brasile l’annata agraria è andata bene, con produzioni record di mais. Ma si potrebbero profilare problemi anche per questo Paese a causa dei cambiamenti climatici. “Più della metà del secondo raccolto di mais negli stati brasiliani di Parana e Mato Grosso do Sul – scrive Puglisi – sarà piantato al di fuori della finestra climatica ideale, secondo le stime della società di consulenza agroalimentare AgRural. Ciò aumenta la possibilità che il raccolto venga colpito da gelate, come è avvenuto nel ciclo 2020/2021, quando entrambi gli stati hanno subito gravi perdite”.
Algeria e Egitto puntano ad aumentare le rispettive produzioni di grano. L’Algeria, scrive Puglisi citando il presidente Abdulmadjid Tebboune, vorrebbe “raddoppiare la produzione di grano per ridurre la dipendenza dalle importazioni, in parte aumentando la resa a 3 tonnellate per ettaro dalle attuali 2 tonnellate per ettaro”. L’Algeria ha prodotto 3,5 milioni di tonnellate di grano nel 2022. “Ma il Paese – leggiamo sempre nel report – paga circa 2,8 miliardi di dollari all’anno per portare circa 9 milioni di tonnellate di grano. Le interruzioni dei mercati globali del grano hanno dimostrato che i paesi non possono essere veramente indipendenti senza produrre il proprio grano, ha affermato Tebboune”. La Russia non fa mancare il grano all’Algeria, ma la guerra in corso in Ucraina preoccupa i Paesi del Nord Africa che oggi puntano a produrre più grano per timore che la guerra possa ostacolare le esportazioni. “L’Egitto – leggiamo sempre nel report – è riuscito ad aumentare la terra coltivata a grano a 3.650.000 feddan nel 2023, con un aumento annuo di 250.000 feddan, secondo il direttore dell’Istituto di ricerca sulle colture da campo e capo della campagna nazionale per la conservazione del grano, Reda Mohamed”. Per la cronaca, il feddan è un’unità di misura utilizzata in alcuni Paese dell’Africa che corrisponde a 0,42 ettari. “Quest’anno – dice ancora Reda – si prevede di raggiungere circa 4 milioni di feddan con una produttività totale di 12 milioni di tonnellate, che raggiunge il 55% del consumo a livello locale”. E’ un fatto oggettivo che, in questo momento, i prezzi bassi del grano aiutino Algeria ed Egitto.
Foto tratta da LaTerradiPuglia
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